La Voce di Trieste

Viaggi e pellegrinaggi

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Il vero viaggio di scoperta non è vedere nuovi mondi, ma cambiare occhi”. Marcel Proust (1871-1922)

 

Se colleghiamo il punto A al punto B con una linea abbiamo un segmento.

Il frammento di retta, compreso fra un inizio e una fine, si presta agevolmente a paragoni con la realtà, ad esempio un viaggio dalla partenza all’arrivo. A sua volta il viaggio è stato paragonato alla parabola umana. Si nasce, si vive, si muore.

Compiaciuti o meno della loro situazione, i filosofi presocratici sembravano placati dall’evidenza inconfutabile che tutte le cose passano e quindi anche la vita doveva avere una conclusione; Eraclito di Efeso (535- 475 a.C.), fautore del panta rei (tutto scorre), ne era convinto.

Due segmenti si dicono consecutivi se hanno un estremo in comune.

Animale insoddisfatto per natura, l’uomo non si accontentò della sentenza eraclitea, né di quel surrogato della memoria postuma, rinverdita dai discendenti, prosecutori nominali della linea di sangue, veri segmenti viventi legati dalla successione.

La retta è un ente geometrico immateriale privo di spessore, illimitata in entrambe le direzioni, cioè infinita.

La faccenda dell’immortalità appariva insolubile finché Platone (428-348 a.C.) non raccolse e perfezionò il concetto di anima mentre, quasi nello stesso periodo, Euclide (367-283 a.C.) formulava la nozione di retta. Anima e retta erano entrambe entità astratte, incorporee, senza inizio né termine.

Il segmento è una parte di retta delimitata da due punti, detti estremi.

Metafora bell’e pronta. Veniamo dalla notte dei tempi, essenza spirituale ineffabile, e tendiamo all’infinito, al pari di una retta. Casualmente cadiamo (o siamo gettati geworfeneit, secondo Heidegger) su questa terra e giocoforza segniamo il punto A sulla retta illimitata e la percorriamo fino al punto B, determinando il segmento visibile dell’esistenza.

La circonferenza è la linea curva su un piano, equidistante da un punto fisso detto centro.

Le tre religioni semitiche hanno adottato, al contrario di quelle orientali, propense al tempo circolare, il tempo lineare. Fra le due concezioni teologiche non vi è differenza sostanziale visto che i “soffi vitali”, anima o ?tman, sono immortali e ambedue sono costretti a intraprendere cammini purificatori; i primi per evitare dannazioni eterne, i secondi per spezzare il ciclo delle reincarnazioni o Sams?ra che, guarda caso, in sanscrito significa proprio pellegrinaggio.

A ben vedere ogni viaggio, a prescindere che ci si muova fisicamente e qualunque sia il suo scopo ultimo, comporta sempre un incremento della conoscenza di sé, degli altri, o del divino ed è comunque da considerare, in termini estesi, un pellegrinaggio alla ricerca di qualcosa.

La distinzione, propriamente semantica, concerne semmai l’oggetto, sebbene la meta ultima, spirituale o culturale che sia, comporti in ogni caso un accrescimento interiore.

Due segmenti possono essere sovrapposti quando hanno un estremo in comune e tutti i punti di uno appartengono all’ altro.

Il viaggio culturale o iniziatico, in voga da secoli presso tutti i popoli e in sostanza simile, prevedeva un itinerario a tappe con un punto d’arrivo, celebre sul piano formativo: Atene, Alessandria, Efeso; nel medioevo, le università di Bologna (1088), Parigi, Oxford.

In epoca moderna si diffusero in Europa i famosi bildungsreisen, celebrati da Goethe in forma diaristica (Italienische Reise 1817) e in quella letteraria (Wilhelm Meisters Wanderjahre 1796).

Parallelamente, i grandi centri religiosi di Delfi, Dodona, Olimpia, Cuma, accoglievano pellegrini in cerca di responsi oracolari, consolazioni e guarigioni. A partire dal IV secolo, si diffuse in Occidente la consuetudine di compiere pellegrinaggi devozionali o penitenziali a Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela per citarne alcuni fra i più importanti. Prima pellegrina, ad aprire la via di Gerusalemme (327-328), la madre dell’imperatore Costantino, Elena.

I musulmani, dal canto loro, ancora oggi si dirigono verso La Mecca, i Buddisti a Shikoku , gli Etiopi ortodossi a Lilibela; gli Induisti a Varanasi (Benares), gli Ebrei, per la festa di Sukot (Festa delle capanne o dei Tabernacoli) compiono un pellegrinaggio di sette giorni in Israele.

Due segmenti possono essere incidenti quando si intersecano in un punto qualsiasi.

La storia mostra che l’auspicabile e condivisibile parallelismo culturale è stato disgraziatamente più volte interrotto da “incidenti” quando, il pacifico cammino di un singolo o di una comunità, viene attraversato e spezzato da un segmento contrastante, provocando perdite d’identità (tradizioni, credenze, costumi), se non addirittura annientamenti mortali.

Il tragico paradosso umano, dimostrabile geometricamente, è che il segmento intersecante, nel momento in cui avviene l’intersezione, automaticamente spezza anche sé stesso. Viaggi e pellegrinaggi di ricerca allora sono bruscamente interrotti e anime segmentate, bloccate sul loro cammino lineare, vagano sperdute nel vuoto della ragione silente.

 

Immagine 1: Hieronymus Bosch (1453-1516): Il cammino della vita.

Immagine 2: Pieter Brueghel il Vecchio (1525-1530): La strage degli innocenti


© 2 Marzo 2011

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