La Voce di Trieste

Comune di Trieste: apertura di credito con molta attenzione

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Editoriale

Poiché il nostro giornale esiste per fare informazione ed indagini giornalistiche indipendenti, senza pregiudizi né sconti, molti ci chiedono già una prima valutazione della nuova amministrazione del Comune di Trieste, cioè su Sindaco, Giunta, Consiglio, e quale sia il nostro atteggiamento verso questa dopo i doverosi e pesanti conflitti con la precedente deteriore.

È quello altrettanto doveroso dell’apertura preliminare di credito a chi essendo nuovo non ha potuto ancora dar prova di sé e dei suoi programmi. Ma con tutta l’attenzione necessaria a verificarne e contestarne i possibili errori e cedimenti sul piano dell’interesse pubblico e della tutela delle persone e fasce di popolazione più deboli.

 

Ad oggi il profilo d’avviamento dell’amministrazione del sindaco Cosolini, che sembra persona seria ed aperta, si presenta nuovo e positivo per quattro buoni motivi, il primo dei quali è che si trova a governare con un Consiglio comunale per buona parte rinnovato da persone che potrebbero dare risultati migliori di quelli debolissimi dei consiglieri precedenti.

Il secondo è che questo sindaco non ha scelto gli assessori per lottizzazione meccanica tra partiti e componenti politiche, ma nella giusta libertà discrezionale alla ricerca del meglio. E con due scelte di punta immediatamente apprezzabili come la vicesindaco Fabiana Martini, dal forte impegno etico e sociale, e l’assessore alla cultura Andrea Mariani, testimone attivo risoluto dell’essenza ed anima composita di Trieste (e già presidente qui della Comunità ebraica).

Il terzo motivo è che quest’amministrazione si trova di fronte opposizioni consiliari critiche nuove e positive sul piano sociale e della legalità come quelle della lista Grillo (5 stelle) e di Un’Altra Trieste, e non solo i residui perdenti della vecchia amministrazione. E l’opposizione seria è condizione necessaria della democrazia.

Il quarto è invece d’ambiente esterno: queste elezioni amministrative ed i referendum hanno espresso ed incoraggiato una forte ripresa di attenzione, fiducia ed attivismo della gente per il superamento delle involuzioni etiche, civili ed economiche dei troppi anni di prepotere nazionale e locale delle più spudorate politiche degli affari, degli appalti e dell’incultura.

Stiamo infatti vivendo qui ed altrove nel Paese un primo avvìo spontaneo di quella ri-evoluzione democratica che è tendenza di tutta l’area euromediterranea e della cui possibilità quasi tutti dubitavano. Questo merita perciò un investimento energico di fiducia dei cittadini sia in sé stessi che verso chi si trova ad amministrare le correnti di cambiamento.

Quanto all’amministrazione triestina del concreto locale, dovremo seguirla tutti con attenzione proporzionale sia alla gravità dei problemi ereditati dal degrado precedente, sia alle difficoltà obiettive di risolverli. E si tratta di un groviglio pesante  di emergenze funzionalmente connesse tra loro.

Abbiamo anzitutto l’emergenza economica molto grave e complessa della povertà senza tregua di un numero crescente di persone e famiglie prive di lavoro e di assistenze sociali adeguate in mezzi, abitazioni ed attenzione. Mentre le scelte comunali di spesa che dovevano aiutare sono state paralizzate e disperse irresponsabilmente in bilanci da impresa privata rivolti al profitto o pareggio formale di bilancio, invece che da amministrazione pubblica rivolta al guadagno sociale complessivo.

E questa conduzione è stata replicata ancor peggio nell’amministrazione dei servizi pubblici privatizzati formalmente per ridurli a feudi clientelari incontrollati di politici e partiti per sottrarre al controllo pubblico assunzioni, appalti ed azzardi finanziari. L’AcegasAps è stata ridotta così a passività tali da dover vendere beni, reti e servizi, cioè l’azienda stessa, mentre si continuavano a spartire anche illegittimamente compensi enormi agli amministratori di nomina politica, ed a negare invece ai cittadini poveri le dovute tariffe e politiche sociali sui servizi erogati. Si taglia cioè la luce ai poveri che non riescono a pagarla, mentre si danno, ad esempio, alla direttice generale compensi che le consentono di mantenere tenute e cavalli, e si finanziano squadre sportive ed altro.

Abbiamo un’emergenza di strategìa del lavoro a breve, medio e lungo termine, che è stata sinora ridotta con la stessa stupidità irresponsabile, e con dilettantisimi scandalosi, a risorse importanti ma qui insufficienti per l’occupazione di massa (turismo, istituzioni scientifiche, cultura, congressi) trascurando e lasciando decadere il motore storico e perenne di questa città, che è il Porto col suo doppio regime, quello doganale ordinario e quello straordinario di Porto franco internazionale. Al punto da compiere operazioni scandalose come tenere vuoto e degradato il Portofranco Nord (portovecchio) per giustificarne la consegna illegittima alla speculazione edilizia ed immobiliare.

Abbiamo un’emergenza ambientale gravissima, perché anche dietro e sotto l’aspetto ameno di Trieste e dintorni sono stati e vengono tuttora nascosti e sottovalutati inquinamenti molto gravi del suolo, del mare e dell’aria, ma le denunce relative ottengono poco seguito (tranne che in sede europea) mentre il ‘sistema’ locale tenta pure di ridurle al silenzio, oltre che a sottovalutazioni e prescrizioni penali. Eppure si va dalle discariche, abusive ed autorizzate, di inquinanti solidi e liquidi sul Carso, nelle zone industriali e persino a mare, sino ad inquinamenti dell’aria e dell’acqua come quelli dell’inceneritore e del depuratore comunale.

Abbiamo un’emergenza sanitaria, perché il degrado delle risorse ed energìe della città si riflette inevitabilmente anche sull’operatività ed il rango delle strutture di difesa medica ed ospedaliera, già in parte soggette anche a baronati e feudi politici nonostante, e contro, la volontà della maggioranza laboriosa degli operatori medici, paramedici ed amministrativi. Mentre aumentano le necessità geriatriche e quelle di dipendenza da droghe ed alcool anche nei giovanissimi.

Abbiamo un’emergenza a più livelli, di corruzione materiale, dolosa e colposa, che emerge dalle inchieste della Magistratura e dalle stesse nostre inchieste e denunce giornalistiche, nel 2010 a stampa ed ora in rete: dal cosiddetto ‘scandalo Dipiazza’, a vicende da chiarire attorno al piano regolatore, all’edilizia, agli appalti, alle svendite di beni pubblici, al porto stesso, agli inquinamenti, ad abusi nelle amministrazioni di sostegno, sino alle troppe impunità anomale di politici, appaltatori e quant’altri.

Abbiamo un’emergenza morale e culturale di pari importanza, resa evidente non solo dalle degradazioni amministrative già dette, ma anche dalla leggerezza empia e feroce con cui sono stati decisi, applicati e tollerati provvedimenti di esclusione e persecuzione contro i più poveri ridotti a vivere delle risorse di strada, e dall’irresponsabilità con cui vengono ancora espressi, propagandati e finanziati anche con denaro pubblico nazionalismi e razzismi vecchi e nuovi. Accompagnati dall’ignoranza ed indifferenza con cui vengono ancora distrutti o dispersi i nostri veri patrimoni residui d’identità, di memoria, e di solidarietà ed apertura tra di noi e verso gli altri.

Quest’elenco parziale delinea già compiti pesantissimi anche per ogni possibile buona volontà ed entusiasmo di sindaco, giunta, consiglio comunale e cittadini. Oltre che per i ruoli di ‘quarto potere’ attribuiti all’informazione ed ai suoi doveri di veridicità e indipendenza.

Ci sembra perciò non solo doveroso ma necessario che qui a Trieste, assieme al sollievo per i mutamenti avvenuti e gli altri possibili, incominciamo anche col darci tutti ? l’un l’altro ed al di sopra delle parti e dei ruoli ? maggiore credito, più speranza e molta attenzione critica positiva.

Paolo G. Parovel

© 17 Giugno 2011

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