La Voce di Trieste

Caso Alpi–Hrovatin: servizi segreti e “Gladio” nella percezione dei lettori

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Storia controversa ed attualità

Quanto abbiamo pubblicato il 12 aprile sulle zone d’ombra attorno alle indagini sull’assassino dei colleghi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nella Somalia del 1994, in relazione a Trieste ed all’ex Jugoslavia (leggi qui), continua a dar luogo a commenti di lettori, sia a voce che su Facebook, anche in relazione al video di un’intervista che circola su Youtube (vedi qui) e coinvolge i servizi segreti italiani, in particolare le strutture cosiddette “Gladio” e gli USA, senza però offrire informazioni precise.

L’argomento è delicato, perché le situazioni reali dei servizi e delle strutture più o meno segreti e dei loro rapporti non coincidono con i molti semplicismi consolidati in Italia dai media e da parti politiche favorevoli od ostili. E questo induce facilmente a commettere l’ingiustizia, e l’errore fuorviante, di confondere attività legittime e persone oneste con altre che non lo sono.

Il problema valutativo è complicato dal fatto che, a differenza da quanto accade nella gran parte degli altri Paesi, in Italia una gran parte delle sottostrutture, delle cellule operative e degli gli uffici ed imprese di copertura creati negli anni per operazioni dell’intelligence nazionale attraverso le sue varie articolazioni non vengono smantellati dopo che l’operazione è cessata, ma conservati in uno stato di ambiguità che li sottrae ai controlli ordinari che lo Stato ha, o può avere, sulle strutture operative ufficiali dei propri servizi.

Questi residuati sparsi fuori controllo sono inoltre così numerosi che anni fa l’intelligence statunitense ne aveva censiti oltre 700. Mossa da preoccupazione più che legittima per le operazioni e gli affari illeciti che i grovigli incontrollabili di questo genere tendono a compiere in proprio, ed al servizio di interessi particolari, facendo poi credere che siano strategìe di Stato, e possibilmente della CIA, perché così le sinistre ci cascano subito.

Ed è provato che in Italia quest’andazzo, oltre a generare e sostenere corruzioni e criminalità ordinaria ed organizzata, diventa fonte di destabilizzazioni interne ed internazionali ? anche qui sull’ex “confine orientale” ? pericolose per la democrazia italiana e per gli interessi euroatlantici.

In questa situazione non solo l’opinione pubblica, ma anche chi vive o commenta professionalmente in buona fede ed a vario livello le vicende italiane cade facilmente nel gioco delle disinformazioni e dei depistaggi correnti, finendo così per favorire paradossalmente le devianze che si vorrebbero eliminate. Ed il solo modo per evitarlo è la semplice regola universale del lavorare e ragionare con maggiore accuratezza ed imparzialità sui fatti, distinguendoli per prima cosa dai pregiudizi, dalle chiacchiere e dai luoghi comuni.

Il problema specifico sollevato dal video in questione è quello di “Gladio”, poiché si tratta di un nome improprio che viene usato in pubblico dal 1990 per definire, o più esattamente coprire, una quantità di cose italiane, sia lecite come la Stay Behind d’ambito NATO, sia illecite. Creando una pericolosa confusione depistante, che è stata purtroppo consolidata incautamente dalla gran parte degli scritti, discorsi e convinzioni correnti anche di buona fede, e spesso non compresa in alcune sedi d’indagine.

Come contributo di chiarimento sui fatti possiamo proporre qui due fonti analitiche controcorrente sinora poco note. La prima è un’analisi sulle strutture “Gladio” e Trieste già pubblicata nel 2010 sul nostro precedente settimanale d’inchiesta a stampa (prima che l’editore ce lo chiudesse con motivazioni contraddittorie). La seconda, è il dossier “Gladio 2”, che abbiamo pubblicato tra quelli a supporto della rivistazione interrogativa del caso Alpi-Hrovatin.

Buona e proficua lettura.

Paolo G. Parovel

© 18 Maggio 2011

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