La Voce di Trieste

Lo scrittore Ferdinando Camon, Trieste e le guerre del Novecento

di

Storia controversa

Il per altro bravo e coraggioso scrittore veneto Ferdinando Camon si è talora addentrato in questioni difficili della storia di Trieste e dell’Adriatico orientale sull’onda della storiografia ufficiale italiana invece che di quella europea, derivandone e diffondendo così in evidente buona fede anche degli equivoci madornali. Che vanno perciò rettificati.

Questa volta Camon ci propone a piena pagina sul giornale triestino Il Piccolo del 14 giugno la decisione della città di Udine di togliere l’intitolazione di una sua piazza al generale italiano del primo conflitto mondiale Luigi Cadorna perché responsabile d’averlo trasformato su questo fronte in una guerra al massacro inutile dei propri stessi soldati, subendo infine lo sfondamento di Caporetto e la ritirata sino al Piave.

 

Questa delegittimazione tardiva del solo Cadorna ha anche suscitato consensi in mezz’Italia. Ma è paradossale perché, come ovvio, lui condivideva quelle responsabilità di atroce conduzione macellaia della guerra con quasi tutto lo Stato maggiore, il re ed il governo italiani. Che dovrebbero venire dunque cancellati anch’essi con ignominia dalla toponomastica e dalle agiografie nazionali, dove Cadorna viene perciò celebrato come e quanto loro.

 

Ma il punto è che ora Camon estende volonterosamente la questione a Trieste, osservando che abbiamo anche noi un’intitolazione a Cadorna da togliere (la via parallela a quella dedicata al suo successore Diaz). Chiede infatti «Perché il nome di Cadorna resta presente anche nella toponomastica di Trieste? Anche Trieste è stata segnata a sangue dagli ordini e dalle direttive che Cadorna impartiva finché fu al comando supremo del nostro esercito durante la prima guerra mondiale. E lo fu sino alla disfatta di Caporetto. […] Sul Carso si combatterono numerose battaglie con la stessa tecnica […] attacchi frontali, i nostri soldati a scagliarsi contro le postazioni nemiche a ranghi compatti […]».

Una confusione di fatti e ruoli davvero formidabile. Perché come la storia europea annota, e quella italiana continua a nascondere, durante la guerra mondiale 1914-18 Trieste era da mezzo millennio (1382) città immediata della Corona d’Austria ed il 98% dei triestini, goriziani istriani, dalmati di lingua italiana, slovena, croata, tedesca ed altre, non combattè per la nuova monarchia nazionalista italiana, ma per quella antica ed europea degli Absburgo, pure distinguendosi per terra e per mare. Tranne i pochissimi irredentisti che passarono dall’altra parte.

In quelle “postazioni nemiche”, insomma, c’eravamo anche noi, a difendere casa nostra, soffrire e morire assieme agli altri popoli fratelli dell’impero, inorridendo anche per il modo atroce ed incomprensibile in cui i comandi italiani mandavano inutilmente al macello contro di noi i loro poveri soldati. Nostri fratelli anch’essi, e pure alleati sino al 1915. Ed a gridare loro in italiano di fermarsi per non doverli falciare a mucchi, senza sapere che non potevano anche perché spinti da tiratori addetti ad abbattere chi non avanzava.

Così per Trieste lo sfondamento di Kobarid-Karfreit-Caporetto del novembre 1917 non fu affatto una sconfitta tremenda, ma una vittoria provvidenziale e celebrata, che allontanò per un anno sino al Piave il fronte prima a ridosso della città. Facendo inoltre cessare i sanguinosi bombardamenti degli aerei italiani e francesi sulla città stessa e la sua popolazione civile, contrastati valorosamente sul golfo e sul Carso dagli idrovolanti dell’asso triestino dell’aviazione militare Gottfried von Banfield e della sua squadra di piloti, che includeva altri triestini.

Mentre l’intestazione anche a Trieste di una via al Cadorna è soltanto un aspetto minore dei cambiamenti della storia, della toponomastica e addirittura dei nomi e cognomi, che le nuove autorità italiane imposero dopo il novembre 1918 a queste terre plurinazionali per cancellarvi dalla vista e dalla memoria tutte le realtà diverse da quella nazionalista ufficiale. In un clima di repressione politica, etnica e culturale antiaustriaca ed antisloveno-croata, che come noto si estremizzò con lo squadrismo, il fascismo e la politica razziale che colpì gli ebrei, culminando con la seconda guerra mondiale ed il collaborazionismo nelle persecuzioni e stragi razziali, ed infine nel disastro delle componenti italiane delle popolazioni adriatiche orientali.

Le vecchie rivendicazioni ereditate così dal Novecento si stanno infine decantando ed esaurendo col progredire dell’unificazione europea ed a fronte ai nuovi e diversi problemi del mondo d’oggi. Ma il ripristino delle memorie e verità storiche cancellate o distorte rimane importante proprio per non costruire il nuovo su fondamenta culturali ed identitarie tuttora falsificate e fuorvianti.

Ci piacerebbe dunque che gli intellettuali italiani di valore come Camon approfondissero e testimoniassero adeguatamente anche queste nostre vicende.


© 15 Giugno 2011

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