Depuratore di Servola: la disamministrazione Dipiazza colpisce due volte
di PGParovel
Inchiesta
In questi giorni abbiamo avuto nuovi colpi di mano della dis-amministrazione Dipiazza contro la legalità e l’interesse pubblico, e su due scandali che hanno superato da tempo i limiti della decenza: le storie infinite e sempre più compromesse del depuratore fognario principale e della nuova variante di piano regolatore.
Qui ci occuperemo del primo, per ritornare sul secondo con inchiesta separata.
Gli scandali storici del depuratore
Il depuratore fognario principale di Trieste, sotto Servola, è tra le storie peggiori e più tragiche della disamministrazione politico-tecnica di questa città, e delle sue impunità davvero anomale.
Già l’opera nuova rimase infatti bloccata a lungo per errori di progettazione i cui responsabili conservarono incarichi ed onori senza nemmeno pagare i danni. Lo scarico di risulta sottomarino venne posto in mezzo al golfo con una condotta di 7 km per riversarne verso le acque territoriali slovene gli effetti inquinanti. La depurazione è infatti risultata parziale per i materiali biologico, ed aleatoria per quello chimico (i fondali tutt’attorno sono ormai bruni e sterili). Sul posto l’impianto, che ha pure vasche di miscelazione scoperte, emette miasmi che appestano inammissibilmente, anche quando non si sommano a quelli della vicina Ferriera, una gran parte dell’abitato circostante. Qualità e durata delle strutture del depuratore si sono rivelate scarse, ed inadeguate e pericolose le gestioni e manutenzioni, che sono già costate la morte atroce di due giovani addetti.
Il depuratore va dunque rifatto ed è risultato anche fuori dalle norme europee, alle quali va dunque adeguato il nuovo progetto. Il tutto ha avuto ed ha costi finanziari, ambientali ed umani ingiustificabili, nell’impunità dei responsabili. Su segnalazione pertanto opportuna di Greenaction Transnational (petizione 1459/07 al Parlamento Europeo) la Commissione Europea ha avviato uno specifico procedimento d’infrazione verso l’Italia, che va a riflettersi sullo stesso Comune.
Due scandali nuovi
E così siamo ad oggi. Con la sedicente “buona amministrazione” del sindaco uscente Dipiazza che invece di impegnare tutte le risorse necessarie a soluzioni efficaci sta ricorrendo a due furbate, e tanto illegittime e scandalose da far pensare che si ritenga ancora (inspiegatamente) impunibile.
La prima è di non mettere a bilancio l’intervento e la spesa per il nuovo depuratore, benché siano obbligatori e prioritari per ovvi motivi di sanità pubblica ed ambientale, affermando che mancano i soldi necessari. Mentre si continua a destinarne e prenderne a prestito per interventi non obbligatori, ma che possono rendere qualcosa ai politici: aria e mare inquinati possono attendere, tanto loro abitano e fanno il bagno altrove.
La seconda è simulare che il progetto non debba essere sottoposto a Valutazione d’impatto strategica -V.A.S., che deve accertare gli impatti complessivi e correlati dell’opera. Le norme europee la rendono invece obbligatoria sopra i 150.000 abitanti, e per gli impatti transfrontalieri deve coinvolgere anche la Slovenia. Mentre la giunta Dipiazza ha appena combinato un trucco che sarebbe incredibile se non ne avessimo le prove documentali.
Ha chiesto infatti alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di esprimere sul progetto il suo parere vincolante di legge. E questo 2 marzo la Soprintendenza ha ovviamente risposto che manca e dev’essere fatta la V.A.S., obbligatoria perché il Comune di Trieste ha 208.000 abitanti, entro la quale potrà poi esprimere il parere richiesto (vedi qui il documento). Ma su questa base, come leggiamo in una risposta del 10 marzo alla consigliera comunale Bruna Tam da parte dell’arch. Ave Furlan, direttrice del Servizio di pianificazione urbana e funzionaria di fiducia del Dipiazza: «la Giunta Comunale , in qualità di autorità competente, con propria deliberazione n. 81 del 9/03/2011 e sulla base dei pareri resi dalle autorità con competenza ambientale, ha ritenuto di non assoggettare la variante di che trattasi al processo di VAS ai sensi dell’art. 12 del Dlgs 152/06.» Tradotto in linguaggio comprensibile, questo significherebbe che la Giunta Dipiazza ha deciso – arbitrariamente ovvero in abuso di potere e d’ufficio – di non sottoporre il progetto alla V.A.S. obbligatoria, e pure giustificandosi col documento appena ricevuto dalla Soprintendenza che ne conferma invece l’obbligo! Ed il tutto col procedimento d’infrazione europeo aperto.
Illegalità e spudoratezza fatte sistema
Qui, come in altri casi relativi all’edilizia ed all’urbanistica sui quali ritorneremo con le relative inchieste, non siamo solo all’illegalità ma anche alla spudoratezza fatte sistema. E chi ne pagherà i costi e danni pubblici pesantissimi?
È cosa ovvia, anche sul semplice piano logico, osservare come cose simili possano accadere soltanto se, perché e finché anche a Trieste troppi politici continueranno a rimanere o sembrare intoccabili sia per la stampa (a parte noi) che per le sedi istituzionali, e di fatto imperseguibili con efficacia a livello giudiziario.
Per parlare chiaro: al tempo della guerra fredda qui si copriva di tutto a livello trasversale di servizi, giustificandole con la preminente fedeltà di politici e speculatori al servizio patriottico sul confine orientale. Ricordo personalmente, ad esempio, come negli anni ’80 avvisarono un sindaco che la Procura aveva messo sotto controllo i telefoni del suo Comune per un’indagine su tangenti, e come ci rimase il magistrato quando lo feci avvisare del fatto con i dettagli. Quella della fedeltà patriottica di confine era solo una balla lucrosa, ma si richiamava allora all’attualità di esigenze strategiche nazionali ed internazionali. Che però non esistono più da oltre vent’anni, come in pratica nemmeno il confine, mentre le strategìe euroatlantiche sono completamente nuove e diverse. Ed anzi includono il fatto che in Italia la priorità vera rimane la difesa puntuale e rigorosa della legalità contro corruzioni d’ogni genere.
Ma forse qualcuno, nelle cabine di regìa qui ed a Roma, non ha ancora interesse ad accorgersene.
P.G.P.
© 11 Marzo 2011