La Voce di Trieste

La ’Liberazione’, la terapia alternativa del professore Paolo Zamboni per la Sclerosi Multipla, anche nella nostra regione

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Paolo Zamboni è lo scienziato dell’Università di Ferrara – Ospedale S.Anna che sta donando la speranza d’una vita migliore a migliaia di malati di Sclerosi Multipla, una malattia che colpisce il sistema nervoso centrale di cui, in Italia, una nuova diagnosi è conclamata ogni quattro giorni. Solo nel nostro paese, 58.000 persone sono affette da questa malattia fortemente disabilitante.

Molti finiscono in sedia a rotelle, spesso problemi di vista, spasticità, paralisi, difficoltà a stare in piedi, disturbi di carattere cognitivo, fatica cronica. Il prof. Zamboni, assieme al dottor Salvi dell’Ospedale Bellaria di Bologna, sta dimostrando la presenza di una correlazione fra la CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebrospinale) e la sclerosi multipla. Sulla base di questa teoria, ha ideato una terapia sperimentale che non prevede l’utilizzo di farmaci, scatenando le ovvie ostilità da parte della casta dei neurologi, invece di acclamare i risultati sbalorditivi di una ricerca tutta italiana.

 

Molto meno di due anni fa, il dr Mark Friedman, neurologo presso l’Ottawa Hospital (Canada), emblema della neurologia ortodossa, definiva la CCSVI come una bufala e vedeva nei benefici del trattamento di Zamboni, il mero risultato di un effetto placebo. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ed ora proprio il Canada sarà il primo stato a finanziare la sperimentazione.

Ma qual è al momento la situazione nella nostra regione e a Trieste? Ne parliamo con Silvia Chinellato, vice-presidente nazionale dell’Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla.

 

Più di qualcuno ha etichettato il prof. Zamboni come il “Di Bella” della SM. Questo fa pensare che lo scetticismo attorno alla sua scoperta sia ancora tanto.

La grande differenza fra Di Bella e Zamboni sta innanzitutto nel fatto che 50 università al mondo stanno studiando la CCSVI, e tutti i suoi 27 articoli sono stati regolarmente pubblicati su testate scientifiche di primo livello. Zamboni è poi un ricercatore universitario, che opera all’interno di una struttura pubblica e ha condotto le sue ricerche in rigida ottemperanza alle regole previste dal proprio Istituto. Non è un privato che arbitrariamente dispensa cure secondo criteri di valutazione personali. Probabilmente, l’assenza di risposte ufficiali dalle istituzioni è la principale causa di questo scetticismo, se non proprio ostilità, nei confronti della terapia di Zamboni.

Riuscirebbe a riassumere in maniera comprensibile l’originalità del pensiero di Zamboni?

E’ necessario prima un breve excursus sulla malattia. La Sclerosi Multipla è una malattia cronica e invalidante che colpisce il sistema nervoso centrale, cioè il cervello ed il midollo spinale. Per motivi fino ad ora sconosciuti, gli anticorpi distruggono gradualmente la guaina mielinica che riveste le fibre nervose lasciando delle lesioni (placche) nelle zone attaccate e compromettendo la trasmissione degli impulsi che vanno dal cervello e dal midollo spinale verso le altre parti del corpo.

Zamboni, dopo un lungo lavoro di ricerca e rilettura di tutti gli studi che dall’800 hanno trattato la SM, è giunto ad ipotizzare che alla SM potesse essere associato un problema di circolazione venosa difettosa osservando che le placche sono venocentriche, ovvero si sviluppano sempre attorno ad una piccola vena, e che nei malati di SM si riscontrano elevati depositi di ferro sul tessuto cerebrale.

Utilizzando quindi un particolare apparecchio doppler ha esaminato le vene del collo e della testa dei pazienti con Sclerosi Multipla giungendo ad una scoperta straordinaria: quasi il 100% dei pazienti ha un cattivo drenaggio venoso che causa stagnazione o reflusso sanguigno al cervello. Ciò è dovuto a problemi malformativi delle vene extra-craniche che presentano restringimenti, ostruzioni o difetti di altro tipo. Egli ha controllato poi queste stesse vene in persone sane ed in persone con altre patologie, non trovando in esse nessuna di queste malformazioni.

Le malformazioni delle vene che drenano il sangue dal sistema nervoso centrale determinano appunto un’insufficienza venosa cronica, da cui il nome della malattia, CCSVI.

Nell’ipotesi di Zamboni, il cattivo drenaggio sanguigno è la causa dei depositi di ferro sul tessuto cerebrale. Il ferro è pericoloso perchè è tossico e produce radicali liberi che danneggiano le cellule, causando necrosi e infiammazioni. Il deposito di ferro sarebbe quindi ciò che scatena il sistema immunitario, chiamato ad attaccare, secondo un meccanismo di normale reazione immunitaria, un agente tossico riconosciuto come nemico.

Questo è l’aspetto più sconvolgente della ricerca di Zamboni: il fatto di demolire l’ipotesi di autoimmunità della SM (ovvero di reazione incontrollata di un sistema immunitario impazzito che attacca l’organismo che lo ospita) e ricondurre il coinvolgimento del sistema immunitario nella SM ad una normale reazione di difesa da un agente tossico.

Da queste deduzioni il prof. Zamboni è arrivato al famoso trattamento chiamato “Liberazione”.

Esattamente. Per curare i restringimenti venosi, far fluire il sangue correttamente ed eliminare così i pericolosi depositi di ferro presenti nel cervello, il dott. Zamboni ha applicato quanto già praticato per le arterie, ovvero un trattamento di angioplastica dilatativa. L’intervento è mini-invasivo e consiste nel praticare una puntura endovenosa all’inguine che permette di inserire in vena un catetere che viene fatto navigare fino alle giugulari e alle altre vene interessate. Quando il catetere raggiunge il tratto venoso bloccato, la vena viene dilatata gonfiando un palloncino posto sul catetere.

Gli effetti del trattamento di “liberazione” praticato sui primi 65 pazienti malati di Sclerosi Multipla sono descritti in uno studio pilota realizzato in collaborazione con il Dott. Salvi dell’Ospedale Bellaria di Bologna e il radiologo interventista dott. Roberto Galeotti, anch’egli dell’Università di Ferrara.

Questo avveniva due anni fa..

Lo studio dettagliato con i risultati è stato pubblicato a dicembre 2009 nel Journal of Vascular Surgery. I dati pubblicati a 18 mesi dal trattamento di angioplastica dilatativa evidenziano una riduzione del numero di ricadute di malattia, una netta riduzione del numero di lesioni attive cerebrali e spinali (la percentuale di lesioni attive crolla dal 50% al 12%) associato a un marcato miglioramento della qualità della vita e alla forte riduzione della stanchezza cronica. Il 73% dei pazienti operati non ha più ricadute. Se il restringimento delle vene non si ripresenta, non si manifestano nuovi episodi acuti. Nel caso invece di restenosi, una seconda angioplastica riporta alla remissione dei sintomi senza l’ausilio di corticosteroidi. Nei soggetti affetti da malattia progressiva la progressione si blocca. Gli scettici parlano di effetto placebo, ma, ad essere onesti, credo sia difficile pensare ad un effetto placebo a distanza di anni..

Se una persona volesse farsi visitare ed operare dal Prof. Zamboni, cosa dovrebbe fare?

Attualmente il Prof. Zamboni non effettua diagnosi ed interventi al di fuori di sperimentazioni ufficiali. Dall’Emilia Romagna sta per partire un progetto di sperimentazione clinica (Brave Dreams) promosso dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara che vede il Prof. Zamboni in veste di ricercatore principale e che prevede la partecipazione di un certo numero di altri centri italiani. L’unico consiglio che posso dare è pertanto quello di rimanere aggiornati consultando periodicamente il sito dell’Azienda Ospedaliera di Ferrara o quello dell’Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla (www.ccsvi-sm.org).

E’ possibile fare l’EcoDoppler per diagnosticare la CCSVI in un qualsiasi ospedale?

Purtroppo no: per effettuare una corretta diagnosi di CCSVI mediante EcoDoppler è fondamentale che il medico sia stato formato sulla patologia in questione, inoltre è preferibile che sia utilizzata una strumentazione appositamente tarata per l’indagine sul sistema venoso interessato dalla patologia. Attualmente, purtroppo, sono pochi gli ospedali che hanno i requisiti appena elencati e con liste di attesa lunghissime.

E’ possibile inquadrare meglio la situazione nella nostra regione?

Sulla CCSVI nella nostra regione siamo abbastanza indietro. Non esiste un centro diagnostico che eroghi prestazioni al malato che ne voglia fare liberamente richiesta. La classe neurologica ha finora tenuto un atteggiamento molto prudente, per non dire scettico, nei confronti della ricerca di Zamboni. A questo si aggiunge il peso di un assessorato alla salute regionale che, nonostante le molte sollecitazioni pervenute in questi anni mediante interrogazioni e interpellanze presentate da vari consiglieri, non ha fatto nulla per agevolare il percorso della ricerca scientifica sulla CCSVI nella nostra regione né per venire incontro alle pressanti necessità dei malati di SM che chiedono di poter diagnosticare e curare le proprie vene bloccate.

Infatti anche l’attività dell’unico radiologo interventista della regione che aveva iniziato con successo a trattare la CCSVI (dott. Fabio Pozzi Mucelli, responsabile della struttura semplice di Radiologia Interventistica dell’Ospedale di Cattinara) è stata bloccata a causa del rigido recepimento da parte del nostro assessorato della circolare Ministeriale del 4 marzo. Una circolare che non ha parere vincolante soprattutto per il Friuli Venezia Giulia che è regione a statuto speciale. Il dott. Pozzi Mucelli ha fornito un ampio resoconto dell’esito positivo dei suoi 14 interventi durante il convegno scientifico organizzato dall’Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla a Monfalcone il 28 maggio 2011.

Chi viene curato dalla CCSVI può smettere le terapie per la Sclerosi Multipla?

No, il prof. Zamboni ha sempre invitato i pazienti a continuare le classiche terapie contro la Sclerosi Multipla. La CCSVI va vista come una arma in più da affiancare a quelle già esistenti, e la sua scoperta non deve indurre alla sospensione dei farmaci, per chi da questi trae un beneficio.

Tra le mille notizie non verificabili in Rete, circola anche quella che ci sono stati due decessi causati dall’angioplastica per curare la CCSVI. E’ vero?

Assolutamente no. L’angioplastica con palloncino consigliata dal Prof. Zamboni non ha mai causato alcun decesso. I due fantomatici decessi alludono ad un paziente deceduto dopo aver subito l’impianto di uno stent, tecnica molto diversa dall’angioplastica con palloncino, ed assolutamente sconsigliata dal Prof. Zamboni. E ad  un altro paziente per il quale c’è stata la migrazione di uno stent impiantato sulla giugulare verso il cuore, che ha certamente causato delle serie complicanze ma non la morte del paziente. In definitiva, in tutto il mondo non vi è mai stata alcuna complicanza grave associata all’angioplastica dilatativa, che rimane l’unica procedura suggerita per il trattamento, mentre l’utilizzo degli stent è sconsigliato. Lo Studio Usa multicentrico guidato dalla John Hopkins University di Baltimora ha affermato che il “trattamento Zamboni” è sicuro.  L’angioplastica per “disostruire” le vene del collo nei malati di sclerosi multipla e con insufficienza venosa cerebro-spinale cronica non ha che minimi effetti collaterali.

E veniamo finalmente al progetto “Brave Dreams”

BRAVE DREAMS letteralmente significa SOGNI CORAGGIOSI ma in realtà è l’acronimo di BRAin VEnous DRainage Exploited Against Multiple Sclerosis, che, tradotto dall’inglese, significa “sfruttare il drenaggio venoso contro la sclerosi multipla”. E’ il nome dello studio clinico finalizzato a valutare l’efficacia e la sicurezza dell’intervento di disostruzione delle vene extracraniche nei pazienti con sclerosi multipla e diagnosi di CCSVI promosso dalla Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara che vede il prof. Paolo Zamboni in veste di principale ricercatore.

Lo studio BRAVE DREAMS prevede il reclutamento di 679 pazienti ed è in doppio cieco: confronta infatti gli esiti di un intervento di flebografia con angioplastica venosa con un trattamento di controllo in cui viene effettuata solo la flebografia. Il 28 Novembre 2010 il protocollo della sperimentazione è stato approvato dal Comitato Etico di Ferrara. Una ventina di centri in Italia, le cui credenziali sono state valutate da una apposita commissione, hanno inviato la loro richiesta di adesione.

Quando l’11 luglio l’Associazione ha incontrato il Dott. Rinaldi, direttore dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara, egli ci ha confermato quanto dichiarato anche in una recente conferenza stampa, ovvero che lo studio sta per partire su Ferrara e che in breve si aggregheranno 10 centri di 6 diverse regioni italiane.

La partenza dello studio, che i malati attendono da mesi, è stata ritardata a causa di carenza di fondi. Infatti, mentre in questi giorni il Ministro della Sanità canadese, Leona Aglukkaq, ha annunciato che lo Stato finanzierà un trial di trattamento sulla Ccsvi, in Italia  la ricerca di Zamboni stenta invece a decollare per ragioni economche ed è costretta ad autofinanziarsi anche attraverso l’impegno delle associazioni di malati che la sostengono.

Approfitto di questa intervista per ricordare che anche l’Associazione CCSVI nella Sclerosi Multipla, valutata la crucialità della sperimentazione Brave Dreams  che darà finalmente risposte certe e inconfutabili sul piano scientifico, ha avviato una propria raccolta fondi per supportarla e che le donazioni possono essere effettuate anche on line collegandosi al sito www.sognicoraggiosi.org.

 

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© 21 Luglio 2011

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