La Voce di Trieste

Il polo portuale di Trieste e Capodistria fra geografia europea e ricatti di Roma

di

Analisi

Leggiamo in questi giorni interventi e lamentazioni dei politici veneti e friulani, di maggioranza ed opposizione, perché la Commissione Europea intenderebbe ‘deviare’ il terminale dell’asse di traffico Baltico-Adriatico (Corridoio 23) su Capodistria invece che sui porti del Nordest italiano. Ed i protestatari sembrano voler parlare anche a nome e nell’interesse di Trieste.

Geografia amministrativa e reale

Nel migliore dei casi costoro hanno ancora in mente la vecchia immagine geografico-amministrativa della nostra città-porto come piccola appendice isolata di quel loro Nordest, e nel peggiore stanno facendo semplicemente gli interessi dei porti delle loro regioni. Ma noi abbiamo il dovere di dire con chiarezza che non sono affatto i nostri, non lo sono mai stati, e lo saranno ancor meno nella nuova Europa dai confini finalmente riaperti col nostro vero entroterra, che non è il Nordest Italiano, ma la Mitteleuropa attraverso la Slovenia ed appunto sino al Baltico.

L’orientamento di Bruxelles si fonda infatti sulla percezione ovvia e realistica della geografia fisica ed economica europea, nella quale l’asse Baltico-Adriatico ha sempre avuto come termine naturale  il vertice del golfo di Trieste. Secondo appunto la geografia e con linee di traffico che risalgono nei tempi sino a quelli preistorici delle selci e dell’ambra. Ed oggi all’Europa questo terminale si presenta servito da un polo portuale sdoppiato in breve spazio su Trieste e Koper-Capodistria.

Dove però l’Italia strangola da decenni il porto di Trieste ed il suo regime di zona franca a favore dei propri porti peninsulari, mentre la Slovenia sviluppa attivamente il suo unico porto di Capodistria assieme ai partner mitteleuropei ed internazionali. Se dunque l’Unione Europea punterà tra i due solo sul porto di Capodistria, sarà soltanto perché e finché Roma blocca quello di Trieste, e ne impedisce la simbiosi appunto con Capodistria.

Trieste non ha perciò alcun interesse, se non contrario, ad un spostamento europeo innaturale ed antiecoonomico, che potrebbe essere perciò solo politico, dell’asse Baltico-Adriatico su Friuli ed il Veneto ai quali non appartiene. Ed è esattamente a questo spostamento che mira già il progetto cosiddetto ‘Unicredit’ per deviare ed attrezzare preventivamente su Monfalcone i traffici principali di Trieste.

Ma di questi tentativi non dobbiamo rimproverare i politici ed imprenditori friulani e veneti, che fanno semplicemente il loro dovere per la propria gente. Sono quelli triestini che tradiscono vergognosamente la propria appoggiando queste manovre per inettitudini evidenti sino alla stupidità, o perché Roma in cambio li mantiene al potere locale perdonando loro anche le corruzioni. Ed è per questo che andrebbero cacciati tutti da qualsiasi incarico pubblico.

La vicenda del Corridoio 23 è anche l’ultima delle evidenze rovinose dell’aggiogamento in un’unica amministrazione regionale delle due gravitazioni e funzioni naturalmente divergenti del Friuli e di Trieste. Che andrebbero perciò rese autonome, a mutua liberazione, almeno con la formula del Trentino; ma razionalmente, cioè senza seguire i furbastri e gli sprovveduti che favoriscono il divide et impera romano devìando gli autonomismi triestino e friulano su indipendenze ormai fuori tempo e su astii e pregiudizi conflittuali reciproci.

 

Ricatti romani e ‘disattenzioni’ del governo sloveno

Sullo sviluppo del polo portuale Trieste-Capodistria incombe anche il problema che i governi della Slovenia sono stati troppo spesso disattenti nei rapporti con Roma. Che a questo scopo coltiva sin dal 1991 un vero e proprio clan di disinformatori a Lubiana e da Trieste (leggi qui il dossier Roma Connection). E queste disattenzioni hanno sempre avuto risultati negativi sia per Lubiana che per Trieste e Capodistria.

Adesso è la volta dei due rigassificatori, uno a terra ed uno in mare, che Roma vuole imporre a Trieste semparalizzandone attività e sviluppo del porto con un altro traffico povero (dopo quello dei petroli), che dà il massimo ingombro ed impatto ambientale con lavoro minimo e rischio abnorme: i rigassificatori e le enormi navi gasiere sono gli impianti più pericolosi, per devastazioni in caso di incidente od attentato, dopo le centrali nucleari.

Buona parte dei progetti è anche provatamente taroccata, ma la connivenza della quasi totalità dei politici locali inetti od equivoci, di maggioranza ed opposizione, e perfino di parte degli imprenditori, rimane sfacciata. Al punto che tentano di far inghiottire pian piano il rospo alla città sostituendo le consultazioni popolari di legge con costose campagne di propaganda sui media.

Ed in questo modo hanno sottoposto gli oppositori locali ad una tale compressione politico-mediatica che ha la difesa di Trieste dipende ormai dalla determinazione con cui la Slovenia si oppone tenacemente, attraverso le valutazioni d’impatto transfrontaliere previste dalle norme europee, ai rischi di sicurezza ed ai danni ambientali che i due rigassificatori riverserebbero anche sul suo territorio terrestre e marittimo.

Per rimediare Roma ha provato a tagliar corto con Lubiana dicendo che, Europa o no, imporrà comunque gli impianti. E tentando di screditare la resistenza della Slovenia col diffondere da Trieste ? attraverso il quotidiano ed il WWF locali ? la notizia falsa che il governo sloveno si opporrebbe solo per mollare in cambio di un rigassificatore proprio a Capodistria. Ma questo ha solo irrigidito l’opinione pubblica ed il governo sloveni.

Allora è partita una manovra di ricatto sui progetti di ampliamento a mare del porto di Capodidistria: se gli sloveni insistono a bloccare i rigassificatori, la parte italiana lo bloccherà  esprimendo parere negativo in base agli stessi obblighi europei per la valutazione d’impatto transfrontaliera.

Questa manovra è iniziata adesso con due pareri negativi, uno dell’amministrazione comunale di Trieste e l’altro del WWF, cui ne seguirà uno dell’amministrazione regionale. Intendiamoci: dal punto di vista ambientale le osservazioni proposte meritano considerazione. Ma riguardano impatti che, a differenza da quelli dei rigassificatori, non si riverserebbero affatto dalla parte italiana del confine terrestre e marittimo.

E quindi non possono venir proposte in valutazioni d’impatto transfrontaliere, ma nel normale dibattito ambientalista generale, transconfinario ed interno alla stessa Slovenia. Dove la voce degli ambientalisti è inoltre vivace, democraticamente ascoltata e già organizzata al di sopra dei confini da Alpe Adria Green, cui partecipa per Trieste e l’Italia Greenaction Transnational.

Per conformazione terrestre e marittima dei luoghi non vi è infatti simmetria di impatti reciproci tra il vallone chiuso di Capodistria ed il golfo terminale aperto di Trieste, né per opere portuali progettate, né per i rispettivi traffici marittimi. I nostri hanno cioè impatti rilevanti sulla parte slovena, ma non inversamente. Ed è davvero strano che il governo sloveno attuale non lo abbia ancora fatto presente: non se n’é accorto, o continua ad essere disinformato da quelle fonti slovene troppo amiche di Roma?

In ogni caso, è interesse primario di Trieste che il tutto venga chiarito meglio e prima possibile, anche perché l’obiettivo di Roma è, come al solito, doppio. Questa manovra di ricatto non punta infatti soltanto ad imporre i rigassificatori a Trieste, ma anche ad innescare per ritorsione un parere ambientale negativo della Slovenia sui progetti di ampliamento del porto di Trieste (analoghi e molto più impattanti) paralizzandoli ambedue.

Cioè paralizzando proprio l’associazione operativa dei due porti che costituiscono assieme il terminale naturale di quell’asse europeo Baltico-Adriatico che Roma vorrebbe invece spostato su Friuli e Veneto.

E chi a Trieste, ma anche a Lubiana, non ha ancora capito queste semplici evidenze dovrebbe incominciare a svegliarsi prima che sia troppo tardi. Quanto al fatto che noi siamo i soli a pubblicare queste analisi ed informazioni per Trieste, è un altro discorso.

Paolo G. Parovel

© 18 Aprile 2011

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