La Voce di Trieste

«La cultura è un bene indispensabile»: no ai tagli dall’Arts

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Alberto Bevilacqua: «La cultura il primo strumento per trovare forza e equilibrio»

“…La libertà, sublime / Pianta che sol dov’è cultura alligna”, scriveva il poeta Mario Rapisardi più di un secolo fa. Versi condivisibili ieri come oggi, che rendono ancor più chiaro – se necessario – la profonda preoccupazione del mondo culturale italiano. Prima la scuola, poi l’università, ora il teatro: tutti settori in fibrillazione in seguito ai tagli imposti dalla finanziaria.

Venerdì 11 marzo alla Camera di Commercio l’Arts – Associazione Regionale Teatri e Spettacolo – ha fatto sentire la propria voce, composta dalle singole voci dei teatri locali, e ha lanciato un grido d’allarme. I dati Censis 2010 disegnano un’Italia «condannata al presente senza profondità di memoria e futuro», annichilita «per gli esiti del primato del mercato» che soppianta «i nostri riferimenti alti e nobili»; un Paese dagli atteggiamenti «cinici», «passivamente adattivi», «prigionieri delle influenze mediatiche».

Una «società appiattita» che secondo Alberto Bevilacqua, presidente dell’Arts, è possibile risollevare tramite la cultura: «I popoli che – nella storia – non sono caduti nel vuoto, sono quelli che hanno compreso che è la cultura il primo strumento per trovare forza e equilibrio».

Eppure solo lo 0,18% dei bilanci dello Stato è destinato alla cultura; ciò si ripercuote nella realtà dei teatri, con una netta riduzione dei finanziamenti nazionali e locali: i fondi della Regione, negli ultimi due anni, sono calati del 13,19%; quelli del FUS – Fondo Unico dello Spettacolo – del 47,60%, arrivando così a toccare il minimo storico di 258 milioni di euro. Un «quadro desolante» di cui pochi parlano, e di cui «la conseguenza può essere solo una: il collasso del sistema culturale». Una cultura che è «elemento indispensabile alla coesione sociale, alla formazione dello spirito critico di uomini liberi, tolleranti, responsabili e consapevoli della loro storia, dei diritti e doveri di cittadini italiani ed europei».

Viene così lanciato un appello «ai parlamentari della nostra regione», «alla Regione, alle Provincie, ai Comuni» affinché si impegnino a riportare il FUS almeno al livello del 2009, «unica possibilità per il sistema di continuare a vivere». La legge 5/2008 (il cui articolo 1 recita: «la Regione riconosce nello spettacolo dal vivo una fondamentale forma di espressione della vita culturale della comunità del Friuli Venezia Giulia e ne sostiene lo sviluppo») è «ancora inapplicata»: c’è «bisogno della politica».

E la politica risponde. L’assessore Camber, in prima fila, prende la parola e sottolinea il bisogno di «certezza di finanziamenti»; salvo poi lamentare la difficoltà di «compensare i tagli dello Stato». Lancia quindi un invito affinché si partecipi tutti assieme agli Stati generali della cultura, previsti per il 16 marzo; ma poi fugge via subito dopo il suo intervento, rendendo palese quale sia la reale volontà di dialogo della nostra classe dirigente.

Ma dopotutto si sa, c’è crisi, e – come ha fatto notare qualche mese fa il ministro dell’Economia – «con la cultura non si mangia». Ma è proprio così? Solo nella nostra regione, in ambito teatrale, sono 800 i lavoratori impegnati direttamente nelle imprese e 2,5 milioni di euro gli oneri versati (inps/enpals). E se anche si mangiasse grazie alla cultura? Bisogna risparmiare, ovunque. Ovunque? Il ministro dell’Interno ha da poco fatto sapere che non ci sarà l’election day (che avrebbe visto accorpare le elezioni amministrative ai referendum), con il quale si sarebbero potuti risparmiare 300 milioni di euro, laddove in seguito ai tagli il FUS ammonta a livello nazionale a 258 milioni di euro.

Troppo rischioso, si sarebbe potuto raggiungere il quorum; meglio depotenziare la volontà popolare sfruttando la sua disaffezione per la cosa pubblica. “La verità è – le parole di Tocqueville rimangono fortemente attuali – che in questo sistema gli uomini escono dalla servitù solo per un istante per designare il loro padrone, e subito dopo ridiventano schiavi”. Ed è schiavi che rimarremo, senza la cultura.

© 15 Marzo 2011

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