Porto Franco internazionale di Trieste: le disinformazioni, le rapine e le difese
di Direttore
Spiace davvero che tra due organi d’informazione di Trieste con ruoli differenti: di cronaca il quotidiano monopolista Il Piccolo, e d’inchiesta noi con i nostri già oltre 10.000 lettori, vi siano conflitti non di legittime opinioni, ma di verità e completezza delle notizie. Ovviamente non per volontà dei colleghi dell’altra testata, dato che dipende da una potente struttura proprietaria coinvolta nelle politiche, quella dell’Espresso, mentre noi abbiamo il privilegio di essere liberi (e poveri).
Accade così che noi stiamo sostenendo da soli e con una linea d’informazione chiara e completa il rilancio del Porto Franco internazionale di Trieste (leggi qui le nostre inchieste e denunce), mentre il Piccolo ed il resto dei media assecondano con ambiguità ed omissioni informative coloro che in Italia ne attuano lo strangolamento graduale. Con risultati di copertura disinformativa tali che la gran parte della nostra gente non sa più cosa sia il Porto Franco, e non si è nemmeno accorta negli anni di come sia stato svuotato apposta il cosiddetto Porto Vecchio.
E non si tratta di questioni accademiche o di principio (né di fantasie su Expo, acquari e simili) ma concretissime: qui ci stanno rapinando alla truffaldina decine di migliaia di posti di lavoro potenziali, decisivi per il futuro della nostra città ed anzitutto dei nostri disoccupati e dei giovani. Che a Trieste abbiamo lo stesso diritto e dovere d’altrove di difendere con la massima energìa.
Il motivo delle operazioni di rapina è, da sempre, che il nostro regime di zona franca portuale, articolato in cinque Punti Franchi, è troppo concorrenziale per gli altri porti italiani che sono tutti a regime doganale ordinario. Ed ora gli esecutori politici locali stanno tentando l’eliminazione dei 70 ettari di Punto franco del Porto Vecchio, destinandolo illegittimamente a speculazioni immobiliari per toglierne la cinta doganale con provvedimenti di diritto italiano ordinario che possano poi essere applicati anche ai Punti Franchi del cosiddetto Porto Nuovo.
Il ruolo d’appoggio attuale degli organi d’informazione acquiescenti consiste nel propagandare le tesi di copertura di queste operazioni per mantenere l’opinione pubblica tranquilla ed inerte, facendole addirittura ignorare o ritenere superato il nostro Porto Franco (mentre gli altri prosperano in tutto il mondo) e pensare che le istituzioni nazionali italiane abbiano diritto e titolo esclusivo ed assoluto a deciderne. Credenze dunque del tutto erronee, coltivate per nascondere e far dimenticare una realtà giuridica, politica ed economica esattamente opposta.
Il nostro Porto Franco, che ha generato la stessa città-porto moderna di Trieste, ha infatti tre secoli di continuità giuridica perfetta ed ininterrotta di diritto interno ed internazionale. Iniziata con la sua proclamazione nel 1719 entro il contesto austriaco cui siamo appartenuti dal 1382 al 1918, e proseguita nell’ordinamento del qui subentrato Regno d’Italia, sino al Trattato di Pace di Parigi del 1947 fra l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Grecia, Cina, India, Brasile, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Polonia, Ucraina, Bielorussia, Unione Sovietica, Etiopia, Sudafrica, Canada, Australia, Nuova Zelanda).
Il Trattato (allegato VIII) ha dato status giuridico internazionale al Porto Franco di Trieste come struttura di libero servizio per tutto il commercio internazionale, l’Italia, la Jugoslavia e gli Stati dell’Europa Centrale, creando inoltre (art. 21) un apposito nuovo Stato marittimo indipendente sotto garanzia specifica delle Nazioni Unite: il Territorio Libero di Trieste – T.L.T., inclusivo della costa adriatica orientale dalle foci del Timavo a quelle del Quieto-Mirna.
Le sue amministrazioni provvisorie alleata, jugoslava ed italiana mantennero perciò la garanzia del regime di Porto Franco internazionale, cui venne infine obbligata l’Italia col Trattato italo-jugoslavo di Osimo del 1975, che spartì in sovranità tra i due contraenti l’incompiuto TLT, e senza consultarne la popolazione. L’Italia è divenuta così attuatore vincolato dell’istituzione giuridica internazionale del Porto franco di Trieste ? poi riconosciuta anche dall’Unione Europea ? con l’obbligo di dargli corso nel proprio diritto interno, e ferma restandone la continuità con l’ordinamento austriaco originario.
Il vincolo attuativo internazionale dei Trattati, ambedue in vigore, impone quindi all’Italia di attuare il regime di Porto Franco internazionale di Trieste, ma non le consente di modificarlo o sopprimerlo autonomamente. E la continuità storico-giuridica del nostro Porto Franco dal 1719 giustifica contemporaneamente la richiesta di sue specifiche autonomie funzionali nello stesso ordinamento italiano.
Mentre sono rimasti titolari del vincolo internazionale del 1947 da un lato i Paesi firmatari del Trattato (o loro successori) e le Nazioni Unite, singolarmente e collettivamente garanti e beneficiari del Porto Franco internazionale, e dall’altro i cittadini dell’intero ex Territorio Libero, che in quanto tali hanno titolo ed interesse legittimo primario al privilegio ed alla risorsa economica del Porto franco. E col passaggio di sovranità del 1975 sono divenuti in parte cittadini della Repubblica Italiana, ostile di fatto al Porto Franco di Trieste, ma per il resto cittadini delle attuali Repubbliche di Slovenia e Croazia.
Cioè di due Stati che hanno già titolo proprio ad utilizzare anch’essi liberamente il Porto Franco internazionale di Trieste quali membri delle Nazioni Unite e successori della Jugoslavia, contraente di ambedue i Trattati specifici vigenti. Tenendo anche conto che quello di Osimo ha costituito un nuovo Punto Franco condiviso e tuttora inattuato tra le aree comunali e di servizio dei porti italiano di Trieste e sloveno di Koper-Capodistria, che mutandone l’ubicazione potrebbe diventare uno strumento prezioso di collaborazione transfrontaliera.
Quello che i politici, le autorità ed i media locali tentano dunque di nascondere e far ignorare per conto di Roma è che il porto di Trieste non è affatto un relitto storico, ma ha uno status di diritto portuale internazionale ed interno complesso, attuale ed adatto ad investimenti straordinari proprio per i suoi vantaggi unici di zona franca. Che l’Italia per propri interessi ostili può certamente tentar di soffocare o sopprimere con provvedimenti interni, esposti però ad essere vanificati in qualsiasi momento da ricorsi presentati in sede nazionale ed internazionale da qualsiasi Paese interessato o da semplici cittadini dell’ex Territorio Libero.
I quali possono essere non solo attuali cittadini italiani di Trieste ‘traditi’ da Roma, ma anche cittadini sloveni e croati, in proprio o con la tutela delle rispettive Repubbliche. Perché la conservazione e lo sviluppo del Porto Franco di Trieste non implicano nemmeno una ricostituzione del TLT in danno ai tre Paesi, e di fatto irrealizzabile, ma soltanto il legittimo esercizio attuale di un privilegio economico di diritto internazionale condiviso, in attuazione di interessi geoeconomici naturali comuni e coerenti con gli interessi ed i principi costitutivi dell’Unione Europea.
È proprio per impedire questa convergenza d’interessi allo sviluppo economico internazionale del Porto Franco di Trieste che Roma continua anche, attraverso le sue comparse politiche locali ed i media controllati, a voler mantenere la nostra città in isolamento psicologico dal suo entroterra sloveno, croato e complessivamente mitteleuropeo con pretesti di ‘patriottismo’ politico ed economico sempre più anacronistici.
Nell’imminenza di nuove elezioni amministrative la dominanza politica di questa linea operativa deteriore è riemersa proprio attraverso il Piccolo da dichiarazioni convergenti di autorità locali e candidati sindaci e presidenti provinciali, di centrodestra e centrosinistra. E persino con una strumentalizzazione di dichiarazioni dell’illustre esperto Romano Longobardi, che è invece assolutamente favorevole alla conservazione rigorosa, cui ha contribuito a suo tempo in maniera decisiva, ed al massimo rilancio del Porto Franco internazionale di Trieste.
Coloro che insistono con questo gioco politico e disinformativo forzandovi i media locali soggetti ed imponendo provvedimenti illegittimi, inclusa l’urbanizzazione del Porto Vecchio, sembrano dunque non capire che si troveranno comunque inesorabilmente bloccati da ricorsi internazionali e nazionali, separati o congiunti, di noi cittadini europei italiani, sloveni e croati di Trieste, del Litorale e dell’Istria che abbiamo pari titolo a presentarli.
Sappiano dunque che ci stiamo già organizzando, anche a scorno e vergogna dei troppi politicanti d’ogni colore che continuano a parassitare questa nostra città senza saperla o volerla nemmeno difendere. Mentre il gruppo editoriale dell’Espresso dovrebbe decidersi a spiegare perché continua ad imporre al quotidiano locale di assecondarli, invece di condividere questa vera battaglia europea per Trieste.
© 2 Aprile 2011