Inquinamento luminoso a Trieste
di PGParovel
Il Comune di Trieste e la concessionaria Acegas-Aps spa stanno procedendo con la sostituzione graduale delle lampade d’illuminazione stradale ordinarie con quelle Led a basso consumo. Dopo Barcola sono arrivate a Roiano, e si spera che l’operazione proceda non solo in maniera rapida e razionale, ma anche a costi normali. Cioè non gonfiati.
Ma è da anni che la politica d’illuminazione pubblica del Comune e della società concessionaria controllata spreca somme ingenti di denaro pubblico, e pure con danni ambientali, con due pratiche assurde: l’eccesso evidente di luci, che va ad ingrassare senza motivo i fornitori dei manufatti e ricambi, elettricità e manutenzioni (la stessa Acegas-Aps), ed il tenerle accese senza necessità. Il che non è questione di opinioni, ma di semplici parametri e calcoli d’illuminazione ottimale per copertura ed intensità (né troppo poca, né troppa, dove e quanto occorre) che qualsiasi tecnico del settore deve saper fare.
L’esempio più scandaloso sono le Rive, dove Dipiazza ha fatto mettere lampioni tre volte più numerosi del necessario, come numero di pali e luci, e con un effetto kitsch così volgare e pacchiano che non si comprende se e come la Soprintendenza possa avergli approvato quest’eccesso. Ma ci sono anche le illuminazioni notturne inutili delle facciate di edifici e monumenti, che andrebbero semmai riservate a momenti e manifestazioni specifici.
I danni ambientali sono quelli dell’inquinamento luminoso, che sembra essere concetto ancora conosciuto ai nostri amministratori, così come i suoi rimedi pratici e le prescrizioni normative che pure esistono anche da noi. Ma in merito non ricordiamo nemmeno interventi significativi degli ambientalisti.
Che cos’è l’inquinamento luminoso
L’inquinamento luminoso è l’alterazione dei livelli di luce (e quindi di oscurità) naturali dell’ambiente notturno, dovuta all’illuminazione artificiale delle attività umane. Ed è un problema non da poco, perché è sui livelli naturali di luce/oscurità della notte che si sono sviluppati attraverso milioni di anni gli equilibri biologici ed ambientali delicatissimi ed interdipendenti della vegetazione e degli animali a tutti i livelli, dal micro- al macroscopico.
E si tratta di interazioni ambientali così complesse che per ogni squilbrio, grande, o piccolo, non siamo in grado di calcolare con certezza se e come potrà venire assorbito senza problemi, o se metterà in moto una catena di squilibri che sommando effetti locali può anche moltiplicarsi sino a livello globale, o comunque catastrofico.
É evidente che non possiamo rinunciare del tutto all’illuminazione notturna delle strade pubbliche, ma occorre calibrarla con doverosa attenzione sulle esigenze di quell’equilibrio funzionale, riflesso anche nella definizione giuridica corrente dell’inquinamento luminoso come “ogni irradiazione di luce diretta al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, ed in particolare verso la volta celeste“.
Per render conto del livello di gravità raggiunta ormai del problema pubblichiamo sono sufficienti le due foto satellitari notturne allegate, una dell’Europa ed una centrata sulla penisola italiana con visibile anche la chiazza luminosa di Trieste. Ne risulta evidente come attraverso pochi decenni di sviluppo ignorante e sregolato stiamo devastando anche il buio notturno naturale del nostro pianeta.
Dal quale dipende, più esattamente, l’equilibrio dei cicli vitali giorno-notte (circadiani) delle piante, degli animali e dell’uomo, ma anche l’orientamento e spesso il cibo e la capacità di fuga dal pericolo dei volatori, camminatori e nuotatori notturni, guidati da recettori appositi e delicati. La cui sensibilità massima nell’uomo risulta ad esempio coincidere con la parte blu dello spettro luminoso visibile, che è appunto quella notturna. Suggerendo verifiche proprio sulle lampade stradali a Led, la cui forte componente blu può creare alterazioni maggiori di quelle al sodio a bassa od alta pressione.
Danni e rimedi
I danni che l’inquinamento luminoso reca agli esseri viventi, e con essi all’ambiente, consistono dunque nella deregolazione dei sistemi biologici, che si traducono anche in danni economici indiretti di varia gravità per le produzioni agricole e la sanità. Ma vi si aggiungono uno spreco enorme di risorse ed il danno scientifico all’astronomia, che almeno per gli strumenti ottici ha bisogno di cieli notturni scuri.
E vi sono pure i danni psicologici e culturali dell’attenuazione o scomparsa della visibilità naturale della profondità stellata del cielo notturno, che è per gli umani un elemento ancestrale d’equilibrio, di percezione spirituale simbolica e di conoscenza: le nostre difese principali dall’alienazione urbana e consumista che ci sottrae alla visione dell’infinito reale di cui siamo parte, assorbendoci invece in labirinti di sottomondi morbosi.
Tutti questi danni perché ad amministratori pubblici ignoranti e poco responsabili sembra ancora un progresso l’illuminazione eccessiva di luoghi ed oggetti che non ne hanno necessità. Qui la materia è stata infatti regolata solo da poco, con la Legge regionale n. 15/2007 – Misure urgenti in tema di contenimento dell’inquinamento luminoso, per il risparmio energetico nelle illuminazioni per esterni e per la tutela dell’ambiente e dell’attività svolta dagli osservatori astronomici. Che ci risulta però ancora priva dei necessari regolamenti esecutivi.
Ma per attuarne doverosamente i principi basterebbero, come per tante altre cose, un po’ buon senso, cultura e scrupolo dell’amministrare bene. (p.g.p.)
© 21 Marzo 2011