La storia dell’Adriatico orientale ed i ruoli dei servizi segreti
di PGParovel
Storia controversa – commento
La pubblicistica storico-politica italiana sulle vicende dell’Adriatico orientale durante la seconda guerra mondiale ? Trieste inclusa ? è assai vasta, in aumento anche grazie a generose sovvenzioni pubbliche ed ampiamente pubblicizzata sui quotidiani nazionali, a cominciare dal locale Il Piccolo. Ma si limita per lo più alla riproposizione variamente elaborata di propagande nazionali d’epoca senza una verifica effettiva delle fonti in italiano ed in inglese che usa, e senza accedere adeguatamente ? per ignoranza linguistica degli autori ? a quelle in tedesco, sloveno e croato-serbo.
Ha però anche due altre anomalìe gravi meno evidenti: ignora totalmente i ruoli dei servizi segreti dell’epoca, anche se molti loro archivi segreti sono ormai accessibili, ed abusa spesso di loro documenti.
La prima è inaccettabile, perché in queste regioni operavano contemporaneamente i servizi segreti politici e militari tedeschi, italiani, partigiani ed alleati, con livelli elevatissimi d’infiltrazione territoriale e reciproca, intrecci e giochi multipli che condizionavano profondamente eventi e vite.
Il risultato di quest’omissione è una storiografia di sola superficie che equivoca anche grossolanamente le cause dei fatti, senza nemmeno distinguere i civili uccisi perché agenti o delatori segreti (volontari o constretti, e di norma all’insaputa dei famigliari) di uno più servizi da quelli che furono solo vittime della guerra, delle fazioni e di crimini comuni.
Mentre l’abuso di documenti dei servizi, frequente in articoli, saggi e libri italiani che passano per attendibili, consiste nel citare ed accreditare come vere, a sostegno di una qualche tesi, informative d’archivio dei servizi propri od altrui rinvenute, o presentate, senza i rispettivi riscontri di veridicità ed autenticità.
Con risultati di confusione inammissibile tra documenti falsi ed autentici, informazioni e disinformazioni, attività informative e di propaganda, che intossica letteralmente le pubblicazioni, ed con esse la pubblica fede.
Ogni storico vero dovrebbe infatti saper bene che in qualsiasi servizio segreto professionale tutte le informative devono venire sottoposte a verifiche di attendibilità incrociate e sufficienti. Rimanendo sino a quel momento in valore di ipotesi e sospetto di falso.
Questa regola deve dunque valere anche nell’indagine storica per la valutazione di qualsiasi informativa rinvenuta senza i riscontri. Peggio ancora se anonima, cioè priva anche degli identificativi di copertura usati per limitare i falsi non identificabili dal servizio ricevente.
Il risultato di tutto questo è appunto una valanga di pubblicazioni che invece di ricercare seriamente la verità rifrigge e trasmette fra le generazioni proprio quei vecchi fardelli disinformativi di ostilità e pregiudizio dei quali ci si dovrebbe ormai liberare. E risulta anche funzionale ad operazioni politiche attuali come quelle di cui al dossier Gladio 2 che abbiamo già pubblicato.
Lo potete comunque verificare facilmente riesaminando personalmente sotto questi profili alcune delle pubblicazioni correnti, pure di fama, sulla storia del ‘confine orientale d’Italia’. Senza più dimenticare che è sempre stato anche il confine occidentale degli altri.
Paolo G. Parovel
© 3 Maggio 2011