La Voce di Trieste

Trieste: come si nasconde ai cittadini che la controllata municipale AcegasAps è in passivo di quasi mezzo miliardo di euro

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Osservatorio – analisi

Non si può forse sperare che il quotidiano monopolista di Trieste “Il Piccolo”, del gruppo Espresso, possa diventare un giornale d’inchiesta sui malaffari a livello del Fatto Quotidiano, od anche del capogruppo Repubblica. Non è nella sua tradizione di mediocrità compromissoria, e per invertirla occorrerebbero nuove direttive editoriali energiche e mezzi adeguati.

Ma si può pretendere almeno che cessi di essere portavoce dei potentati politici ed economici locali al punto da coprirne od appoggiarne anche le operazioni peggiori ai danni della città. Abusando, in sostanza, della posizione dominante di monopolio locale dell’informazione quotidiana a stampa (il quotidiano in lingua slovena Primorski dnevnik rimane marginale e subordinato) che costringe la gente a comprare e leggere quest’unico giornale per sapere qualcosa di casa propria e poter reagire.

Ne sono esempi eclatanti, oltre all’insistenza nelle riproposizioni strumentali delle vecchie propagande nazionaliste più becere, la campagna pubblicitaria spudorata del Piccolo a favore della rapina speculativa edilizia ed immobiliare illecita del Porto Franco Nord (portovecchio), e le sue coperture della scandalosa gestione finanziaria dell’azienda di servizi controllata dal Comune, ACEGAS-APS spa.

 

Sulla quale si è arrivati al punto da dover tradurre in buon italiano ed in chiaro le notizie che il quotidiano sta dando in maniera da renderne incomprensibili al lettore normale i dati disastrosi, e farli addirittura passare per successi.

Così questo 26 agosto, a pieno fondo della pagina economica, un titolone di cinque colonne su sei strillava «Salgono i ricavi di Acegas. Ma l’utile è fermo» col sommarietto ottimista «A giugno 2011 margine operativo lordo in aumento del 20%. Pillon: “Trend positivo in tutti i settori”».

Il testo dettagliava queste informazioni positive, con foto del Cesare Pillon, che è l’amministratore delegato dell’azienda presieduta da Massimo Paniccia, singolare multipresidente (Acegas, Fondazione Crt, Mediocredito regionale) di fiducia dell’establishment locale, e puntualmente ossequiato dal quotidiano ignorando critiche documentate ed incompatibilità di cariche.

L’azienda è stata privatizzata a suo tempo dall’amministrazione comunale Illy di centrosinistra rimanendo di proprietà del Comune, cioè di tutti i cittadini, ed è stata poi brutalmente colonizzata e malgestita dal centrodestra berlusconiano al potere con le successive due amministrazioni del discusso sindaco Dipiazza, ora grazie a Dio liquidate dagli elettori.

L’articolo, senza firma, è palesemente costruito per rassicurare lettori, investitori e creditori facendo pensare che, nella crisi generale, l’azienda triestina tutto sommato vada bene, con qualche normale piccola impasse. E che sia stata dunque amministrata con accortezza ed adeguatamente vigilata da tutti i responsabili.

Non è infatti facile al lettore comune comprendere cosa significhi in concreto la frasetta contorta che a metà articolo riconosce che gli investimenti del primo semestre 2011, aumentati a 41.5 milioni di euro dai 41,2 dello stesso periodo del 2010 «mantengono tuttavia in saldo negativo la posizione finanziaria netta, pari a 487,1 milioni, in aumento di 48 milioni rispetto al 31 dicembre 2010.» con relative giusticazioni del Pillon. Ma la notizia chiave è proprio questa, ed è disastrosa.

Perché, tradotta appunto in buon italiano ed in chiaro, significa che la gestione di Paniccia, Pillon e soci nominati e “vigilati” dal Dipiazza e dai suoi, a fine 2010 aveva già accumulato irresponsabilmente un passivo sproporzionato ed insostenibile di 439 milioni di euro, e nonostante ciò nei sei mesi successivi ne ha accumulati altri 48, raggiungendo i 487 milioni di debito con un ritmo di crescita che, visti anche gli interessi, si avvìa a raggiungere e probabilmente superare a breve il mezzo miliardo di euro. Cioè un limite di rottura proporzionalmente assoluto.

Senza che gli amministratori aziendali ed i loro patroni e ‘controllori’ politici abbiano mai detto con quali mezzi pensano di poter sanare questo disastro finanziario in cui hanno affondato “privatamente” in pochi anni quella che prima era un’azienda municipalizzata sana ed antica.

E senza che siano mai stati chiamati a risponderne nelle sedi giudiziarie rispettivamente ordinaria ed erariale: gli amministratori per i danni da mala gestione, ed i controllori per l’omessa vigilanza sull’operato di quei loro fiduciari.

Questo significa che la nuova amministrazione comunale di centrosinistra del sindaco Cosolini si trova ora a dover risanare lei una situazione gravissima, facendo per prima cosa piazza pulita degli amministratori responsabili del disastro e delle relative abitudini deteriori di conduzione dell’azienda, ed agendo nei loro confronti, se ve ne sono i presupposti, anche in giudizio.

È un’operazione di risanamento necessaria, drastica e difficile, che richiede coraggio assieme a competenza e per non finire bloccata dai soliti poteri e ricatti trasversali avrà anche bisogno della piena comprensione e solidarietà dell’opinione pubblica cittadina. Mentre il quotidiano locale mostra invece di continuare a sviarla e confonderla, come per gli illeciti speculativi contro il Porto franco.

Ed a questo punto occorre capire il perché, a costo di doverne chiedere conto anche alla proprietà del gruppo editoriale di riferimento. Fermo restando che se a Trieste non ci fossimo noi della Voce queste informazioni vitali per la città non ve le darebbe nessuno.

 

Paolo G. Parovel

© 27 Agosto 2011

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