La Voce di Trieste

Laggiù, sotto la cintura

di

“Facendone un peccato, il cristianesimo ha fatto molto per il sesso”. Anatole France (1844- 1924)

 

L’accessorio che circonda il girovita, la cintura, raramente svolge la presunta funzione di sostegno del capo d’abbigliamento inferiore (gonna o pantalone), compito assolto altrettanto bene da screditate bretelle, spalline o straccali. Più spesso è un oggetto decorativo, di varia foggia e materia, concepito per completare ed esaltare l’eleganza dell’indumento.

Sottaciuta, invece, la sua mansione di “linea di confine” fra l’alto e il basso, la ragione e l’istinto, il lecito dall’illecito, il consentito dal tabù. Se la divisione verticale, tra destra e sinistra anatomica, non ha risvegliato il particolare interesse degli antropologi culturali, maggiore attenzione è stata dedicata alla metà inferiore del corpo.

Nella storia occidentale, meno in quella orientale, la demarcazione ha subìto, nel tempo, fasi alterne di indulgenza o inflessibilità e, al pari di uno stato straniero, ha visto aprire o chiudere le sue frontiere, a seconda del clima di tolleranza in atto. C’è da fare una premessa essenziale sulla “regione di sotto”: accoglie un organo ambivalente che non ha comparazioni con gli altri per valore simbolico.

Fegato (un pensiero a Prometeo), ghiandola pineale (esaltata da Cartesio) e soprattutto cuore (sempre attuale),  hanno conosciuto periodi di particolare successo, ma nulla a che vedere con le valutazioni alternanti e appassionate che hanno investito il sempreverde  apparato riproduttivo. La duplice, ondeggiante quotazione è il riflesso del suo doppio ufficio: procreativo e ricreativo.

Sul primo, quasi ridondante, si sono espressi tutti a favore. Emblema di potenza, prosperità e fortuna, causa la sua indubbia utilità nella propagazione della specie (caldamente raccomandata dalla Bibbia Genesi 1:26-29), riscosse, per i medesimi motivi, uguale successo presso la totalità dei popoli antichi. Reputata, a giusto titolo, fonte naturale di energia benefica e insostituibile, si prestò, al pari dei grandi fenomeni della natura (sole, mare, vento, vulcani etc.), ad essere deificata. A scanso di equivoci sulla forza rigenerativa, l’uomo immaginò (difetto e diletto tuttora operante) membri mostruosi affibbiati a creature altrettanto mostruose.

Gli iperdotati dei, l’egizio Min, il mesopotamico Enki, il fenicio Kmul, l’indiano Shiva (il linga è addirittura sostitutivo della figura), il romano Priapo, traduzione del greco Pan, senza contare i monumenti, come gli obelischi o i sassi di Cuzco (Perù), riconducibili a immagini falliche, sono espressioni di generalizzato, devoto apprezzamento per tanta grazia.

Processioni e festività (falloforie) venivano indette allo scopo di portare in giro, fra il tripudio dei fedeli, enormi falli benauguranti; chi voleva una buona sorte individuale usava portare al collo o al polso amuleti fallici, antenati del famoso cornetto napoletano.

Mentre la concezione olistica orientale stilava libri sull’amore sessuale (Kamasutra) e il Tao indicava, sacralizzandole, le migliori posizioni amatorie, in Occidente, durante il regno dell’imperatore Tiberio (42 a.C.- 37 d.C.), dei marinai, che costeggiavano un’isola dell’Egeo, udirono un grido agghiacciante: “Il grande dio Pan è morto” (da Plutarco).

La festa si poteva dire finita. I nuovi regolatori della morale separarono senza indugio l’utile (sopportato) dal futile (condannato): il gioioso satiro, mezzo uomo, mezzo capro, si tramutò in demonio, l’orgoglioso pene in “verga del diavolo” (Anselmo d’Aosta) e “membro corrotto” (Agostino di Tagaste); Tertulliano, particolarmente ispirato, puntualizzò che ogni orgasmo eliminava un pezzo di anima.

A partire dal Trecento, accantonate le astinenze (e le paure) medievali, riprese quota il divertimento licenzioso narrato nelle pagine del Decamerone. L’atmosfera goliardica, prima della chiusura repressiva attuata da papa Paolo IV (1555-1559), culminò con i Sonetti lussuriosi (1526) di Pietro l’Aretino. Nuovo giro di vite: Inquisizione (santa) e censura (di libri) furono gli strumenti adottati per un rigido controllo sociale. Niente deroghe e lassismi, né tanto meno indulgenze a favore di comportamenti sessuali poco edificanti, da restringere urgentemente al solo “dovere” generativo.

Anche gli splendidi affreschi della Cappella Sistina subirono la debita sanzione.

Il pittore Daniele da Volterra, detto il Braghettone, fu convocato d’urgenza per rivestire le nudità (1565) del Giudizio Universale. Parole, pensieri, opere, riattraversarono il confine sotto lo sguardo accusatorio di fanatici doganieri: la zona sotto la cintura tornava ad essere impraticabile.

Con molte cautele ed opportuni appoggi di protettori illuminati (papi compresi), gli artisti barocchi riuscirono a concedersi qualche licenza. La statua marmorea, l’Estasi di S.Teresa d’Avila del Bernini (1598- 1680), considerata uno dei capolavori del XVII secolo e destinata a far scuola, ritrae una donna in balia ad un deliquio mistico. Maliziosi critici, di sicuro esperti del “campo” d’oltrecortina, notarono subito che il bellissimo volto, con gli occhi chiusi e le labbra dischiuse in un gemito, era segnato da godimento intenso, riferibile in modo equivoco tanto al piacere spirituale  (l’erotismo sacro di Bataille), quanto a quello carnale. In più, quel paffuto cherubino, stranamente somigliante a Cupido, in atto di colpire con un dardo la santa, rievocava (lapsus freudiano!) remote e rimosse, raffigurazioni erotiche.

La contaminazione tra i piani alti (spirituali) e quelli bassi (istintivi), angustiò e inquieta ancora oggi, solerti moralisti impegnati a mantenere, nell’artificiosa  ripartizione del corpo, un pretestuoso “ordine” etico.

Sta di fatto che l’Amore, indecifrabile e poliedrico, qualunque sia il suo oggetto (sacro o profano), qualsiasi sia la sua declinazione (platonica o sensuale), qualsivoglia la sua inclinazione (etero od omosessuale), resta un sentimento universale e indivisibile, forse l’unico a dare piena consistenza (e qualche speranza) all’essere umano. Cinture (ideologiche) permettendo.

 

Allegato 1: Afrodite, Eros e Pan. Museo Archeologico di Atene.

Allegato 2: Daniele da Volterra (1509-1566) trasformazione a colpi di scalpello e pennello di S.Biagio e S.Caterina d’Alessandria. Giudizio Universale.

Allegato 3: Gian Lorenzo Bernini Estasi di S.Teresa d’Avila (1647-1652)

Allegato 4: Estasi di S.Teresa d’Avila (particolare)

© 11 Aprile 2011

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