“L’ideologia friulana”: esce la nuova edizione
di PGParovel
A Trieste si parla molto spesso, in positivo o negativo, del Friuli e dei Friulani senza in realtà conoscerne affatto la storia e la cultura. Eppure ne esiste una vasta letteratura accessibile, soprattutto in italiano e friulano ma anche tedesco e sloveno, e dal punto di vista linguistico non bisogna dimenticare che prima dello sviluppo della nuova Trieste attorno al punto franco l’antica parlava un ladino tergestino affine al friulano, così come quello di Muggia.
Il filone principale e più classico degli studi storici ed antropologici friulani rievoca soprattutto le antiche condizioni di formazione dell’identità linguistica, la tradizione religiosa e statuale del Patriarcato di Aquileia, col suo antico Parlamento e la sua vasta influenza, anche a Trieste ed al quale appartenne Muggia sino al 1420, quando venne abbattuto ed occupato da Venezia, e la lunga resistenza popolare e letteraria alle deculturazioni veneziana e poi italiana, per il riconoscimento dell’identità di lingua e di popolo.
La critica di questa visione prevalentemente storiografica si è concretata in particolare nel libro di Tito Maniacco “L’ideologia friulana” (Kappa Vu Ed.) che si è invece addentrato negli aspetti economici e sociologici della vita del popolo, attraverso l’analisi dei mezzi e rapporti di produzione, dell’alimentazione, del prezzo dei grani e dei salari, della resa dei prodotti agricoli, della difficoltà di introdurre innovazioni, delle fatiche, delle malattie, dei riti, delle feste, delle rivolte e infine delle forme sfruttamento dall’interno, e non solo dall’esterno della società friulana.
La seconda edizione del libro, integrata da nuovi scritti ed altro, è stata presentata il 24 marzo ad Udine, presso la Casa del Campo, da Marina Giovannelli, Giuseppe Mariuz, Alessandra Kersevan e Guido Crainz. L’incontro è stato anche occasione per ricordare Tito Maniacco, che come scrive Mariuz nella postfazione al libro, essendo “intellettuale di gramsciana memoria, spaziava con lucidità e passione in vasti campi della cultura evitando quell’accademismo specialistico che rischia di chiudere l’orizzonte; era stato poeta, narratore, storico, pittore, politico, ma anche critico d’arte e di letteratura, maestro e antropologo, ammesso che si possano così riassumere e distinguere i suoi interessi e la sua produzione, che erano innanzitutto impegno per la sua terra e la sua gente.”
© 23 Marzo 2011