In treno con i viaggiatori serali (ciak 2)
di CGiacomazzi
Incomincia a fare veramente caldo e Treviso è tutto, fuorché una città ventilata. Il caldo qui ristagna ferocemente e si attorciglia ai vestiti, ai capelli e ti entra nel corpo surriscaldandolo senza pietà. E dopo una giornata passata in questa ridente cittadina, hai un grande desiderio di ritornare a Trieste, dove quasi sempre spira una brezza leggera che ti ritempra anima e corpo. E non dico questo per campanilismo, anche perché sono triestina d’adozione, ma semplicemente perché amo questa città così aspra e selvaggia ma anche così generosa e procace.
E’ l’imbrunire e sto per riprendere il treno per far ritorno a casa e come al solito é in ritardo e forse rischio di perdere la coincidenza a Mestre. Sembra incredibile, ma da quando ho iniziato ad usare le ferrovie dello stato, mi meraviglio sempre di come io riesca a tornare a casa ogni martedì. Scioperi, soppressioni, ritardi dei treni sono all’ordine del giorno. L’unico vantaggio del treno è che, rispetto alla macchina, ti permette di fare altro e allo stesso tempo ti apre al sociale, nel senso che se uno ha voglia di chiacchierare può sempre trovare qualcuno disposto a farlo.
Mi appresto dunque a salire in treno, quando, cercando un posto libero chi mi trovo di fronte? Il bel tenebroso che avevo incontrato qualche volta in inverno (leggi qui) e che io avevo chiamato Giuseppe e sul quale avevo imbastito una storia incredibile. Ma era un pezzo che non lo vedevo. Mi siedo titubante vicino a lui e apro il pc per iniziare a scrivere. Stranamente non sta dormendo ma è sveglio e pimpante, a differenza delle ultime volte che lo avevo incontrato e che se ne stava tutto ingrugnito per i conti suoi. Vicino a noi c’é una ragazza che parla ad alta voce al telefono senza soluzione di continuità. Ad un certo punto ci guardiamo e ci mettiamo a ridere. E lui sbotta rivolto a me: “Mi sembra davvero maleducato parlare a voce così alta e disturbare tutti quanti. Poi è sicuramente la classica tipa che appena arriva a casa va su fb”.
In quel momento avrei voluto diventare invisibile perché stava descrivendo proprio me, che dopo un’intera giornata passata fuori casa trova un certo piacere nell’aprire facciadilibro per leggere le ultime news.
Con faccia del tutto indifferente abbozzo un sorriso e rispondo: “Sinceramente anche a me dà un po’ di fastidio e non riesco nemmeno a concepire che uno metta in piazza gli affari suoi”. Così facendo gli do il là, perché da quel momento in poi non si ferma più. In realtà non si chiama Giuseppe, ma Peter e fa il PR a Venezia e organizza concerti di musica classica. Non è sposato, ma ha una compagna e una figlia di due anni e mezzo. Vive a Nova Gorica.
La tratta Mestre-Monfalcone non mi è mai sembrata così veloce. Tocchiamo gli argomenti più svariati, passando dalla geografia a tematiche sociali a problematiche relazionali. Ero incredula e stupefatta. Non avrei mai pensato che Gabriele, alias Peter fosse una persona così loquace e divertente.
Quando scende a Monfalcone ci salutiamo e ci diamo appuntamento al martedì successivo.
E’ passata una settimana e sono di nuovo sul treno che mi sta portando a Trieste. Oggi sono proprio stanca e l’unica cosa che veramente desidererei è di incontrare Peter e di fare due chiacchiere con lui. Salgo in treno speranzosa, convinta di trovarlo al solito posto. Ma lui non c’è.
Un crampo di pancia terribile che mi mozza il fiato, mi costringe ad andare in bagno e per farlo devo percorrere tutto il corridoio, che mi pare d’improvviso lunghissimo. Non ce la faccio più, sono piegata di due dal dolore. E chi trovo a metà scompartimento? Proprio lui Peter, che mi saluta con un sorriso e con uno sguardo pieno di sorpresa. E’ seduto vicino ad una ragazza e immagino che sia la sua compagna, quindi senza grandi discorsi lo saluto velocemente e mi defilo in bagno. Ci sto una vita. Sto davvero male. Non mi era mai successo in treno, ma si sa che c’è sempre una prima volta. Di ritorno lo rivedo di nuovo e questa volta è solo. Mi dice che mi aspettava ma che il posto in cui si metteva di solito era già occupato e di conseguenza si era spostato. Viene a sedersi vicino a me e mi dice che aveva portato il pc con le foto che aveva scattato in Scozia e che voleva farmele vedere. Purtroppo però siamo già a Monfalcone e c’è poco tempo.
Sembra sincero. Io però sono un po’ sospettosa e faccio un po’ fatica a fidarmi. Ma no, che cosa vado a pensare. E’ solo uno entusiasta della vita. Rimaniamo d’accordo per il martedì successivo: solito posto, solita ora.
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© 14 Giugno 2011