La Voce di Trieste

“Dyalma Stultus da Trieste a Firenze”

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Le testimonianze e le opere del grande pittore triestino

S’inaugura giovedì 14 aprile, alle ore 16.30, nella sala conferenze dell’Archivio di Stato di Trieste (via La Marmora,17) la mostra documentaria Dyalma Stultus da Trieste a Firenze, promossa dall’Archivio di Stato in occasione della XIII Settimana della Cultura e dedicata al pittore noto a livello nazionale e internazionale per il magico equilibrio fantastico della sua raffinata figurazione pittorica d’inclinazione novecentista.

Introdurranno l’evento  il direttore dell’Archivio Grazia Tatò, coordinatrice scientifica della rassegna; Pierpaolo Dorsi, soprintendente archivistico per il Friuli Venezia Giulia, e Luca Caburlotto, soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia. Presentazione critica dell’architetto Marianna Accerboni, curatrice della mostra per la parte artistica, ordinata per la parte archivistica da Chiara Artico.

La rassegna rimarrà visitabile fino al 30 aprile (orario lunedì e giovedì 12.30 – 17.30 / martedì, mercoledì, venerdì e sabato 9.00 – 13.30).

L’esposizione propone una selezione di un centinaio di preziosi documenti provenienti dall’Archivio fiorentino del pittore Dyalma Stultus (Trieste, 1901 – Darfo, Brescia, 1977), composto da circa 3.000 pezzi, per la maggior parte inediti, e recentemente acquisito dall’Archivio di Stato grazie alla disponibilità delle figlie Selma, Marina e Nada. A corredo dei documenti vengono presentati 15 importanti e significativi oli su tavola, già proposti in passato in prestigiose sedi espositive, 8 tra bozzetti e spolveri per affreschi di grande grazia e bellezza, del tutto inediti, e 3 raffinati e vivaci piatti in ceramica ideati e realizzati a Rodi nel ‘31: opere eseguite tra il 1921 e gli anni settanta, che rappresentano con la loro poetica bellezza, il talento e la grande abilità tecnica del Maestro, l’evoluzione del suo linguaggio e l’equilibrata ricerca artistica condotta da Stultus nel corso del novecento.

Il materiale archivistico esposto è composto da documenti personali, lettere, fotografie, libri, cataloghi, riviste, manoscritti autobiografici e lettere autografe del pittore e di importanti personaggi, tra cui il Principe di Torre e Tasso, per il quale Dyalma arredò e decorò alcune parti del castello di Duino, i pittori Felice Carena, Edmondo Passauro e Gianni Brumatti, il celebre chirurgo triestino Pietro Valdoni, gli scultori Asco e Ugo Carà, il giornalista e scrittore Giulio Caprin, la poetessa Lina Galli e il germanista inglese e poeta Benjamin Joseph Morse; e da attestati che testimoniano la presenza di Stultus ad appuntamenti artistici internazionali, quali per esempio le Biennali veneziane e le Quadriennali di Roma, o il suo rapporto con istituzioni come il Circolo Artistico Triestino, di cui divenne socio onorario nel ’53.

Tra le opere esposte compaiono alcuni oli di esemplare importanza per comprendere il suo itinerario artistico, come Case a Sable (1933), Castagnaccio (1943), Prova di canto (1946), Scampagnata (1952), Nada che scrive (1953), Scherzo in riva all’Arno (1954), Tronchi (1968) e L’autoritratto (1973), fino al preludio all’inclinazione di Stultus verso il linguaggio dell’astrazione fantastica, compendiato da cenni d’ispirazione surreale e metafisica ed evidenziato nel dipinto intitolato Pietre (1970).

 

“Simbolo della rassegna – scrive Accerboni – è il piccolo disegno del ’76 stilato dall’artista a penna  e matita su carta e intitolato Le nostre mani, che rappresenta la sua mano intrecciata a quella della bellissima moglie Norma Aquilani, la sua musa, cui fu profondamente legato per tutta la vita.

In mostra la felice narrazione di Stultus si palesa in tutto il suo magico equilibrio fantastico, in cui la realtà tende, attraverso l’accentuarsi della luce e della bellezza del paesaggio, del ritratto e della natura morta, a un ideale di perfezione estetica e interiore, che traluce dalla serenità dei volti e dei luoghi e si collega alla purezza primitivista di Giotto e a quella rinascimentale del ‘300 e del ‘400, quasi che Firenze, città d’origine della moglie dove visse dal ’41 in poi, e la sua cultura artistica fossero doppiamente nel suo destino, intrecciate anche alle istanze dell’arte nordica e del realismo magico o fantastico: i tratti pittorici si palesano precisi, curati nei particolari e definiti nello spazio, la scena è immobile, quasi incantata e sospesa, mentre i protagonisti vivono una situazione di classicità assorta, in Stultus però mai inquietante.

In tali raffigurazioni l’artista, bellissimo d’aspetto e dolcissimo di natura, anche se di carattere fermo, permane raffinato autore di un lessico pittorico colto e venato di un delicato accento poetico, che trasfigura la realtà della cose nell’ambito di un ritorno all’ordine, in cui i motivi di un sobrio simbolismo si fondono con afflati e sospensioni lievemente metafisici in una poetica di sublimazione del quotidiano”.

 

© 13 Aprile 2011

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