La Voce di Trieste

Trieste: il nuovo sindaco, gli assessorati e le collaborazioni italo-sloveno-croate

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Editoriale d’analisi

Si profila al Comune di Trieste ? sollecitata significativamente dal parlamentare ultranazionalista di destra Roberto Menia ? la candidatura del 77enne ex comunista istriano Stelio Spadaro ad assessore nella nuova giunta di centrosinistra Cosolini, per asseriti meriti che lo renderebbero adatto a curare le attività di collaborazione tra Italia, Slovenia e Croazia.

Le cose non stanno affatto così, ma all’esatto contrario, e per spiegarlo dobbiamo proporvi un’analisi adeguata.

 

Il male politico della superficialità

Il più dannoso e difficile da combattere tra i difetti della gran parte del mondo politico e culturale italiano non è, come spesso si crede, il malaffare, ma la superficialità. Perché non è reato ma consente corruzioni della democrazia molto più vaste e pericolose.

Consiste infatti nell’agire e ragionare sulle apparenze appunto superficiali dei fatti e dei problemi, senza verificarne doverosamente la rispondenza al vero. Accettandone cioè passivamente le  rappresentazioni che ne danno i titoli e servizi dei mezzi d’informazione dominanti: una specie di surf della politica e della cultura sulle ondate d’opinione pubblica generate dai media.

Che offre perciò visibilità facile e rendite connesse ma degrada a succubi opportunisti coloro che dovrebbero essere le guide attive e responsabili della società. È come se il capitano di una nave non la governasse secondo le necessità concrete, la rotta e le condizioni del mare, ma seguendo l’andamento delle chiacchiere di bordo.

Le conseguenze politico-culturali

Questo comportamento ha già conseguenze gravissime se le ondate d’opinione pubblica sono spontanee. Ma quando vengono invece generate e controllate apposta da manipolatori trasferisce di fatto il potere politico e culturale a costoro. E l’Italia ne è un modello tra i più drammatici.

Perché in questo Paese l’informazione libera e responsabile è solo una ridotta trincerata, per lo più in rete, dentro una massa soffocante di media in proprietà nemmeno di gruppi industriali, finanziari e politici. Condizionati a loro volta dal tipico tessuto trasversale italiano di poteri e riciclaggi tra mafie, settori fuori controllo dei servizi, massonerie irregolari, sette pseudo-religiose, parassiti politici ed imprenditori favoriti o ricattati.

È così che la libertà della grande stampa e radiotelevisone italiana si riduce a quella apparente del poter pubblicare anche le cose più invereconde, purché nel concreto si evitino o deformino alcuni argomenti rilevanti per gli interessi di quei padroni anomali. In una specie di circo mediatico fatto per intrattenere la gente in frivolezze ed idiozie promuovendo solo i politici e gli intellettuali che recitano le parti dei consenzienti o degli eretici autorizzati.

Il controllo sull’informazione

Quest’abuso spudorato della fede pubblica e della democrazia italiane ed i suoi protagonisti stanno sotto gli occhi di tutti. Ma la gran parte dei cittadini dubita egualmente che qualcuno possa esercitare davvero un controllo attivo e passivo complesso su una massa mediatica così vasta e varia.

Invece organizzare il controllo è semplice: basta imporre ai direttori una linea editoriale apposita, controllare attraverso qualcuno in redazione che la eseguano, e punire il direttore o giornalista che sgarra. Questo meccanismo richiede perciò un numero di addetti limitato e genera comportamenti di autocensura che lo facilitano. La testata sotto controllo finisce cioè per censurare od alterare anche spontaneamente le notizie sgradite ai padroni, o diffonderne le propagande, senza e spesso oltre le loro stesse richieste.

La storia dell’Adriatico orientale

Un modello perfetto di tutto questo l’abbiamo vissuto qui sulla pelle da vent’anni con pesanti manipolazioni nazionali a scopi di politica interna ed estera (leggi qui il dossier “Gladio 2”) dei lutti del Novecento che appartengono alla storia delle popolazioni e culture di Trieste e dell’Adriatico orientale.

È materia difficile e complessa da chiarire e superare, perché implica lunghi intrecci e catene causali di responsabilità italiane, tedesche, slovene, croate ed internazionali, di ideologie, di propagande, di servizi segreti e di strategìe regionali e globali, calati sul concreto delle emozioni, della carne e del sangue della nostra povera gente comune.

Ma proprio per questo doveva e deve essere trattata col massimo rispetto della verità, delle persone e del fatto che si tratta di cosa nostra e di un problema nostro umano, prima che storico, di cui abbiamo tuuto il diritto di non essere espropriati da strumentalizzatori politici e pubblicistici che ci trattano come colonia ed oggetto per le loro esibizioni d’ignoranze e pregiudizi.

Ed invece non solo è successo tutto questo, ma il circo politico e mediatico italiano continua a far passare costoro per benefattori e paladini della verità e della pacificazione, mentre non hanno fatto che ricalcare a pappagallo vecchie propagande interpretate a comodo di parte e di stampa. Creduti ed accreditati non solo all’ovviamente ignaro livello nazionale, ma anche dai surfisti locali della politica e della cultura che dovrebbero invece possedere le sensibilità e le conoscenze per reagire.

Le attività di Stelio Spadaro

Quest’accreditamento totalitario si deve in misura determinante ad attività specifiche di un vecchio uomo dell’apparato di partito comunista ed ex-comunista locale, Stelio Spadaro, che su questi temi ha promosso ed interpretato da Trieste, in crescendo dal 1989, una sorta di conversione della sinistra, propagandata come un superamento positivo dei nazionalismi e delle divisioni etnico-politiche verso una nuova fraternità internazionalista.

Quest’interpretazione positiva della sua opera è stata consolidata sino ai massimi livelli di Stato, facendo ringraziare lo Spadaro ed un suo consorte dal Presidente Napolitano nell’inerente discorso ufficiale del 10 febbraio di quest’anno, e viene ora utilizzata per spingere il nuovo sindaco di Trieste Cosolini ad assegnargli un assessorato, magari alla cultura.

È quindi ora che almeno il sindaco ed i suoi consiglieri si studino le analisi specialistiche disponibili sul problema ? il dossier “Gladio 2” era pubblico dal 2001 anche se sinora sotto censura stampa in Italia ? e si rileggano subito con sufficiente attenzione critica gli scritti superpubblicizzati dello Spadaro.

Si accorgeranno così che la sua attività storico-politica non è consistita affatto nell’asserita ed lodata rassegna pacificarice equilibrata dei fatti e delle ragioni delle parti italiana, slovena e croata, ma nel far adottare agli ex comunisti del PCI-Pds-Ds-Pd le tesi ed i pregiudizi del nazionalismo e dell’irredentismo italiano. E nello scaricare sull’ormai indifesa Resistenza slovena, croata ed italiana della defunta Jugoslavia anche responsabilità scomode documentate del partito comunista italiano del 1943-45, come quelle parziali nelle vicende delle “foibe” istriane e totali nell’eccidio di Porzùs.

In questo modo lo Spadaro e tutto un gruppo di politici ed uomini di cultura coinvolti nell’operazione hanno sbloccato da sinistra la trasformazione di quelle tesi di parte, prima controverse, in storia ufficiale di Stato. Ed a giustificazione notoria di politiche e rivendicazioni che non hanno seminato pace, ma nuove incomprensioni e rancori antieuropei tra le parti italiana, slovena e croata.

Il superamento di queste complicazioni è iniziato appena col concerto triestino plurinazionale di Muti davanti ai presidenti dei tre Paesi, voluto ed organizzato da altri che lo Spadaro ed il suo seguito politico-culturale, che insistono invece da anni per una cerimonia con cui sloveni e croati accettino implicitamente le tesi accusatorie del nazionalismo italiano.

Ed a questo scopo hanno anche respinto ufficialmente nel 1997, col sottosegretario agli esteri Fassino, il modello europeo di vera pacificazione concretato nella storica Dichiarazione congiunta ceco-tedesca di Praga, sinora significativamente inedita in italiano, e poi hanno delegittimato assieme alla destra l’equilibrata relazione storica ufficiale della Commissione di Stato italo-slovena (leggi qui).

Il sindaco si deve informare

In Italia ed a Trieste queste informazioni ed analisi sono rimaste sinora a livello specialistico soltanto perché i media nazionali e locali, anche di lingua slovena, non le hanno mai diffuse e discusse, appoggiando invece tutti le operazioni spadariane (costate inoltre al Pd la perdita di  molti consensi a sinistra, senza recuperarne a destra).

Si può quindi anche comprendere che con simile copertura disinformativa le persone d’altro mestiere, come il nuovo sindaco Cosolini e la quasi totalità dei politici locali, possano avere del problema soltanto le visioni errate e superficiali così diffuse.

Ma dal momento che abbiano incominciato qui a chiarire e documentare la realtà, Cosolini ed i suoi consiglieri politici hanno almeno il dovere di informarsene seriamente. E di scegliere con la massima accortezza i loro assessori destinati a curare dei rapporti internazionali.

Paolo G. Parovel

© 4 Giugno 2011

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