La dittatura della corruzione in Italia, ed a Trieste
di Direttore
Editoriale
Come sapete, il nostro giornale non prende parte politica né elettorale perché riteniamo che il dovere della vera stampa indipendente sia un altro: quello di osservare, commentare ed indagare i fatti e le opinioni nell’interesse legittimo della gente. Cioè delle persone e della società, e con spirito di giustizia. Ed ora è giusto denunciare con chiarezza che l’Italia, e con essa Trieste, sono governate da una nuova forma di dittatura. Diversa da quelle politico militari perché non usa le armi, ma i mezzi d’informazione, i legami trasversali e l’occupazione fisica del potere: è la dittatura della corruzione.
Una dominazione dunque violenta nella sostanza ma non nella forma, perché conserva quella della democrazia svuotandola dall’interno. E così confonde l’attenzione critica sviando da sé anche l’indignazione che la prepotenza armata invece si attira.
La vera corruzione dominante non è però la proliferazione visibile del malaffare impunito, ma quella che lo genera e consente: la perdita della consapevolezza e misura del vero e del falso, del bene e del male, del diritto e dell’abuso, del merito e della vergogna. La radice è globale: vent’anni di riflusso etico disordinato dal confronto d’ideali universali della guerra fredda, comunque praticati. Dall’ordine immaginato, dunque, al caos interiore.
Ma quello che ne è cresciuto in Italia è così palesemente abnorme, e noto alle cronache nazionali ed estere, che non merita più nemmeno l’analisi: dai comportamenti del capo del governo a quelli di ministri, parlamentari, opposizioni, gerarchi ed attivisti locali, sino alle condiscendenze ed inerzie di popolo e alle crescite di mafia. Ed il tutto in miscele sempre più esplosive.
Anche se osservando bene quel caos ne emerge un filo conduttore tenuto significativamente nell’ombra: l’attuazione graduale silenziosa del piano di cosiddetta “rinascita democratica” (qui in allegato) di Licio Gelli, animatore di reti clientelari ed eversive pseudomassoniche tipicamente italiane come la sua P2, che sono imaste ben rappresentate nella politica e nei governi italiani, inclusi l’attuale e personalmente il suo premier.
Quanto a Trieste, il quadro locale replica esattamente quello nazionale di dittatura della corruzione, ed all’indagine emergono anche qui malaffari quasi incredibili per natura, immunità e coperture. Noi li stiamo perciò accertando e denunciando ormai da un anno, con seguito crescente e non poche peripezie, mentre alcuni spuntavano già dai romanzi ambientati di Heinichen, ed ora li affronta coraggiosamente di petto anche Paolo Rumiz sul Piccolo.
Ma delle corruzioni locali sono prova impressionante anche le incredibili, corali vaghezze sconclusionate dei programmi e discorsi di quasi tutte le liste ed i candidati alle imminenti elezioni comunali e provinciali di Trieste. Come le tre scimmiette qui in illustrazione (noi cittadini saremmo la quarta, inorridita) sembrano non voler vedere, sentire e rivelare né i malaffari dei loro colleghi, né le necessità reali della gente. Quasi vivessero su un altro pianeta.
Settimane addietro noi abbiamo provato perciò a riportarli sulla terra formulando su quelle necessità essenziali un programma minimo comune che qualsiasi politico di buona fede può e dovrebbe condividere. L’abbiamo perciò conservato in prima pagina, e lo potete anche leggere qui. Ma quasi nessuno di loro ha ancora dato risposte che meritino il voto degli elettori.
Siccome non pubblichiamo propagande elettorali, abbiamo anche promesso a tutte le liste uno spazio informativo eguale e gratuito dove ciascuna possa presentare alla pari i propri impegni verso gli elettori, in base al primato delle idee invece che degli iscritti, dei soldi e delle propagande. Ma poiché non siamo nemmeno disposti a sprecarlo per ambiguità e stupidaggini evasive, lo struttureremo su un nostro modulo di domande chiare, fisso ed eguale per tutti, centrato proprio su quei problemi essenziali della città: lavoro (e portofranco), assistenza sociale, sanità e casa.
Incomincino dunque a pensarci, perché noi renderemo evidente ai lettori anche se qualcuna delle liste non vorrà rispondere, e magari il perché.
Paolo G. Parovel
© 23 Aprile 2011