La Voce di Trieste

Sciopero del 6 settembre: voci dal corteo

Tra i presenti rabbia, preoccupazione e sfiducia

Adesso basta. Devono capirla una volta per tutte , devono andarsene”

“Ho uno stipendio di 1200 euro al mese. Con quello sopravvivo, cos’altro vogliono togliermi?”

Alle 9.30 piazza Goldoni è piena di gente incazzata nera e a fine corteo risulterà che i partecipanti erano molti di più rispetto allo sciopero generale dello scorso 6 maggio.

“C’è parecchia gente ma, visto come vanno le cose, dovrebbero essere molti di più” parole colte al volo in un dialogo tra tutori dell’ordine.

Una manifestazione ordinata e civile, come sempre succede nella nostra città, ma piena di facce tra il preoccupato e l’arrabbiato. Ogni faccia una storia. Come quella del pensionato che aiuta i nipoti disoccupati o precari. O quella del ventenne che, nonostante una laurea e tre lingue estere parlate correntemente, sbarca il lunario tra lavori in nero e contratti a termine della durata di un mese.

Storie che fanno tremar le vene ai polsi, vite sopraffatte, speranze deluse.

 

Stipendi che non bastano, come quello della donna separata, madre di due ragazzine, che non ce la fa a star dietro alle spese: “I libri scolastici sono arrivati a prezzi assurdi, metti nel conto qualcosa da vestire per le ragazze, il mutuo, le spese di condominio in arretrato e questo mese non so come farò a comprare da mangiare…  “Esagerazioni?

“Un governo schifoso, fatto da arruffoni, incompetenti e ladri”. Rabbia fuori luogo?

In piazza Oberdan la testa del corteo, formata dai dipendenti del comparto pubblico, devia e passa proprio sotto al palazzo del Consiglio Regionale. “Contratto contratto” e “A casa/in galera” gli slogan rivolti verso il palazzo.

“Approfittano della crisi per togliere anche gli ultimi diritti ai lavoratori dipendenti così da trasformarli in schiavi Cosa cazzo c’entra la libertà di licenziamento con il debito pubblico?”

“Sono qui e sciopero anche per quelli che non possono farlo, per paura di perdere il posto di lavoro, perchè lavorano a contratto, in nero o perchè un lavoro non ce l’hanno”

 

Traffico bloccato in tutto il centro città da un serpentone umano lunghissimo (i dati parlano di 8000 persone). Quando la testa del corteo entrava in via Ghega la coda stava appena lasciando piazza Goldoni. Ma non si vede esasperazione tra gli automobilisti fermi in colonna bensì consapevolezza della gravità del momento.

“Adesso basta” sono le due parole che più spesso si rincorrono nelle affermazioni di questo popolo in marcia.

Continuo a muovermi in mezzo alla gente che sfila lenta sotto a questo azzurrissimo cielo di settembre, ci stiamo avvicinando a Piazza Verdi  dove il corteo si concluderà e dove troveremo quelli dell’ Italia dei Valori impegnati nella raccolta di firme per l’abolizione dell’attuale legge elettorale.

“È andato avanti (Berlusconi) quasi vent’anni a dirci di non preoccuparci, che va tutto bene, e adesso siamo nella merda. Ma io non ho intenzione di pagare per lui.”

“Siamo in un momento di crisi gravissima e questi non sanno che pesci pigliare, metti togli modifica rimetti ritogli perché agli amici non va bene. Questi ci portano al disastro.” La parte finale quasi gridata.

 

Tanta sfiducia, insomma. Anche verso l’utilità di questa manifestazione. “Sono qua ma tanto so già che non servirà a niente. Almeno ho la coscienza a posto”

Rabbia e preoccupazione, per il futuro che viene scippato. Per le tutele che vengono sbriciolate. Per le quattro manovre in 15 giorni, simbolo di una classe dirigente nel pallone come non mai. Per la scelta di scaricare tutto sul popolo dei lavoratori dipendenti, anche questa volta, l’ennesima. Forse l’ultima. Perché così quanto può durare ancora?

 

© 7 Settembre 2011

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