“Una vita in migrazione”, occasione per capire e cambiare
di AGambaro
L’incontro nell’ambito della “Settimana della cultura albanese”
Parlare di immigrazione di questi tempi non è cosa semplice. Troppo alto il rischio di concedersi a un approccio superficiale, fatto di stereotipi e pregiudizi, anche grazie al contributo di alcune voci politiche che condizionano il dibattito pubblico. Eppure è quanto mai necessario, nell’era della globalizzazione. Trieste, città di confine e crocevia mitteleuropeo di popoli e culture, non può certo sottrarsi a questa urgenza. Ci hanno provato i ragazzi dell’ASAT (www.asatrieste.it) (Associazione degli Studenti Albanesi a Trieste) in collaborazione con IPSIA (www.ipsia.acli.it) (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli), organizzando un incontro all’Università (www.univ.trieste.it), nell’ambito della Settimana della cultura albanese.
Un buon punto di partenza può essere cambiare prospettiva ed eliminare le prime due lettere dalla parola “immigrazione”, troppo carica di connotazioni negative e significati già scritti. Una vita in migrazione, quindi, il titolo della conferenza. E già si ha la sensazione che il fenomeno sia un po’ più complesso di quanto comunemente si è portati a pensare. Gli interventi di professori, esperti e persone impegnate sul campo hanno tentato di fornire una panoramica delle molte sfaccettature dell’esperienza migratoria. Oggi nel mondo ci sono 240 milioni di persone che vivono questa esperienza, ma il fenomeno migratorio ha sempre accompagnato la vita dell’uomo sulla terra, in misura minore o maggiore nei vari periodi storici. Come ha spiegato Valon Halimi – esponente dell’OIM (www.iom.int) (Organizzazione Internazionale per la Migrazione) – i primi paesi ad affrontare il fenomeno sono stati USA, Australia e Argentina sul finire del XIX secolo, i quali favorirono con alcune leggi l’accoglienza di persone straniere. Oggi la situazione internazionale è radicalmente cambiata – anche da un punto di vista demografico – ma pensare di fermare la tendenza dell’uomo a spostarsi non è certamente il giusto approccio.
Mauro Platè, che con IPSIA è impegnato in progetti di cooperazione allo sviluppo in Albania, ha sottolineato che l’analisi di questa esperienza non può limitarsi a determinati aspetti – quello economico, ad esempio – ma deve assumere uno sguardo di insieme, che abbracci tutti i fattori in gioco, come quello culturale o ambientale. Da qui l’importanza dell’integrazione, fase che nel percorso del migrante segue la partenza e in alcuni casi precede il ritorno. Di quest’ultimo punto ha parlato la sociologa Cristiana Paladini. Un tema, quello del ritorno, che richiama da vicino la nozione di libertà, in questo caso libertà di spostamento. Spesso chi ritorna nel proprio paese d’origine non lo fa per libera scelta, ma costretto dalla scadenza di visti o permessi. Con il risultato che alcune categorie di persone – élite politiche, economiche o intellettuali – hanno più possibilità di muoversi rispetto ad altre. In altri casi si osserva la situazione opposta, quella del migrante che vorrebbe tornare e realizzare il proprio progetto di vita in patria, ma è impossibilitato a farlo non riuscendo ad accumulare le risorse necessarie nel paese ospitante (una circostanza sempre più frequente a causa degli effetti della crisi economica). Non sempre, inoltre, il tentativo di portare idee innovative, apprese in un paese più sviluppato, incontra il giusto entusiasmo, a causa del diverso terreno culturale in cui vengono proposte.
Erano presenti alla conferenza anche autorità diplomatiche della Repubblica del Kosovo e dell’Albania, dimostrando di voler cogliere ogni opportunità per stabilire contatti con il nostro paese e far conoscere la propria storia e cultura. E proprio attraverso la conoscenza reciproca sarà possibile eliminare pregiudizio e diffidenza che ancora regnano nella nostra prospettiva. Lo dimostrano le cronache dei quotidiani – come ha fatto notare il moderatore Giampaolo Sarti – che si limitano a parlare di alcuni paesi solo evidenziandone gli aspetti negativi, quelli che più di altri fanno notizia. Iniziative come questa aiutano a far sì che le cose possano cambiare.
© 17 Ottobre 2011