La Voce di Trieste

Come l’acqua per gli elefanti

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La grande depressione americana è iniziata e il popolo comincia a tirare la cinghia. Si diffonde il panico, chi può mette da parte il denaro, altri scappano verso le grandi città.

La famiglia Jankowski, emigrata dalla Polonia, sembra neanche accorgersi della crisi, vive felice nella terra promessa che ha dato loro una casa, una fattoria e un figlio di cui essere orgogliosi. Mentre Jacob sta per sostenere l’ultimo esame universitario per diventare veterinario, i suoi genitori perdono la vita in un incidente stradale.

La solitudine non è l’unica sventura: per poter pagare la retta universitaria i genitori avevano ipotecato casa e azienda accumulando, inoltre, debiti con altre bance e creditori. Jacob è solo, senza casa, laurea o lavoro, ma trova la forza di andare avanti, letteralmente. Si mette in marcia verso la città, percorre la ferrovia a piedi e con in mano una valigetta con pochi effetti personali e nessun ricordo della vita passata.

Fortuna vuole che un treno gli passi davanti. Non si ferma, corre a gran velocità, decide di salirci, non pensa a dove vada. Afferra la scaletta, si arrampica a fatica e si getta di peso nel vagone.

Mai avrebbe pensato che su quel treno avrebbe trovato amici, lavoro e amore. Il circo dei fratelli Benzini faceva il giro degli Stati Uniti, di notte viaggiava in treno, la mattina arrivava a destinazione e subito metteva in scena la “stravaganza più stravagante” che il pubblico di bifolchi potesse mai vedere.August, l’impresario e domatore di artisti e animali, lo accoglie con riserve alternando nei confronti del giovane completa fiducia e furia repressa, che scatena quando scopre la relazione tra il giovane e sua moglie, la dolcissima Marlena, star della compagnia circense.

Il film comincia con uno sguardo al presente sull’invecchiato Jacob. Tornato in un circo per godere dello spettacolo che per anni ha portato in scena, comincia a raccontare della sua vita e così si apre il lungo flaschback di 100 minuti che travolge in un turbinio di sentimenti.

Pattinson ha ritrovato il volto pulito, da bravo e dolce ragazzo che aveva lasciato in Harry Potter e il Calice di fuoco. Non c’è nulla di vampiresco o gotico in lui; è il principe per eccellenza, il cavaliere del dopoguerra che non ha mai visto la fame, l’uomo che non riesce a macchiarsi di un delitto tanto atroce come l’omicidio, anche se è l’unica via.per salvare la sua amata. Questa, interpretata da Reese Witherspoon, è la stella equestre, l’animalista preda della violenza e del possesso del marito. Il doppiaggio e lo charm da donna matura, che all’occasione sa aquitare la schizofrenia del marito, fanno completamente dimenticare la bionda oca, ma intelligente, assetata di rivincita che anni fa l’aveva fatta conoscere a molti spettatori.

Ottima anche la prova dell’ex bastrado senza gloria Christoph Waltz, a tratti dolce e passionale marito, caritatevole datore di lavoro che accoglie giovani disperati come Jacob, il quale nomina addiritttura addestratore della sua nuova attrazione principale, l’elefantessa con la passione del wisky, Rosie. Ma tutto ha un secondo fine. The show must go on, sarebbe stato il suo motto, l’illusione il suo prodotto e Marlena il suo gioiellino intoccabile. Un’unica persona per tutte queste sfaccettature, un’unico male ma diffuso e radicato in ogni suo possibile aspetto.

Questo uno dei temi prediletti da Lawrence, che per la nuova opera, trasposizione cinematografica del romanzo di Sarah Gruen Acqua per gli elefanti, ha saputo indagare e far emergere l’animo dei protagonisti. Il melodramma circense tratta la potenza dell’illusione e la complessità del reale che c’è dietro l’apparenza: la donna cannone non pesa certo 3 quintali e mezzo, il leone non è pericoloso perché non ha neanche più un dente, Jacob non è un veterinario laureato e l’ippopotamo del numero preferito dai bambini che continuano a inscenare è morto da anni e conservato nella formaldeide.

Scontata la battuta finale, poco realistico il racconto della vicenda attraverso la voce del protagonista passato e decisamente forzati alcuni passaggi narrativi; difetti che presto si dimenticano nell’efficacissima conclusione, un video muto che rappresenta la vittoria del bene, la testimonianza concreta che dopo tanta sofferenza la gioia è inevitabile.

Francis Lawrence

Nasce a marzo del 1970 a Vienna, ma a tre anni si trasferisce a Los Angele dove suo padre insegna chirurgia alla California State University e sua madre lavora come PR per la V.P. Technology. Studia produzione cinematografica alla Loyola Marymount University Film School dove si laurea, ma già prima aveva iniziato a lavorare come assistente del regista in Pump Up the Volume di Allan Moyle, lavoro che ha continuato con Anton Vassil in Marching Out of Time del 1993. É grazie ai videoclip che raggiunge la fama, conosce così moltissimi artisti: Lady Gaga, Britney Spears, Avril Lavigne, Aerosmith, Janet Jackson, Jennifer Lopez, Destiny’s Child, Garbage, Gwen Stefani, Pink, Shakira, Missy Elliott, Green Day, Akon, Enrique Iglesias, Lauryn Hill, Melanie C., Ricky Martin, Whitney Houston, Nelly Furtado, Lil’ Kim, Pharrell, Backstreet Boys, Alanis Morisette, Natalie Imbruglia, Go Go Dolls,  Will Smith, Michelle Branch, Justin Timberlake e Snoop Dogg.

Successivamente realizza anche spot pubblicitari per aziende come Coca-Cola, L’Oréal, Calvin Klein, Pepsi-Cola, Maybelline, Kid’s Footlocker, Bacardi, McDonalds, GAP e Disneyland. É con questi suoi lavori che si guadagna l’attenzione delle Majors che lo promuovono come regista dandogli in mano un lavoro non poco impegnativo, la trasposizione cinematografica del fumetto Hellblazer di Alan Moore, Jamie Delano e Garth Ennis intitolata Costantine. La  pellicola del 2004 ma uscita nel 2005 ha un cast di tutto rispetto (Keanu Reeves, Rachel Weisz, Shia LaBeouf e Djimon Hounsou come attori principali) e anche il risultato non è male dal punto di vista creativo, scenografico e della fotografia, però vale a Lawrence la definizione di “mediocre regista di videoclip che azzecca belle inquadrature ma non sa legarle insieme”.

Tre anni dopo la prima fatica cinematografica gli viene affidata la sceneggiatura di Io sono leggenda, altra trasposizione tratta dall’omonimo romanzo di Richard Matheson. La storia dell’ultimo uomo al mondo, l’eroe, la leggenda appunto, non è nuova al pubblico che già nel 1964 aveva visto L’ultimo uomo sulla Terra di Sidney Salkow e Ubaldo Ragona, poi 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra diretto da Boris Sagal. Lawrence cerca di dare una nuova forma alla trama di Matheson togliendosi anche un sassolino dalla scarpa e facendo ricredere la Warner Bros, che non nascondeva di prediligere Ridley Scott alla regia: sceglie Will Smith come protagonista affiancandolo a Alice Braga e creando una scenografia pazzesca, surrealista.

Anche qui la critica non lo elogia, anzi, ne addita la mancanta introspezione dei personaggi e una bassa tenuta narrativa, ma come spesso accade il pubblico non concorda.

 

Reese Witherspoon

Nasce nel 1976 in Louisiana, ma trascorre i primi anni nella Repubblica Federale Tedesca con il padre, Dr. John Witherspoon, medico a servizio delle Forze Alleate, e la madre, Betty Reese, infermiera pediatrica. Tornata negli Stati Uniti cresce con un’educazione episcopale vista la diretta discendenza con John Witherspoon, ecclesiastico tra i firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza, nonché uno dei fondatori dell’Università di Princeton.La sua carriera inizia a 7 anni con diversi spot commerciali; due anni dopo entra in un corso teatrale per soli adulti e a 12 anni, nel 1988, viene ingaggiata da un’agenzia di moda.

Dopo aver penato per persuadere il padre, riesce a partecipare al provino per L’uomo della luna, film del 1991 diretto da Robert Mulligan che la vuole come protagonista. Ancora minorenne si cimenta nel ruolo di una ragazza malata di leucemia in Desperate Choices: To Save My Child di Andy Tennant che la conferma agli esperti i quali cominciano a considerarla una Meryl Streep in miniatura.

Per la serie bella e brava, conquista anche i suoi docenti e coetanee dell’istituto femminile Harpeth Hall School, dove viene chiamata “miss perfezione”: ginnasta, scout e capo cheerleader e anche a casa la chiamano “miss 10 e lode”, nome che,  poi dà alla sua casa di produzione, la Type A. Una volta diplomata si iscrive all’Università di Stanford per studiare letteratura inglese, ma a causa dei diversi lavori d’attrice deve abbandonare gli studi. I ruoli che ricopre sono diversissimi, ma per la prima nomination ai Golden Globes come Best Actress deve aspettare Election (1999), commedia satirica tratta dal romanzo di Tom Perrotta.

Nel 2001 arriva la seconda candidatura grazie all’esilarante interpretazione della Barbie in carne e ossa de La rivincita delle Bionde cui segue Tutta colpa dell’amore (2002) di Andy Tennant. Basta alle nomination senza gloria: dopo La fiera della vanità, dove viene diretta dalla regista indiana Mira Nair e Se solo fosse vero di Mark Waters, arriva il Golden Globe e anche l’Oscar come migliore attrice grazie al ruolo della musicista country June Carter nel biografico Quando l’amore brucia l’anima.

Nel 2006 è nella favola moderna Penelope, l’anno dopoindossa i panni di una donna alla ricerca del marito in Rendition – Detenzione illegale, nel 2008, oltre ad essere la protagonista di Four Christmases, recita anche nella commedia Tokyo Suckerpunch e nel 2010 interpreta una ragazza bisognosa d’affetto contesa da Owen Wilson e Paul Rudd in Come lo sai.

 

Robert Pattinson

Anche lui diventato famoso grazie alla saga di Harry Potter, interpretando Cedric Diggory il bel diaciassettenne ucciso da Voldemort alla fine del torneo Tremaghi in Harry Potter e il Calice di fuoco. Da mago a vampiro (un pò cresciuto) diventa il protagonista maschile di Twilight il fantasy-gotico diretto da trasformandosi in un simbolo del cinema fantasy contemporaneo diretto da Catherine Hardwicke. A 15 anni è già un attore fisso della compagnia Barnes Theatre Company di Londra dove cerca di mettere in mostra le sue doti recitative ispirandosi a Jack Nicholson e musicali suonndo pianoforte e chitarra).

Nel 2004, dopo essersi presentato a tanti provini, viene scelto per una piccola parte in Vanity Fair di Mira Nair, ma la maggior parte delle scene in cui compare vengono tolte in fase di montaggio. Poco male, visto che lo stesso anno appare in Tv come uno dei protagonisti de La saga dei Nibelunghi di Uli Edel, concentrato sulla lotta tra il bene e il male in un mondo fantastico.

L’anno successivo è quello decisivo; viene scritturato da Mike Newell ed entra a far parte del cast di Harry Potter e il Calice di fuoco e viene premiato con una notorietà internazionale “macchiata” dal fascino adolescenziale che lo fa diventare un idolo delle ragazzine. Per i due anni successivi si dedica alla televisione, dove partecipa ai film tv The Haunted Airman e The Bad Mother’s Handbook, ma poi torna, seppur non in carne ed ossa, in Harry Potter e l’Ordine della Fenice (2007) diretto da David Yates.

L’anno seguente partecipa al cortometraggio The Summer House di Daisy Gili, è il protagonista della commedia How to Be di Oliver Irving e si trasforma nel pittore Salvador Dalì in Little Ashes che racconta le vite di Dalì, Gabriel Garcia Lorca e Luis Buñuel. Da un ruolo intenso e tratto dalla realtà a quello intrigante e fantastico di Twilight tratto dal romanzo omonimo di Stephenie Meyer, in cui interpreta un vampiro vegetariano innamorato di una sua coetanea che deve difendere dalla fame di altri vampiri. É sempre nei panni del vampiro Edward nei seguiti New Moon e Eclipse, ed è in attesa di girare anche il quarto ed ultimo capitolo, Breaking dawn diviso, come l’ultimo episodio di Harry Potter, in due parti e distribuito nei cinema tra il 2011 e il 2012.

Tra una pausa e l’altra dal set della saga vampiresca ha interpretato un ribelle in Remember me concedendosi anche a due attamenti: Maupassant, Bel Ami e Come l’acqua per gli elefanti.

 

Christoph Waltz

Nasce e cresce a Vienna e sin da piccolo desidera proseguire il mestiere dei nonni, attori teatrali. Studia recitazione al Max Reinhardt Seminar della capitale, spostandosi poi a New York per specializzarsi al Lee Strasberg Theatre and Film Institute. I primi lavori sono tutti teatrali, sui palcoscenici di Zurigo e Salisburgo ma riscuote enorme successo anche nella Tv tedesca dopo aver partecipato a fiction dirette da Reinhard Schwabenitzky: Der Einstand (1977), Parole Chicago e Feuer! Del 1979. Dopo il film per la televisione Dr. Margarete Johnsohn di Dagmar Damek, debutta al cinema nel ruolo di Tristano nel film di Veith von Fürstenberg Feuer and Schwert – Die Legende von Tristan und Isolde.

Tornato al piccolo schermo continua a partecipare a telefilm come Un caso per due (1985), Lenz oder die Freiheit (1986), L’Ispettore Derrick (1986-1988), Il Commissario Kress (1986-1990) e appare in qualche puntata de Il Commissario Rex del 1996. Lavora anche in film americani come Un perfetto criminale (2000) di Thaddeus O’Sullivan e nella pellicola fantasy She (2001), ma la sua grande occasione arriva con la pellicola Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino, accanto a Brad Pitt, Eli Roth, Michael Fassbender e Diane Kruger. Grazie a questo ruolo vince la Palma d’Oro come miglio attore al Festival di Cannes e vince anche il premio Oscar nella categoria Miglior Attore Non Protagonista.

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© 14 Maggio 2011

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