“Anima e iPad”
di C.S.
“ANIMA E iPAD” è il curioso titolo della conferenza che Maurizio Ferraris terrà giovedì 19 maggio, alle ore 17.30, alla Sala “Bobi Bazlen” di Palazzo Gopcevic in via Rossini 4, nell’ambito del ciclo “Il filosofo nella polis”, organizzato dal Comune di Trieste-Area Cultura e dal Dipartimento di Filosofia, Lingue e Letteratura dell’Università col contributo della Fondazione CRTrieste.
Che cosa c’entra l’anima con l’iPad? In apparenza – sostiene Maurizio Ferraris – niente: la prima è quella “fitta di rimorso” che ci avvisa che siamo vivi e coscienti, il secondo è l’assoluto tecnologico del momento. La prima la conosciamo, almeno di nome, da millenni, il secondo non c’era un paio d’anni fa, e forse fra pochi anni ci chiederemo: “iPad, chi era costui?” Tuttavia, questa strana coppia ha un’affinità profonda, e la tecnica, come in un corteo, porta alla ribalta una moltitudine di cose antichissime. Quali? Anzitutto la scrittura: tanto l’anima quanto l’iPad hanno memoria da vendere e sono dei blocchi su cui si legge, si scrive e si archivia. Sì, perché non solo il “pad” di iPad ci ricorda il blocco di carta gialla e rigata resoci familiare dai legal thriller, ma la più antica immagine dell’anima, da Platone a Freud, è stata quella della tavoletta di cera, gialla anche lei, la tabula su cui si scrive e si cancella. Questa scrittura, dentro e fuori della mente, è l’origine della coscienza e del mondo sociale.
Perché la scrittura è insieme base della realtà sociale (è impossibile pensare a una società senza una qualche forma di memoria, dal rito al computer passando per l’archivio e il portafogli) e base della nostra coscienza e del nostro pensiero, il cui spettro peggiore è proprio l’Alzheimer, la perdita della memoria vissuta come perdita del pensiero. Ecco perché la grande svolta tecnologica che ha caratterizzato gli ultimi trent’anni ha riguardato proprio la scrittura, e il suo emblema è oggi l’iPad.
Anima e iPad sono dunque gemelli, secondo Ferraris, e l’iPad quando è spento con il suo schermo lucido può servire come specchio per pettinarsi o rifarsi il trucco, quando è acceso con la sua memoria attivata diviene letteralmente lo specchio dell’anima.
Maurizio Ferraris (http://www.labont.it/ferraris) è professore ordinario di Filosofia teoretica nella Università di Torino, dove dirige il LabOnt (Laboratorio di ontologia). È editorialista de “La Repubblica”, direttore della “Rivista di Estetica” e condirettore di “Critique” e della “Revue francophone d’esthétique”. Fellow della Italian Academy for Advanced Studies in America e della Alexander von Humboldt Stiftung, Directeur d’études al Collège International de Philosophie, visiting professor alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi e in altre università europee e americane, ha scritto una quarantina di libri tradotti in varie lingue, tra cui Storia dell’ermeneutica (1988), Estetica razionale (1997), Dove sei? Ontologia del telefonino (2005, Premio filosofico Castiglioncello) e Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce (2009). Alla sua carriera è stato conferito nel 2008 il Premio Filosofico “Viaggio a Siracusa”, e il suo ultimo libro è Filosofia per dame (Guanda 2011).
© 18 Maggio 2011