Festival del cinema di Venezia: il Lido chiude il sipario
di IVicinanza
Vince il Leone d’Oro il “Faust” di Aleksander Sokurov
Si è conclusa sabato 10 settembre la storica e sempre più glamour Mostra internazionale d’arte cinematografica organizzata dalla Biennale di Venezia.
Anche la 68esima edizione ha visto nuovi volti, talenti ed emozioni, tranne forse la sorpresa. Voci di corridoio, critica e stampa avevano anticipato il nome che la giuria, presieduta da Darren Aronofsky e composta da Eija-Liisa Ahtila, David Byrne, Todd Haynes, Mario Martone, Alba Rohrwacher, André Téchiné, ha indicato come vincitore dell’ambito Leone d’oro, Faust di Aleksander Sokurov.
Questo il miglior film tra i 23 in concorso e come altri 10 tratto da un’opera letteraria; il personaggio dei racconti popolari tedeschi, che ha ispirato prose, opere teatrali e di fantasia, è stato modellato a partire dalla descrizione di Goethe, a cui il regista russo ha aggiunto un tocco malizioso: cedere alla tentazione come fosse un bisogno, il mezzo con cui risvegliare la sete di conoscenza che lo porterà a vendersi l’anima.
Una pellicola difficile, è stato detto, bisognosa di un osservatore partecipe e forse un po’ complice.
Dal film partorito da una mente visionaria dell’Europa dell’est, si è visto assegnare ancora più a est il secondo premio, il Leone d’argento per la migliore regia, andato a Shangjun Cai per il film Ren Shan Ren Hai, secondo lungometraggio del regista cinese che, nonostante abbia ripreso uno dei temi tanto riprodotti, la vendetta, ha saputo offrire qualcosa di sorprendente.
Il Premio speciale della giuria è stato destinato alla pellicola più inaspettata, l’italianissima Terraferma di Emanuele Crialese, leone d’argento nel 2006 con Nuovo mondo. Un film mai tanto azzeccato per il periodo critico della “giovine Italia”, che racconta e denuncia l’assurdità delle leggi anti-immigrazione.
La Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile è andata a Michael Fassabender nel film Shame di Steve Mcqueen, mentre per la migliore interpretazione femminile la coppa è tornata in mani asiatiche, quelle della cinese Deanie Yip protagonista del film Tao Jie di Ann Hui.
Sempre a due paia di occhi a mandorla, questa volta giapponesi, è andato il Premio Marcello Mastroianni, entrambi giovani emergenti, Shôta Sometani e Fumi Nikaidô, protagonisti del film Himizu di Sion Sono, che ha annegato i suo personaggi prima in un tragico tsunami, poi in un degli abissi della psiche e dell’anima, lascando solo intravedere qualche barlume di speranza.
I premi Osella per la migliore fotografia e migliore sceneggiatura sono andati rispettivamente a Robbie Ryan per il film Wuthering Heights di Andrea Arnold e a Yorgos Lanthimos e Efthimis Filippou per il film Alpis diretto da Yorgos Lanthimos.
A questi i pochi premi, come criticato dal presidente di giuria Darren Aronofsky durante il discorso d’apertura per le premiazioni, si è aggiunto il Leone del futuro – Premio Venezia Opera Prima (Luigi De Laurentis) assegnato con voto unanime della giuria presieduta da Carlo Mazzacurati e composta da Aleksei Fedorchenko, Fred Roos, Charles Tesson, Serra Yilmaz, al film di Guido Lombardi Là-Bas.
Molti altri i film scartati e ingiustamente giudicati: primo tra tutti Quando la notte di Cristina Comencini che ha dato voce e immagine all’omonimo romanzo da lei stessa scritto. Dopo la proiezione la regista si è detta amareggiata e delusa per la reazione di un pubblico che, a suo dire, avrebbe dovuto comprendere il vero intento dell’opera, il racconto della gioia e del dolore, della solitudine e del desiderio di una donna madre e non certo un mare di fischi e altrettante risate inopportune.
Reazione meno netta c’è stata per A dangerous method di David Cronenberg, con una critica a metà tra approvazione e stroncatura, non coinvolta dai luoghi e dialoghi ricreati per ripercorrere il periodo della nascita della psicanalisi; e ancora bocca asciutta per George Clooney con Le idi di marzo, quarta delle sue fatiche come regista, che ha proposto intrighi politici e società ipocrita, quella statunitense, in cui dominano compromessi e inganni. Un addetto stampa vede la sua carriera invidiabile interrotta da manovre di diplomatici astuti e da una notte passata con un’adolescente membro dello staff. Storia di fama e di sesso, dunque, potere e gloria, nulla che non si conosca già.
© 12 Settembre 2011