Trieste: Ferriera e Porto Franco
di Direttore
Editoriale
Nei giorni scorsi la Ferriera di Servola, che opera a ridosso dell’abitato di Trieste, ha emesso sulla città e sul suo golfo l’ennesima nube di nociva a concentrazioni fuorilegge abnormi, stavolta di benzene tossico e cancerogeno.
Ma la sua chiusura pone questioni che si risolvono solo affrontando più ordini di problemi in conflitto tra loro.
Quelli immediati sono tre: il danno intollerabile alla salute delle persone e dell’ambiente (aria, suolo, mare, fauna, vegetazione, prodotti alimentari) in territorio italiano, il fatto che il danno ha rilevanza europea perché si estende anche al vicino territorio sloveno, e l’impossibilità attuale di reimpiegare altrimenti il migliaio di persone, più le loro famiglie, cui la Ferriera dà lavoro diretto od indiretto.
Il tutto rimane inoltre complicato dai fatti ulteriori che l’impianto opera in condizioni di sicurezza disastrose e spesso mortali anche per i lavoratori, la proprietà industriale non vuole o non può provvedere almeno a ridurre efficacemente inquinamenti e rischi, ed a fabbrica chiusa rimarrà un pesante problema di bonifiche dei terreni e dello specchio di mare che essa utilizza dal 1897.
Una parte consistente della peggior politica locale è vissuta sinora di sconcia rendita su questo dramma della salute e del lavoro, lucrando contemporaneamente voti dalla gente col promettere la chiusura l’impianto, ed appoggi dagli industriali (e da sindacati) col non farne mai nulla. In un gioco cinico ed irresponsabile di cui sembra essersi infine accorta anche la Procura della Repubblica, e che ha funzionato soltanto perché la solita stampa locale controllata dai soliti poteri lo asseconda, invece di farlo esplodere con le inchieste giornalistiche doverose.
Ora la nuova amministrazione comunale del sindaco Cosolini, con un assessore specifico finalmente rigoroso e competente, Umberto Laureni, sembra voler fare sul serio e finalmente fuor di retorica almeno sul piano della salute e dell’ambiente. Ma rimane il problema del lavoro, al quale si devono applicare i medesimi criteri di concretezza e realismo.
E questi criteri doverosi ci dicono che tutte le prospettive di lavoro sinora immaginate e propagandate, in buona fede o meno, dagli acquari al turismo di massa, alle expo internazionali ed alla speculazione edilizia in porto, per quanto pompati dalla solita stampa ossequiosa erano e sono solo fantasìe, od al più speculazioni lucrose per pochi. Mentre la vantata ‘città della scienza’ può dar lavoro solo a categorie ovviamente molto limitate e ristrette.
La verità drammatica l’abbiamo tutti, oltre che addosso ed intorno, sotto gli occhi per le vie stesse della città, dove la chiusura inarrestabile di una quantità impressionante di negozi ed esercizi pubblici che rimangono vuoti manifesta con evidenza diretta il fermarsi del sistema produttivo. Ed ha già prodotto da sola una quantità di disoccupati pari o superiore a quanti ne creerebbe la chiusura della Ferriera, e con gl stessi diritti al lavoro e ad una vita dignitosa.
L’amministrazione comunale nuova, e chiunque altro mostri buona volontà, deve quindi comprendere come la dimensione del problema lavoro già creato dagli altri settori di crisi non potrebbe sopportare la botta ulteriore della chiusura della Ferriera, ed ha bisogno di soluzioni rapide e complessive. Cioè non di tamponamenti minimi improvvisati e variamente improbabili, ma di uno sbocco produttivo certo, vicino nel tempo e di vasto assorbimento per tutte le categorie in difficoltà, dai lavoratori generici agli specializzati.
Ed il solo strumento possibile, che Trieste ha la fortuna unica e straordinaria di avere, è il rilancio immediato di tutti i vantaggi e gli spazi commerciali e produttivi senza tasse del Porto Franco sul mercato internazionale. Che di porti e zone franche ha sempre più richiesta (leggi qui) mentre la politica italiana e locale paralizza e svuota ormai da decenni il nostro allontanandone o scoraggiandone gli operatori ed i richiedenti esteri, anche recenti ed attuali, pronti a riattivarlo.
Ma fare questa scelta di sviluppo reale significa studiare il problema subito e sul serio, invece che sui titoli della solita stampa, e trovare finalmente la lucidità, il senso di responsabilità ed il coraggio civile di bloccare con decisione ed una volta per tutte la truffa clamorosa della speculazione edilizia ed immobiliare illecita nel Porto Franco Nord (portovecchio), e di rilanciarne invece immediatamente con criteri imprenditoriali l’uso portuale legittimo e produttivo.
Perché, lo si voglia o no, è proprio su questo che si stanno giocando i destini futuri di Trieste e quelli immediati dei suoi disoccupati e delle altre categorie più deboli. E che si misureranno in concreto le qualità di chi è stato appena votato dalla maggioranza dei cittadini per amministrarli finalmente nell’interesse pubblico, e non più di cosche vecchie e nuove.
Paolo G. Parovel
© 26 Agosto 2011