La Voce di Trieste

Costruiamo assieme un movimento trasversale qualificato ed apartitico per il Porto di Trieste

di

Da un paio di settimane gli agenti marittimi triestini superstiti hanno ritrovato il coraggio della disperazione per denunciare sulla stampa quotidiana locale l’agonìa del Porto di Trieste, sempre più emarginato dalla concorrenza del sistema portuale della penisola italiana, che ci strozza i collegamenti ferroviari impedendoci il reinserimento operoso nel nostro spazio economico mitteleuropeo.

Ma dopo alcuni seri interventi a conferma di operatori portuali si è aperto il solito teatrino inutile delle dichiarazioni di circostanza da parte di politici e rappresentanti istituzionali. Gli stessi che con le loro inerzie, ignoranze, inettitudini, confusioni e collusioni si sono resi sinora quasi tutti corresponsabili attivi o passivi, assieme allo stesso quotidiano locale, di quella stessa agonìa del porto, e con esso della città intera.

Tant’è vero che si adoperano contemporaneamente, potentati politici e giornale, in spudorate campagne di propaganda stampa per far passare come cosa normale e legittima la rapina del secolo ai danni del porto e di tutta Trieste. Cioè la consegna illecita del nostro Porto Franco Nord (portovecchio) alla speculazione edilizia ed immobiliare dopo averlo svuotato e paralizzato gradualmente apposta per anni (leggi qui le nostre analisi e denunce).

Ed è per questi motivi che gli appelli degli spedizionieri, degli operatori portuali, dei sindacati e dei cittadini alla politica ed alle istituzioni per salvare il porto sono di per sé soli insufficienti. Qui non siamo di fronte ad un’agonìa fatale, e tantomeno casuale, ma ad un’azione deliberata e continuata di soffocamento dei ruoli portuali di Trieste tra la Mitteleuropa ed il Mediterraneo, sia ordinari che di porto franco.

Un’operazione mossa evidentemente dagli interessi contrari dei porti della penisola italiana che contano a Roma, attuata pilotando in questo senso la politica e le istituzioni locali, e tanto più incrementata quanto più la riapertura comunitaria del retroterra mitteleuropeo consentirebbe di riallacciarvi il Porto di Trieste attraverso i suoi tramiti naturali di Slovenia ed Austria.

Non ha senso dunque invocare gli esecutori di questa politica ? e tantomeno la funzionaria generica ci hanno imposto alla guida dell’Autorità Portuale, Marina Monassi ? sperando che possano offrire qualcosa di diverso dalla solita combinazione disastrosa di silenzi, promesse generiche ed altre spoliazioni. Occorre invece costringerli ad agire o dimettersi con una pressione cittadina forte, decisa e solidale.

E questo si può fare soltanto organizzando un blocco trasversale nuovo e compatto degli interessi concreti alla rinascita del Porto di Trieste. Che sono quelli condivisi dagli imprenditori quanto dai lavoratori del porto e da un arco  d’opinione pubblica cittadina che va dagli industriali seri ai disoccupati, oltre che da non pochi possibili investitori esteri, dagli Stati Uniti all’India, alla Cina ed al Brasile.

Ma è un blocco che va organizzato seriamente ed in forma autonoma, cioè contando sulle proprie forze senza delegare più l’azione a partiti, sindacati od altre organizzazioni generaliste di parte: quelle bendisposte possono sempre aderire, e le altre sono inutili o peggio. Mentre è opportuno mobilitare anche la nostra gente emigrata sparsa in mezzo mondo, e spesso in posizioni  di non poca influenza.

Insomma, anche a Trieste è arrivata con la crisi l’ora del coraggio civile, e di dimostrarlo tutti assieme apertamente, se vogliamo creare lavoro vero per tutti a rimedio della disperazione attuale, e costruire un futuro decente per noi ed i nostri figli. Questo è l’obiettivo serio e possibile, altro che acquari, residenze di lusso, passeggiate, colibrì in porto franco e le altre frivolezze diversive che ci propina una classe dirigente locale per troppa parte indegna e truffaldina.

Le condizioni della marginalità di Trieste nelle politiche della guerra fredda, in forza delle quali ci siamo lasciati derubare di ruoli e lavoro per più di mezzo secolo, non esistono più da anni, la Mitteleuropa per la quale siamo invece porto centrale è riaperta, ed il mare è sempre lì, spalancato davanti alle risorse potenziali straordinarie dei nostri moli semideserti e magazzini vuoti, dei grandi spazi operativi liberi, dei fondali da 15 metri e di un regime di porto franco internazionale unico ma inutilizzato.

Lasciarsi derubare nel 2011 anche di questi rinnovati ruoli europei è demenziale quanto irresponsabile. Ed è ora di finirla sia di lamentare le perdite e colpe del passato senza valorizzare il presente, sia di coltivare su questi problemi fondamentali divisioni politiche e sociali fuori luogo. I fabbri del nostro destino siamo noi: costruiamo dunque rapidamente assieme un movimento trasversale qualificato, apartitico e numeroso per il porto di Trieste.

Il nostro giornale indipendente già all’attenzione di 13mila lettori è a disposizione in rete, speriamo poter pubblicare tra breve, malgrado le difficoltà, anche un’edizione su carta, ed abbiamo maturato delle idee operative nuove: chi vuole partecipare si faccia avanti, direttamente o scrivendo alla nostra mail redazione@lavoceditrieste.info. Siete tutti benvenuti, e può essere finalmente la volta buona per questa nostra città.

 

Paolo G. Parovel

© 7 Ottobre 2011

Galleria fotografica

La locandina

Sfoglia online l’edizione cartacea

Accedi | Designed by Picchio Productions
Copyright © 2012 La Voce di Trieste. Tutti i diritti riservati
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Trieste - n.1232, 18.1.2011
Pubblicato dall'Associazione Culturale ALI "Associazione Libera Informazione" TRIESTE C.F. 90130590327 - P.I. 01198220327
Direttore Responsabile: Paolo G. Parovel
34121 Trieste, Piazza della Borsa 7 c/o Trieste Libera
La riproduzione di ogni articolo è consentita solo riportando la dicitura "Tratto da La Voce di Trieste"