L’origine vera del debito pubblico italiano e le misure veramente necessarie
Un’analisi proposta da Franco Pinerolo
Il Governo Berlusconi sta imponendo l’ennesima pesante manovra finanziaria per farci pagare il prezzo della crisi economica, sulla quale Confindustria lancia in queste ore un’offensiva ma proponendo un programma di liberismo selvaggio in cinque punti, È utile quindi tentare di far chiarezza su ciò che sta accadendo, e assegnare le responsabilità di questo stato di cose a chi le ha veramente.
1. Le cause prime del debito pubblico italiano sono stati lo shock petrolifero del 1970, la riforma fiscale del 1974 e il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, decisi dai governi DC e PSI di allora
Il debito pubblico italiano ha avuto il primo scossone con lo shock petrolifero degli anni ’70, ed è stato poi aggravato dalla Democrazia Cristiana e dal PSI di Craxi, che invece dell’imposta commisurata alla somma di tutte le entrate del contribuente prevista dalla maggior parte dei paesi avanzati hanno introdotto l’IRPEF senza accompagnarla da un’adeguata riforma della Tributaria e quindi da adeguati controlli, consentendo così un’enorme evasione ed elusione fiscale.
Per cui nel 1980 se da un lato il 24% dei redditi imponibili da lavoro dipendente veniva evaso o eluso, per i redditi di impresa e da capitale questa cifra passava addirittura al 60%. E oggi ne paghiamo le conseguenze. Dunque se lo Stato o le amministrazioni locali aumentano la pressione fiscale o riducono la spesa pubblica per far fronte ai minori introiti fiscali causati dell’evasione, diminuirà la domanda aggregata, inducendo una riduzione delle entrate fiscali che andrà invece a peggiorare la riduzione del deficit pubblico.
Ma la vera esplosione del debito si è avuta nel 1981 (nel 1980 il debito era al 60% del PIL, nel 1992 al 107,7) quando quegli stessi governi DC e PSI decisero il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro. Fino ad allora la Banca d’Italia acquistava i titoli di Stato invenduti, emettendo moneta a copertura dei costi. Dopo il “divorzio”, la sorte dei titoli fu lasciata al mercato. E questa decisione se da un lato diminuì in parte l’inflazione perché veniva emessa meno moneta, dall’altro fece lievitare i tassi d’interesse, e di conseguenza il debito pubblico. Risulta che tra i maggiori beneficiari degli alti tassi dei titoli di Stato, vi furono Fiat e Olivetti (e Confindustria dovrebbe ricordaresene).
2. La gran parte del debito pubblico è stata prodotta dai protagonisti delle Borse
Le società di intermediazione mobiliare, le istituzioni finanziarie e monetarie, i fondi pensione e i fondi d’investimento, le banche, le assicurazioni sono gli stessi che nel corso degli anni hanno prodotto la gran parte del debito pubblico italiano. Vendendo milioni di azioni hanno realizzato speculazioni che hanno provocato abbassamenti del valore della nostra Borsa, con perdita di fiducia delle istituzioni finanziarie verso la nostra struttura finanziaria ed aumento della percentuale di rischio di solvibilità del nostro Paese.
La quale ha fatto salire il tasso d’interesse che serviva a comprare i nostri titoli del tesoro (cioè lo Stato italiano per acquistare BOT e BTP ha dovuto offrire più soldi), e quindi aumentare l’indebitamento pubblico. Si stabilisce il circolo vizioso per cui più uno stato è a rischio fallimento e più genera profitti per gli investitori. Com’ è avvenuto, perché oggi la quota del debito pubblico italiano detenuta da investitori internazionali è del 52,4%, a fronte del 5,59% del 1991 (dati Bankitalia), e questi investitori internazionali hanno, al contrario di quelli nazionali, tutto l’interesse alle manovre speculative nei confronti di qualsiasi stato.
2. La scarsa credibilità personale del capo del governo, Berlusconi, è concausa della crisi
Nel 1993 il debito pubblico italiano era di 1.528.561 miliardi di lire. Nel 1994 va al governo Berlusconi, che in un solo anno lo porta a 1.781.074 miliardi di lire: primo governo Berlusconi + 200.000 miliardi di lire, secondo Governo Berlusconi +290.000 miliardi di lire, terzo Governo Berlusconi + 300.000 miliardi di lire. Totale del deficit provocato dal centrodestra: + 790.000 miliardi di lire.
Non è tanto il rapporto debito/pil a creare instabilità, quanto la stessa instabilità politica della compagine di governo che ha attirato le attenzioni speculative sull’Italia. Secondo l’autorevole economista Nouriel Roubini, il solo annuncio delle dimissioni di Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi porterebbe a ridurre lo spread fra i btp e i bund tedeschi decennali fra i 50 e i 100 punti base, in modo permanente.
Alcuni studi hanno provato a quantificare gli effetti degli annunci degli scandali sessuali del premier sui rendimenti dei nostri titoli di stato, trovando che hanno contribuito ad allargare lo spread in modo statisticamente significativo. Mentre la prospettiva di nuovi equilibri politici più solidi, seri e duraturi attraverso nuove elezioni farebbe sperare in qualche cambiamento in tempi più ravvicinati. Come dimostra la Spagna, che era penalizzata da uno spread inferiore al nostro e dopo l’annuncio del ritiro di Zapatero per nuove elezioni è ritenuta più credibile dell’Italia.
4. L’esplosione del debito pubblico non dipende affatto dalla spesa sociale
A luglio il debito pubblico italiano ha stabilito un nuovo record raggiungendo quota 1.911,807 miliardi di euro. Il vincolo stabilito dal Trattato di Maastricht e dal Patto di stabilità e crescita è del 60 per cento, e molti paesi europei prima della crisi avevano bilanci in ordine e bassi debiti pubblici, Mentre gli squilibri attuali derivano dall’ingentissima mobilitazione di risorse necessarie per salvare le banche e dal crollo della domanda interna causata dalla riduzione dell’occupazione e del reddito.
Dunque la crescita abnorme del debito pubblico non è determinata da salari troppo elevati, pensioni troppo alte e servizi pubblici garantiti. Cioè dalle garanzie sociali si pretende invece di tagliare per far pagare ai cittadini i debiti prodotti dai movimenti speculativi che determinano le crisi.
5. Quali sono le misure necessarie sul debito pubblico
5.1. Romano Prod, e l’economista Quadrio Curzio hanno insistito per creare un sistema di eurobond emessi attraverso un nuovo Fondo Finanziario Europeo (FFE), denominati Euro Union Bond (EUB). Questo Fondo potrebbe garantire con un suo capitale di mille miliard, l’emissione di almeno 3000 miliardi di EUB decennali al 3%, in modo da acquistare quote dei debiti di quegli Stati che eccedono il limite del 60% del PIL previsto dal Trattato di Maastricht.
L’emissione dell’EUB a queste condizioni riguarderebbe proprio quel 60% del debito pubblico rispetto al PIL, mentre la restante quota rimarrebbe sotto la responsabilità dei Stati; il capitale del FFE verrebbe conferito dagli Stati dell’Unione Economica Monetaria in proporzione alle quote da essi detenuti alla Banca Centrale Europea. Per riportare l’attuale livello medio dell’indebitamento dell’Unione Economica Monetaria che è dell’85% al 60% previsto si dovrebbero impiegare 2.300 miliardi di euro. In tal modo per esempio per l’Italia la riduzione del rapporto debito pubblico-PIL passerebbe dall’attuale 120% al 95%. I restanti 700 miliardi di EUB che rimarrebbero rispetto ai 3.000 miliardi di euro previsti andrebbero ad investimenti europei per far crescere le imprese europee dei settori di energia, telecomunicazioni e trasporti.
5.2. La Germania ha accumulato crediti verso l’estero sulla base di una politica che la portava ad esportare molto verso i Paesi deboli e importare poco. I tedeschi hanno adottato politiche fortemente restrittive e di fortissima deflazione salariale competitiva, in contraddizione con la sopravvivenza dell’Unione monetaria europea, accumulando crediti grazie al fatto che gli altri Paesi assorbivano le loro merci. Dunque la Germania ha gravi responsabilità in questa crisi, e deve accettare l’introduzione di uno «standard salariale europeo», cioè una forma di coordinamento delle politiche salariali tra i Paesi dell’Unione che impedirebbe di destabilizzare i Paesi vicini mantenendo i salari reali al di sotto della produttività.
5.3. Negoziare con la Cina l’acquisto di titoli di Stato può essere una soluzione praticabile, perché Pechino ha sempre gestito i rapporti di debito e credito in chiave politica e non si è mai affidata all’andamento dei mercati finanziari.
5.4. Il debito europeo deriva dal fatto che non c’è ancora una nuova fonte di domanda. Sul modello del “Job act” di Obama si potrebbe quindi creare un nuovo motore interno della domanda europea fondato sull’azione pubblica. Ricordando che di fronte alla grande crisi del 1929 Roosevelt isolò gli speculatori, promosse appunto un robusto intervento del governo per far crescere l’occupazione e ridusse l’orario di lavoro aumentando i salari. Ed azione pubblica significa oggi dare anche maggiori servizi, deduzioni fiscali, investimenti su green economy e conoscenza, potenziamento della ricerca, scuola e università.
5.6. Per superare la crisi del debito pubblico italiano sono comunque necessarie, oltre alle misure sopra dette, una severa lotta alla grande evasione fiscale, imposte patrimoniali sulla grande ricchezza, maggiore tassazione delle rendite, la riduzione della spesa militare e una politica fiscale ispirata a criteri di legalità e giustizia. E tutto ciò sarà possibile soltanto con un nuovo governo seriamente orientato in questa direzione.
Franco Pinerolo <francesco.pinerolo@fastwebnet.it>
© 26 Settembre 2011