“Il gioiellino”, un film per riflettere sull’Italia
di IVicinanza
Spiccano i due grandi attori Toni Servillo e Remo Girone
Amanzio Rastelli (Remo Girone) è il presidente dell’azienda Leda, prima società italiana nella produzione di latte, succhi di frutta, yogurt, dolciumi e prodotti da forno. La stessa intraprendenza che gli ha permesso di trasformare la salumeria del nonno in quella città piemontese nel suo gioiellino, ha assunto carattere quasi morboso, tanto da non fargli ammettere la crisi della società e la necessità di risanarne il bilancio.
La sua bramosia è pari a quella del gestore Ernesto Botta (Toni Servillo) che tanto fidatamente quanto tacitamente, oltre a far quadrare i conti, intrattiene una relazione con la nipote dell’amico, Laura Aliprandi (Sarah Felberbaum); nulla di serio, nessuna sentimentale implicazione, così parrebbe, eppure in quell’animo solitario e arido la relazione pare smuovere qualcosa.
Passa circa un decennio e la situazione finanziaria non migliora nonostante le quotazioni in Borsa, l’espansione in mercati alternativi e finanziamenti illeciti, l’assorbimento di altre società (versanti in situazioni ancor peggiori) e la ricerca di altri capitali chiedendo e prostituendosi a politici e giornali, gli stessi che poi abbandoneranno l’ormai arreso Rastelli.
Un manager suicidato, risparmiatori traditi, voragini di debiti da saldare, soldi inesistenti dichiarati e finanzieri alla porta. Questo è alla fine il gioiellino, bigiotteria.
Andrea Molaioli ha sempre detto che con questa pellicola non voleva fare denuncia ma solo “frugare nel dietro le quinte, nelle dinamiche complesse che si celano nella new economy“. Ed effettivamente più che una denuncia, la rappresentazione ispirata al crac della Parmalat è molto più fine: rimanda costantemente al mascheramento, all’imbroglio, all’apparenza, vizio tutto italiano: Rastelli e famiglia sono profondamente cattolici e praticanti, Ernestino escogita trucchi per far apparire florida l’azienda e per concludere anche lo Stato sfrutta il sistema per le proprie casse, nascondendo stesse precarietà e corruzioni.
Non sarà stato fare denuncia l’intento di Molaioli, anche perchè ormai è fuori moda, ma con la sua pellicola è inevitabile fermarsi e riflettere su quanto macchiato e compromesso sia il nostro paese.
Molaioli si è nascosto completamente, non c’è traccia del suo intervento nel film, in cui esplodono letteralmente due personalità, quelle dei protagonisti, interpretati da due giganti, esperti ed eccellenti attori che l’Italia può vantare, Toni Servillo e Remo Girone.
Servillo ha costruito il personaggio da sé, avvantaggiato dal fatto che, quello reale, sia meno conosciuto dal pubblico, meno trattato dalla cronaca e quindi meno “quotidianizzato”. Il suo carattere burbero e inquadrato spicca sia a lavoro che nelle relazioni sessuali che intrattiene prima con la segretaria e poi con la collega, nonché nipote del presidente e co-proprietaria. Rapporto forse leggermente romanzato ma che non ruba mai la scena.
Girone invece, nei panni di Tanzi, ha preferito fare i conti con le indicazioni del regista piuttosto che con quelle giudiziarie, e come al solito non ha deluso: letteralmente devoto alla sua impresa, sempre pronto a esagerare in escamotage e intrighi finanziari pur sembrano in buona fede, macchiato di quell’opportunismo ingenuo, infantile e commovente. Un’ottima prova davvero.
Andrea Molaioli
Inizia come assistente alla regia e poi come aiuto regista, lavorando con importanti registi dalle personalità particolari come Nanni Moretti (di nuovo sul grande schermo ad aprile con Abemus Papam), Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti e Mimmo Calopresti. In Aprile Molaioli interpreta se stesso accanto a Angelo Barbagallo e Nanni Moretti. Come regista ha firmato i backstage di alcuni film ritardando la sua prima opera al 2007, La ragazza del lago, lungometraggio ispirato al romanzo Lo sguardo di uno sconosciuto della norvegese Karin Fossum, che ha vinto ben 10 David di Donatello.
Toni Servillo
Regista e attore campano di provenienza teatrale e soprattutto autodidatta, comincia ad appassionarsi alla recitazione sin da piccolo. È una passione che tutta la famiglia ha nel sangue e che viene espressa unendo le diverse discipline artistiche (il fratello Peppe Servillo inizia come musicista e cantante, oggi leader della Piccola Orchestra Avion Travel).
I primi passi Toni li muove nell’oratorio salesiani di Caserta negli anni ’60 e dopo aver vissuto il movimentato periodo rivoluzionario studentesco, subendo inevitabilmente la forte politicizzazione di sinistra, calca per la prima volta il palco alla vigilia della maturità classica insieme a Matteo De Simone, Sandro Leggiadro, Riccardo Ragozzino, Eugenio Tescione e Nando Taccogna (futuri cofondatori del Teatro Studio di Caserta) presentando il testo di Bertolt Brecht Le visioni di Simone Machard.
Il Teatro Studio lo impegna fino a 25 anni facendogli portare spettacoli nelle soffitte della Reggia di Caserta e poi produzioni collettive in diversi palazzi.
Tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta continua l’attività teatrale pur avvicinandosi, nel 1986, al gruppo Falso Movimento e al regista Mario Martone, con cui fonda i Teatri Uniti, di cui è attualmente direttore artistico. A Martone si deve il debutto cinematografico di Servillo, che compare nel 1992 in Morte di un matematico napoletano. Seguono Rasoi (1993), Teatro di guerra (1998) e Noi credevamo (2010) sempre di Martone.
L’attore continua a preferire il teatro partecipando a spettacoli come Ha da passa’ ‘a nuttata (1989) e L’impero della ghisa (1991), entrambi di Leo de Berardinis e con Sabato, domenica e lunedì (2005) di Eduardo De Filippo, suo vero mentore e maestro.
Molto amato da Paolo Sorrentino, indossa per lui i panni di un cantante fra Califano e Bongusto in L’uomo in più del 2002 (gli vale la candidatura al David e ai Nastri d’Argento come miglior attore protagonista), poi quelli dell’insonne e drogato Titta De Girolamo in Le conseguenze dell’amore del 2004, ritenuto da molti il suo ruolo più bello.
Replica il suo successo con La ragazza del lago (2007) di Molaioli, poi con Il divo (2008), sempre di Sorrentino, interpretando il senatore Giulio Andreotti e ancora con Gomorra di Matteo Garrone, nel ruolo di Franco, imprenditore nel settore dello smaltimento dei rifiuti tossici. Nel 2010 lo dirige Claudio Cupellini in Gorbaciof e in Una vita tranquilla, presentato nella sezione concorso della quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma.
Sorrentino poi lo “trascina” in una produzione internazionale, affiancandolo a Sean Penn e Robert De Niro in This Must Be the Place che sbarcherà nelle sale italiane il prossimo maggio.
Remo Girone
Figlio di emigranti, nasce ad Asmara, in Eritrea, allora colonia italiana d’Africa. Sin da giovanissimo partecipa a spettacoli teatrali e recita poesie, eccellente nei testi drammatici riceve già da ragazzo notevoli elogi. Un critico teatrale del “Giornale Dell’Eritrea” scrive in una recensione del 1957: “Ricordatevi di questo ragazzo, diventerà un grande attore”.
A 13 anni si trasferisce a Roma per gli studi superiori e dopo la maturità, frequenta la facoltà di Economia e Commercio, che abbandona per iscriversi all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Il suo primo spettacolo in Italia è La doppia incostanza del 1979. Dieci anni più tardi lavora in La sorpresa dell’amore, Elettra di Avogrado e nel 1996, viene scelto dal regista tedesco Peter Stein per Lo zio Vanjia, dramma di Cechov.
Nel 1974 arriva al cinema grazie a Miklós Jancsó che lo inserisce nel cast di Roma rivuole Cesare e lo stesso anno lo si vede nella pellicola horror L’anticristo di Alberto De Martino.
Solo tre anni dopo diversi possono dire di averlo notato per le sue performace teatrali e tra questi c’è Marco Bellocchio che lo ingaggia per il drammatico Il gabbiano; dopo numerosi altri film diretti da Pasquale Squittieri e Krzysztof Zanussi, diventa un attore internazionale tanto da recitare per Ettore Scola ne Il viaggio di Capitan Fracassa e Diceria dell’untore del 1990, in L’atipico Heaven del 2002 diretto da Tom Tykwer con Cate Blanchett e Stefania Rocca, e in La duchessa di Langeais (2007) del francese Jacques Rivette.
E in televisione? É un volto tanto popolare quanto apprezzato soprattutto nel genere fiction: La signora Ava, La braca dei Biassoli, Strada Pia, Fuori scena, Dalla notte all’alba, La signora della città, Morte di una strega, Servo d’amore, Fantaghirò 5, L’elefante bianco, L’amore oltre la vita, Morte di una ragazza perbene, Per amore, Una vita in regalo, Il grande Torino, Le ali.
Il trionfo lo trova anche nelle miniserie e negli sceneggiati a cominciare da Il garofano rosso (1976) di Piero Schivazappa e con Che fare? (1979) di Gianni Serra e Delitto di stato (1982) di Gianfranco De Bosio.
Ma il ruolo che lo consacra, con cui ancora oggi lo si ricorda è quello di Gaetano Cariddi, detto Tano, boss mafioso della saga televisiva a puntate La piovra, diretta da Luigi Perelli, serie che ha letteralmente incollato allo schermo gli italiani dal 1987 al 2001. Nel cast Michele Placido, Giuliana De Sio, Luigi De Filippo, Adalberto Maria Merli, Patricia Millardet, Simona Cavallari, Franco Trevisi, Vittorio Mezzogiorno, Orso Maria Guerrini, Ennio Fantastichini, Raoul Bova, Lorenza Indovina, Romina Mondello e tantissimi altri.
Girone spicca per il suo personaggio spregevole, ambizioso e affascinante, intrigante nell’insieme; andando avanti con la fiction l’attore, sex simbol indiscusso, si plasma con l’arrivista assetato di potere e di vendetta, antisociale, grande osservatore ma ancor più abile manipolatore, arido di pietà e compassione.
Un personaggio che oltre alla fama ha dato a Remo Girone qualcosa in più, di personale e intimo, che conserva pur vestendo altri variegatissimi panni nei successivi o contemporanei progetti televisivi quali Una vittoria (1988), Prigioniera di una vendetta (1993) di Vittorio Sindoni, Dio vede e provvede (1996) di Enrico Oldoini, Sospetti 1 e Sospetti 3 (2000-2003) al fianco di Isabella Ferrari, Sebastiano Somma, Franco Castellano e Orso Maria Guerrini, O la va o la spacca e Diritto di difesa del 2004, Delitti per gioco e La bambina dalle mani sporche entrambi del 2005, Questa è la mia terra (2006) di Raffaele Mertes e compare anche in alcuni episodi Il commissario Rex nel 2008.
É un rarissimo esempio d’attore teatrale, televisivo e cinematografico di assoluto equilibrio, pari fama e bravura. Il suo segreto? “Quando reciti un testo di un grandissimo autore, per esempio Shakespeare, lo provi, lo riprovi, lo metti in scena, lo limi. Lo metti a punto, sera dopo sera. Fai un lavoro su te stesso continuo, ti arricchisci di minuto in minuto. In televisione o al cinema, data la velocità delle riprese, puoi attingere soltanto dalle tue esperienze personali, non hai il tempo per approfondire…se sei bravo rimani tale, se non lo sei lo diventerai con molta difficoltà”
Altro suo punto di forza è la sensualissima voce, profonda, calda, per alcuni, lievemente perversa, ma elemento essenziale del suo carisma. non si pensa a un uomo che è diventato celebre per essere stato un sex symbol, ma a professionista che è stato gratificato per l’interesse che suscita e per il carisma che possiede.
Sarah Felberbaum
Attrice di Londra, nata da madre inglese e padre newyorkese. Vive e lavora in Italia dove ha iniziato come modella a soli quindici anni, per poi diventare nota al grande pubblico televisivo grazie a varie campagne pubblicitarie, tra cui una serie di spot per la TIM. Compare anche in alcuni videoclip degli Zero assoluto (Come voglio del 1999 e Magari meno del 2002), di Nek e di Ligabue (Il mio pensiero del 2008).
Nel 2000 conduce Top of the Pops, programma musicale in onda su Rai 2 e l’anno seguente è coprotagonista, con il ruolo di Lucia, della sit-com Via Zanardi 33, diretta da Antonello De Leo e trasmessa su Italia 1. Nel 2002 prosegue la sua carriera da conduttrice su Rai Uno con Uno Mattina Estate e nel 2003 conduce la prima edizione di Sky Cine News con Luca Argentero. Nel 2004 si improvvisa autrice pubblicando il romanzo Baby Vogue che vince il Premio Cortina, nel 2005 interpreta Carlotta nella miniserie tv Caterina e le sue figlie di Fabio Jephcott, ruolo impersonato anche nella serie successiva per la regia di Luigi Parisi e Vincenzo Terracciano e nel 2007 è protagonista nel ruolo di Agnese Ristori, della miniserie La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa. Lo stesso anno esordisce al cinema con il film Cardiofitness di Fabio Tagliavia e riappare nuovamente in Giorni da Leone 2. Nell’estate 2008 torna come protagonista femminile con il ruolo di Elsa Corzani nella miniserie Mal’aria, di Paolo Bianchini e interpreta Letizia nel film per il cinema Aspettando Godard, diretto da Alessandro Aronadio e proiettato nelle sale nel 2009, anno in cui la Felberbaum si ritrova in Caterina e le sue figlie 3, regia di Alessandro Benvenuti, Alessio Inturri e Riccardo Mosca.
Tra il 2009 e il 2010 gira i film Due vite per caso di Alessandro Aronadio, Ti presento un amico di Carlo Vanzina, e Maschi contro femmine di Fausto Brizzi.
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© 10 Marzo 2011