Come la politica italiana usa la crisi per indebolire polizia e magistratura a favore di sé stessa e delle mafie
di PGParovel
Osservatorio – sicurezza e legalità
A Trieste questo venerdì 30 settembre i sindacati di categoria Siulp e Sap manifesteranno davanti alla Questura contro i pesanti tagli economici con cui il governo dell’impresentabile Berlusconi sta paralizzando le forze di polizia in tutt’Italia. Vengono fatti mancare persino i soldi per la benzina e per le manutenzioni delle autovetture.
Gli analisti che si occupano di sicurezza e lotta anticrimine in ambito internazionale osservano ormai da anni che i governi delle maggioranze politiche italiane sinora più notoriamente coinvolte in malaffari e complicità con la criminalità organizzata tendono ad indebolire le forze di Stato capaci di contrastarli a livello nazionale ed appunto internazionale, ed a disperderne le competenze affidandole a polizie locali comandate dalle amministrazioni politiche di comuni, province e regioni. Che sono le più esposte a venire infiltrate e controllate da mafie ed altre corruzioni.
Sono anche gli stessi poteri politici italiani che mostrano contemporaneamente di tollerare, e persino coltivare, all’interno delle forze di polizia personaggi e gruppi di estrema destra ostili all’ordinamento democratico costituzionale. Come quelli che nel 2001 sono emersi in occasione delle manifestazioni contro il G8 di Genova imprimendo una devianza ideologica netta, violenta ed inammissibile alle attività di contrasto di disordini e provocazioni tuttora non chiarite.
Queste manovre, osservano i medesimi analisti, vengono accompagnate da azioni convergenti di indebolimento della magistratura inquirente: privazione dei finanziamenti necessari, abbassamento dei livelli la preparazione dei magistrati, attacchi e delegittimazioni contro i pubblici ministeri, le procure ed i giudici più efficienti nella lotta alla corruzione politico-mafiosa, pressioni trasversali per condizionare indagini e sentenze, e progetti legislativi per ridurre o annullare l’indipendenza della magistratura e della polizia giudiziaria sottomettendole al potere politico. E con ciò ai suoi livelli di corruttela.
Il quadro obiettivo è perciò abbastanza chiaro, e fa dell’Italia il focolaio di criminalità organizzate più attivo, incontrollabile e pericoloso d’Europa a livello internazionale, oltre che interno. Con articolazioni e metastasi occulte molto più complesse, e perciò ancor più difficili da contrastare, di quelle degli Stati di mafia riconosciuti tali. Anche perché le denunce di questo schema pur così evidente trovano significativamente nel Paese pochissimo spazio sui media, e persino negli interventi pubblici dell’opposizione politica.
Rispetto alla gran parte del territorio italiano, dal Nord al Sud, la piccola provincia marginale di Trieste, fisicamente incapsulata nel territorio della confinante Slovenia, ha percentuali molto basse di criminalità ordinaria. Ma vi è sempre stato forte l’influsso di criminalità sommerse grandi e piccole cresciute sotto protezione delle politiche di confine della guerra fredda, e di loro residuati mai rimossi. Anche qui è dunque indispensabile avere quote di forze dell’ordine dello Stato e di magistratura adeguatamente preparate, attrezzate e liberate da influenze anomale.
Oltre ai cittadini farebbero perciò bene ad esigerlo energicamente anche le amministrazioni locali non inquinate. Appoggiando le richieste dei rappresentanti qualificati delle forze dell’ordine e dell’apparato giudiziario dello Stato, e desistendo, per il bene pubblico, dai tentativi di trasformare le proprie polizie amministrative in microcorpi casalinghi di polizia generale e giudiziaria sotto controllo politico.
Paolo G. Parovel
© 29 Settembre 2011