La Voce di Trieste

Trieste: l’azzeramento del piano regolatore tra scelte urbanistiche, illegalità e corruzioni

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Il nuovo sindaco di Trieste, Roberto Cosolini, ha deciso un paio di settimane fa di azzerare la controversa variante di piano regolatore n.118 predisposta dal suo precedessore Roberto Dipiazza, rimasta bloccata perché zeppa di irregolarità e scelte anomale, alcune pure meritevoli di indagini da parte della magistratura.

Ed ora viene attaccato da politici ed ambienti interessati o male informati, con l’accusa di rimettere così in vigore il discusso piano precedente dell’amministrazione Illy, sospeso con termini di salvaguardia che scadranno all’inizio di agosto sbloccando progetti e cantieri altrimenti annullati.

Ma ha ragione Cosolini, e per almeno tre ordini di ottimi motivi: i contenuti e metodi deteriori del piano Dipiazza, le scelte reali da fare e lo sfondo anomalo dei rapporti tra costruttori e politici anche a Trieste.

Contenuti e metodi deteriori

I contenuti del piano Dipiazza privilegiano grossi interventi, costruttori ed investitori a scapito della piccola edilizia d’interesse dei cittadini, e consolidano persino trattamenti di sfavore per i proprietari antichi in zone residenziali di lusso come via del Pucino, a beneficio di ricchi ‘colonizzatori’ confinanti tra i quali lo stesso sindaco Dipiazza.

Sui metodi pesano genericità, illogicità e violazioni delle norme sulle valutazioni ambientali, ed il fatto che Dipiazza avesse sospeso la discussione della variante per far passare rapidamente con le norme vecchie una quantità di progetti altrimenti impossibili. Tra i quali quelli illegittimi di Rio Martesin, alcuni dei grossi costruttori ed altri patrocinati dalla maggioranza di centrodestra, ma anche dall’opposizione di centrosinistra allora guidata dal capogruppo ed attuale assessore Fabio Omero, che sul tutto si era mostrata inspiegatamente debole.

Le scelte da fare

Le scelte reali da fare con lucidità e coraggio sono ben altre, perché la città è in regresso demografico, con una massa di abitazioni sfitte non solo private ma anche dell’Ater e dello stesso Comune, ed in carenza sempre più drammatica di lavoro.

Le attività edilizie non si possono quindi più garantire aumentando l’edificato e l’occupazione del territorio, ma favorendo le ristrutturazioni di ciò che vale la pena di essere conservato e le demolizioni, con trasformazione in aree verdi, delle brutture inutili.

Ed occorre sospendere e riformulare la variante che ha aperto illegittimamente alla speculazione edilizia ed immobiliare privata il Porto Franco Nord (portovecchio) per finire di togliere alla città una risorsa di lavoro marittimo essenziale, dopo averla svuotata e abbandonata apposta.

I rapporti anomali tra politici, costruttori ed investitori

Cronache ed indagini confermano ormai da decenni che gran parte del territorio italiano è purtroppo dominata da rapporti trasversali illeciti e di varia corruzione tra cartelli d’imprese edili, capitali sporchi e politici collusi.

Cioè da gruppi d’imprese, locali e importate, che monopolizzano di fatto gli appalti ed ottengono licenze di favore, da miliardi che le mafie hanno da riciclare, e da politici che accettano o pretendono denaro o regali (pure di appartamenti) per non respingere interventi abnormi o per non far bloccare progetti legittimi.

Ed indagini giudiziarie e giornalistiche hanno confermato da tempo che questo vale anche per Trieste. Come sanno benissimo, oltre ai collusi, sia il neosindaco Cosolini, sia i politici di qualsiasi colore che abbiano superato la fase del Kindergaten, l’asilo infantile, Dunque, si diano da fare.

Paolo G. Parovel

© 27 Luglio 2011

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