La Voce di Trieste

Saggio finale del Corso per allievi attori

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Venerdì 17 giugno al Teatro Orazio Bobbio gli allievi del quarto Corso biennale per Allievi Attori dell’Accademia Teatrale Città di Trieste promossa dall’Associazione culturale la cantina affronteranno il saggio finale di recitazione sotto la direzione di Francesco Macedonio.

Se per il saggio conclusivo degli anni precedenti il regista e Direttore artistico del Teatro La Contrada aveva scelto Arthur Schnitzler e Anton Cechov, stavolta gli allievi si confronteranno con il grande teatro americano del ‘900.

Cinque gli autori scelti da Macedonio come banco di prova per i ragazzi: Edgar Lee Masters, Eugene O’Neill, Tennesse Williams, Irwin Shaw e Thornton Wilder. Seguendo un filo conduttore “noir”, legato al tema della morte, così come è stato affrontato da questi grandi scrittori, Macedonio crea lo spettacolo “C’era una volta in America”, suddiviso per quadri che possano mettere in luce le capacità espressive e recitative che i ragazzi hanno sviluppato nel corso di questi due anni di scuola. Macedonio propone un viaggio nel cuore dell’America borghese, puritana e provinciale della prima metà del Novecento, attraverso le pagine di alcuni fra gli autori che seppero raccontarla meglio.

Di Edgar Lee Masters verranno recitati alcuni brani tratti dalla sua opera più celebre, L’antologia di Spoon River, raccolta di poesie pubblicate sul Reedy’s Mirror fra il 1914 e il 1915 (e raccolte in un unico volume nel 1916), ispirata agli epigrammi sepolcrali greci. Attraverso le lapidi di un piccolo cimitero, l’autore compose un ritratto feroce della provincia americana, ipocrita e bigotta, mettendo alla berlina la ristrettezza di vedute delle piccole cittadine del midwest (dove aveva vissuto da ragazzo).

Sempre del 1916 è anche l’atto unico Prima di colazione di Eugene O’Neill, Premio Nobel per la letteratura nel 1936 e capostipite del teatro nordamericano (prima di lui, gli Stati Uniti non avevano alcuna tradizione teatrale, grazie anche all’ostracismo dei puritani). In questo monologo al femminile, quattro delle allieve si alterneranno nel ruolo della signora Rowland, moglie insoddisfatta e infelice che non fa che scagliarsi contro il marito e criticarlo per la sua assenza (anche scenica). Quando l’uomo si decide finalmente a rispondere ai continui rimbrotti della donna, lo farà nella maniera più inattesa e drammatica.

Considerato uno dei più grandi drammaturghi americani del XX secolo, Tennessee Williams porta in scena storie romantiche votate alla catastrofe e personaggi fragili perennemente esposti alla violenza del mondo reale. La sua prosa graffiante e disperata (che riflette un’infanzia difficile, stretta fra le nevrosi della madre, le critiche di un padre autoritario e conservatore e la schizofrenia della sorella) si ritrova anche in Proibito, breve atto unico dall’atmosfera inquietante e claustrofobica. Protagonisti del dramma due ragazzini che si incontrano su un terrapieno ferroviario, dove la ragazza, Willie, mette a nudo tutto il suo dolore per la perdita della sorella che cerca di emulare indossandone vestiti e trucco. Un viaggio nella vita, e nelle ferite che la vita sa infliggere, raccontato con la spietata sincerità dei ragazzi.

In aperta polemica contro la società borghese americana – e contro la guerra – fu anche Irwin Shaw, drammaturgo, sceneggiatore e scrittore. Fra le sue tante opere, Macedonio ha selezionato per i ragazzi dell’Accademia alcuni brani di un’opera del 1936, Seppellire i morti. Atto unico “pacifista”, Bury the dead mostra tutta la crudeltà e l’insensatezza della guerra, attraverso il racconto di alcuni soldati morti che si rifiutano di farsi seppellire e raccontano invece a chi è rimasto a piangerli quanto avrebbero voluto continuare a vivere, quante cose ancora avrebbero voluto fare e conoscere.

L’ultimo quadro di “C’era una volta in America” è tratto dal capolavoro di Thornton Wilder Piccola città. Scritta nel 1938, la commedia (che gli fruttò il secondo di 3 Premi Pulitzer) è una pietra miliare del minimalismo; l’autore descrive il senso della vita, monotona, immutabile, attraverso le vicende quotidiane degli abitanti di una piccola cittadina del New Hampshire, con i piccoli riti, la routine di ogni giorno, la scuola, i matrimoni e le morti che non turbano nessuno perché fanno parte dell’ineluttabilità dell’esistenza terrena. Con l’aiuto del “narratore”, elemento scenico che ricorre nelle opere di Wilder, riviviamo la storia di Emily, dalla giovinezza all’innamoramento, dal matrimonio alla morte per parto; e da morta la ragazza incarna la memoria e il rimpianto per la vita che fu.

A cimentarsi con i personaggi di Masters, O’Neill, Williams, Shaw e Wilder saranno gli 11 allievi del Corso 2009/2011 dell’Accademia Teatrale Città di Trieste: Sara Beinat, Anna Cappellari, Giulia Corrocher, Gessica De Marin, Enza De Rose, Marina Fresolone, Manuela Malatestinic, Zoe Pernici, Eva Tarabocchia, Lucrezia Tavernese Antichi e Andrea Tich. Il cast di “C’era una volta in America” si completa con l’amichevole partecipazione di due allievi diplomati degli anni precedenti, Andrea Germani e Francesco Paolo Ferrara, e di Kevin Fanelli, Simone Starace e Francesco Tribuzio.

Assistenti alla regia di Francesco Macedonio per questo impegnativo saggio finale di recitazione sono Francesco Imbimbo, Jessica Acquavita e Sara Zanni. Le musiche sono di Carlo Moser, le luci di Bruno Guastini e la fonica di Willy Rossetti.

“C’era una volta in America” – che gode del sostegno dell’Assessorato alla cultura del Comune di Trieste – sarà rappresentato venerdì 17 giugno alle 20.30 al Teatro Orazio Bobbio. L’ingresso è libero.

© 14 Giugno 2011

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