La Voce di Trieste

Trieste: i poteri del geometra Paniccia, il Comune e il mezzo miliardo di debito AcegasAps

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Osservatorio – poteri legittimi ed anomali

Democrazia e dignità istituzionale esigono che i capi delle Amministrazioni della Repubblica eletti in rappresentanza della sovranità popolare non siano, né si mostrino, sottomessi ai loro dipendenti, inclusi i funzionari o delegati d’alto rango che essi nominano a svolgere ruoli per conto dell’Amministrazione.

Dove invece il funzionario o delegato si mostri dominante, e magari anche sprezzante, verso il titolare della rappresentanza istituzionale elettiva dal quale dipende, si rende evidente  un’inversione dei ruoli, illecita per sua stessa natura poiché vìola la gerarchia democratica costituzionale dei poteri pubblici.

Spetterà poi alle autorità inquirenti stabilire se l’inversione illecita è soltanto un problema di dominanza e rispettivamente soggezione meramente psicologica (può accadere), o se il funzionario o delegato abbia accumulato di fatto un potere politico od economico maggiore di quello istituzionale (quale e come?), o se possieda mezzi di prevalenza diversi (ruoli o legami non palesi, informazioni, altro). Ma noi giornalisti, ed anzitutto cittadini, abbiamo sicuramente il dovere professionale e civile di non tacere quando ne abbiamo notizie e prove.

A Trieste tempo addietro i sindacalisti raccontavano come aneddoto che in una riunione sul malgoverno dell’azienda comunale privatizzata di servizi AcegasAps l’allora sindaco Dipiazza aveva telefonato davanti a loro in viva voce per chiarimenti al presidente della società (designato da lui), senza però avvisarlo che li ascoltavano altri.  E quello pensando di parlargli in privato l’aveva – usiamo degli eufemismi – mandato volgarmente a quel paese dicendogli di non rompere le scatole. Mentre il sindaco aveva incassato l’offesa, pur con ovvio imbarazzo.

Ma questo non è, con buona pace dei sindacati, un semplice aneddoto, e tantomeno divertente. È invece un fatto politico-amministrativo di gravità straordinaria, perché il delegato offendendo il sindaco (per discutibile che fosse la gestione Dipiazza), ed il sindaco stesso non esigendone il rispetto della propria carica, oltre ad offendere i cittadini e l’istituzione hanno manifestato un’inammissibile inversione di dominanza dei loro ruoli, ed in materia d’interesse pubblico primario.

Quel delegato che mostrava un prepotere così anomalo e disinvolto era il geometra romano-udinese Massimo Paniccia, che con le amministrazioni locali di destra al Comune ed alla Regione ha ottenuto a Trieste un cumulo straordinario di cariche in posizioni chiave, ed anche non compatibili tra loro: presidente dell’AcegasAps, presidente di Banca Mediocredito regionale,  presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, ed altro ancora. Che ne hanno fatto secondo il quotidiano locale l’uomo più potente della città (leggi qui) benché non ne sia né un rappresentante eletto, né un imprenditore o manager di successo (opera ad Udine), né un investitore di grandi capitali propri.

E non sembra nemmeno un amministratore di straordinaria efficienza, se all’AcegasAps ha accumulato con una gestione privatistica quantomeno anomala ed azzardata un debito sproporzionato ed irrecuperabile che si avvìa raggiungere il mezzo miliardo di euro, mille miliardi delle vecchie lire (vedi nell’illustrazione sopra anche l’andamento delle azioni dal novembre 2010 ad agosto 2011). Mostrando tuttavìa di avere, oltre a trattamenti di particolare ossequio e copertura  sulla stampa locale (fuorché noi: leggi qui), sicurezze di sé straordinarie di fronte al proprietario dell’azienda, che è il Comune, cioè la collettività cittadina, noi tutti.

Tanto che, chiamato il 18 ottobre a render conto dell’enorme dissesto AcegasAps alla Terza Commissione del Comune, presenti il sindaco Cosolini e l’assessore incaricato Omero, dopo aver fatto pesare che per presentarsi aveva rinunciato (bontà sua) ad altri impegni, ha esibito un gioco di cifre secondo cui la gestione sarebbe anzi positiva e adesso si provvederà anche a ridurre il debito, ma con la vendita di parti dell’azienda e con ritorni opinabili da investimenti esteri indebiti ed aleatori in paesi come la Bulgaria.

Ed ha fatto in sostanza capire anche stavolta agli amministratori pubblici elettivi dai quali dovrebbe dipendere che se ne devono stare comunque buoni, non rompere le scatole e lasciar fare, perché un crack dell’azienda travolgerebbe economicamente anche il Comune proprietario di maggioranza. E forse ? aggiungiamo noi ? anche personalmente gli amministratori e consiglieri del Comune proprietario che dovendo esercitare vigilanza hanno invece favorito sinora il dissesto assumendosene corresponsabilità civili, penali ed erariali.

Ma i nuovi amministratori e consiglieri del Comune, di maggioranza ed opposizione, devono riflettere bene proprio su quest’ultimo punto, oltre a dover imporre un volta per tutte anche nei rapporti con l’AcegasAps il rispetto della democrazia e della dignità istituzionale, e propria. Perché se accettano passivamente il dissesto abnorme dell’azienda, non ne accertano le cause e la lasciano gestire ancora a coloro che l’hanno causato se ne assumeranno anch’essi corresponsabilità civili,  penali ed erariali.

Inoltre i nodi gordiani di questo genere non si possono sciogliere: bisogna avere il coraggio e la lucidità di tagliarli. E quest’azienda di proprietà pubblica va salvata non solo a numeri di bilancio, ma nell’integrità maggiore possibile di beni, servizi e posti di lavoro. Il che è possibile soltanto con tre azioni nette e decise che ripristinino buona amministrazione interna e fiducia esterna. La prima cosa da fare è sostituire  l’intera dirigenza responsabile della mala gestione, a cominciare dal Paniccia, con altra di affidabilità e rigore professionali indiscutibili sia per la proprietà pubblica che per i creditori.

La seconda è avviare contemporaneamente sia un piano di risanamento professionale  ragionevole, salvaguardando i posti di lavoro, sia un’indagine accurata su tutte le singole voci di gestione che possono avere determinato il dissesto, ognuna considerata in sé ed in relazione ai limiti che la legge pone ai generi di attività ammesse per questo genere di aziende.

Si tratta cioè di verificare in particolare compensi e spese degli amministratori, appalti, subappalti, consulenze, perizie, servizi, forniture, pubblicità, investimenti all’estero, finanziamenti ed investimenti estranei ai fini aziendali ed usi esterni di personale e mezzi. E la terza cosa da fare è agire in giudizio verso gli amministratori responsabili per tutte le irregolarità od illiceità dannose che venissero riscontrate, esigendo il risarcimento dei danni.

La privatizzazione formale dell’Acegas, poi AcegasAps, è stata una scelta non economica, ma ideologica di moda, della sopravvalutata amministrazione comunale di Riccardo Illy, d’asserito centrosinistra, e venne accettata con dai sindacati dopo molte resistenze, in cambio dell’impegno scritto (ne abbiamo copia), ma a quanto ci risulta poi non rispettato, di reinvestire gli utili nell’assistenza sociale.

E si è scelta, fra altre possibili, una formula di legge che in sostanza sottrae imprudentemente l’azienda ai controlli di gestione propri dell’amministrazione pubblica, consentendole di assumere, appaltare e commissionare con le libertà dei privati, mantenendo però la proprietà di maggioranza al Comune. Sicché la nomina degli amministratori ‘privati’ rimane di scelta, ed in sostanza clientela, politica. In un ibrido che consegnando così alla politica la gestione privatistica di denaro e servizi pubblici ha dato esiti immaginabili in tutt’Italia.

Qui col risultato che con le disinvolte amministrazioni del suo successore di Illy, Dipiazza, delle nuove libertà di manovra privatistica con l’Acegas ha approfittato il centrodestra, per colonizzarla e deviarne i ruoli ad ampio sperpero, reso ormai evidentissimo dal debito rovinoso accumulato con un’azienda che è di proprietà dei cittadini, e prima della privatizzazione era attiva e di efficienza esemplare.

Questa è la situazione che si trovano ad avere ereditato incolpevolmente da qualche mese l’amministrazione di centrosinistra del nuovo sindaco Roberto Cosolini ed il nuovo Consiglio comunale. Che devono ormai affrontarla assieme ad altre analoghe ma meno gravi (leggi qui).

A capo dell’amministrazione Cosolini sta esordendo bene su molte cose, anche se su altre, come lo scandalo della tentata urbanizzazione speculativa del Porto Franco Nord (“portovecchio”), dà l’impressione ? sia detto senza offesa ? di essere ancora abbastanza ingessato nei ruoli politici e professionali subordinati che aveva svolto sinora in rappresentanze di partito o di settori economici.

Sarà bene dunque che, a differenza dal Dipiazza, Cosolini ricordi anche di fronte al Paniccia, ed a quant’altri potentati locali, che invece adesso come sindaco è il rappresentate di tutta la città di Trieste, e come tale non può né deve mostrare soggezione a nessuno. E che i consensi dei cittadini si ottengono direttamente con i fatti ed il coraggio personale, non secondo le linee più o meno ambigue della proprietà del quotidiano locale.

Paolo G. Parovel

 

© 21 Ottobre 2011

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