La Voce di Trieste

A Montedoro un enorme deposito sotterraneo militare di carburanti abbandonato e pericolosissimo, lo denuncia Greenaction Transnational

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Fra Trieste, Muggia e Dolina si sviluppa, suddivisa fra questi tre Comuni, una dorsale collinare panoramica allungata detta perciò di Monte Longo – Dolgo brdo (ed impropriamente di Montedoro) che collega il ciglione carsico dal castello di San Servolo – Socerb al mare presso Zaule-Zavlje, sovrastando le valli terminali dei piccoli fiumi carsici della Rosandra-Glinscica da un lato, e dell’Ospo-Osp dall’altro.

Nei secoli passati questa dorsale era perciò anche una delle vie di collegamento principali tra l’entroterra ed il mare, testimoniata da una carraia antichissima, da reperti protostorici, romani, medievali, e da una chiesetta dell’Ordine di San Giovanni subentrato su queste strade ai Templari. Nella sottostante valle di Zaule si tenevano i tornei, e sul monte combattè anche una famosa battaglia fra Triestini da parte imperiale e Muggesani da parte veneta. Le due valli ospitavano colture rigogliose, e verso mare delle saline anch’esse antichissime, con zone palustri d’importanza naturalistica europea.

 

Oggi il panorama rimane straordinario anche se le due valli sono state ridotte negli ultimi cinquant’anni a zone industriali degradate con interramenti zeppi di materiali inquinanti che ne impongono la bonifica quale S.I.N. (Sito inquinato d’interesse nazionale), ed il colle è stato eroso al margine verso mare da un eccesso di costruzioni, e su quello meridionale da un orrendo bastione cementizio costruito per un supermercato. L’area sotto il versante settentrionale è occupata dai depositi di carburante dell’Oleodotto transalpino (TAL) gestito dalla SIOT, ed a mare è in via di bonifica l’area dell’ex raffineria Aquila-Total. Ma la gran parte della dorsale collinare è rimasta un luogo incantevole di prati e boschi, con qualche ruscelletto ed alcune attività agricole e pastorali. Un’oasi, insomma.

Se non fosse che in una sua area abbastanza vasta spuntano qua e là sommersi dal verde rigoglioso anche degli sfiatatoi e pozzetti, affiorano tubature e si diffondono miasmi dei quali curiosamente nessuno parla, dà spiegazioni o si preoccupa. Nemmeno le autorità preposte alla sicurezza ed alla salute pubblici.

Farebbero invece bene a muoversi, e d’urgenza: per capirlo basta il video girato da Greenaction Transnational, il cui presidente Roberto Giurastante (infaticabile segugio, autore anche del libro sul malaffare a Trieste Tracce di legalità ed oggetto di non poche ritorsioni e minacce) ha scoperto ed ora denunciato che là sotto si cela in realtà una rete stragica militare nascosta e “dimenticata” di depositi di carburanti, estesa per chilometri con gallerie blindate, condutture interrate o mimetizzate in superficie ed una ventina di cisterne per almeno 30 milioni di litri di combustibili.

Questa rete sotterranea risulta realizzata come deposito stategico segreto nel 1941, in vista dell’aggressione militare italo-tedesca alla Jugoslavia, e mantenuta a lungo nel dopoguerra. Ma è certo che dopo dismessa nessuno ha provveduto alla sua messa in sicurezza ed al risanamento dei luoghi: come bene documenta il video di Greenaction, i pozzetti e le gallerie sono rimasti pericolosamente accessibili, emergono tubature dal terreno e, peggio ancora, dagli sfiati delle cisterne e da alcuni pozzetti continuano a fuoruscire vapori e miasmi asfissianti di idrocarburi, segnalando che non sono stati nemmeno adeguatamente svuotati i depositi e le tubature, esposti inoltre a corrosioni e perdite crescenti per vetustà ed assenza di manutenzioni.

La situazione di pericolo gravissimo per le persone, le cose e l’ambiente è quindi evidente in sè, sia per i miasmi, l’inquinamento da idrocarburi ed i rischi d’incendio ed esplosione connessi, sia per l’esistenza dei pozzetti e delle gallerie accessibili, che possono anche intrappolate persone e animali, od ospitare attività illecite.

Ma in quell’area, classificata come agricola, risulta passare nel sottosuolo inquinato del vecchio sistema di depositi di carburanti anche l’acquedotto comunale di Muggia, in alcuni punti delle gallerie militari si osservano perdite d’acqua corrente e va dunque accertato se provengono da vene sotterranee o dalle tubature dell’acqua potabile.

L’esistenza nascosta di un pericolo simile per la sicurezza e la salute pubblica abbandonato a sé stesso è gìà uno scandalo grave a carico delle autorità civili e militari tenute a provvedere: Comuni di Trieste, Muggia e Dolina, Provincia di Trieste, Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, Ministeri della Difesa, degli Interni, dell’Ambiente, e per le responsabilità la magistratura ordinaria e quella militare.

Ma va anche ad aggiungersi ad una serie già abnorme di inquinamenti tollerati, consentiti od addirittura promossi a Trieste e provincia dalle autorità locali con discariche pluridecennali di enormi volumi di rifiuti tossico-nocivi: nelle due zone industriali e nel porto, negli interramenti a mare di Barcola e Muggia (Acquario), nelle grotte e doline del Carso (Comuni di Trieste e di Duino-Aurisina), dove le ha documentate un anno fa anche il National Geographic (gennaio 2010, lo trovate qui alle pag. 4/5) con un servizio di Fabio Dalmasso. Un sistema di smaltimento a beneficio di interessi illeciti, dunque, sul confine nordorientale come nel meridione del Paese.

Stabilire le responsabilità ed i retoscena di questi crimini pubblici e privati è compito della Magistratura, mentre il nostro giornale si associa anche a questa pubblica denuncia di Greenaction Trasnational per chiedere alle autorità responsabili di provvedere immediatamente all’accertamento doveroso delle pericolosità segnalate ed alla messa in sicurezza quanto più tempestiva dei luoghi. E magari a spiegare all’opinione pubblica perché non lo hanno fatto prima.

P.G.P.

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© 26 Aprile 2011

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