La Voce di Trieste

“Gusti di frontiera”, non tutto è da buttare

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Il progressivo incremento dei prezzi negli ultimi anni

Da giovedì 22 a domenica 25 settembre, a Gorizia, ha avuto luogo Gusti di frontiera 2011, manifestazione eno-cultural-gastronomica che vede ogni anno radunarsi migliaia di persone. E, francamente, non se ne capisce il motivo. La kermesse (?) è stata letteralmente invasa, segnando, a colpo d’occhio, un notevole incremento di popolarità rispetto alla scorsa edizione. Buona la scelta di risistemare i vari stand all’interno di un percorso più aperto e allargato, di modo da garantire una maggior omogeneità nella distribuzione del pubblico. Per il resto nulla esalta, poco è da salvare.

Pare non sia possibile, per esempio, godersi una passeggiata senza ritrovarsi afflitti da musiche esecrabilmente truzze intente a soverchiare le danze popolari; ma si sa: mala tempora currunt. Uno dei cartelli all’ingresso recita: “VINO ROSSO AL CALICE: 3 €”, in barba alla più basilare accezione di “popolare”. Spacciare, a peso d’oro, lo standard per particolare: questo il leitmotiv dell’organizzazione. Porzioni di frico a 5 euro, birre bavaresi a 10 euro al litro, biscotti francesi che tutto sono fuorché prodotto casalingo: sono solo alcuni esempi di una presa in giro colossale che, pare, alla gente aggradi. Contento il popolo, contenti tutti.

C’è, lo si è già detto, qualcosa da salvare: degno di visita è il settore balcanico, dai chioschi serbi a quelli albanesi, dove potrete trovare qualcosa di buono e insolito a un prezzo onesto; stuzzicano vista e palato i cocoretti del baracchino belga; chiama a sé con veemenza il laboratorio magiaro dei Kürt?skalács, il dolce la cui eccezionalità è chiara dimostrazione dell’esistenza di Dio: da provare assolutamente (caldo: siate indefettibili). L’apoteosi, vivamente consigliata, si raggiunge con le noci e la cannella. Se le code chilometriche non vi spaventano, e non è vostra intenzione fare a breve un viaggetto in Ungheria per gustarne in loco la succulenza autentica, andate e provate, consapevoli che il prezzo sarà alto e la qualità non insuperabile.

Al di là di ogni altra considerazione sull’esposizione più o meno artigianale, appare incomprensibile il progressivo incremento dei prezzi negli ultimi anni, vista la mole degli avventori che sarebbe certamente più stimolata a provare tutto ciò che la manifestazione può offrire. A condizione, ovviamente, che un piatto unico carnico da consumare in piedi, con posate e piatti di plastica, non generi esborsi da Slowfood. Così disposta, una pur bella iniziativa non può che annegare nel vasto mare del meno-peggio di cui tutti potremmo fare amabilmente a meno.

© 26 Settembre 2011

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