La Voce di Trieste

“Il cigno nero” di Darren Aronofsky non convince

di

Delusione per l’epilogo scontato e insoddisfacente

Nina (Natalie Portman), giovane ballerina, aspetta da tempo la parte più importante, quella ambita da ogni danzatrice, il ruolo di protagonista ne Il lago dei cigni.

La reinterpretazione dell’opera da parte del suo maestro e coreografo, Thomas Leroy (Vincent Cassel) sarà la causa principale del tracollo emotivo e psicologico della protagonista, sempre alla ricerca della perfezione e inconsciamente pronta a punirsi, autolesionarsi, in caso di insuccesso o minima insoddisfazione.

L’oppressione materna non aiuta: Erika (Barbara Hershey) ballerina in pensione di minima carriera, vede nella figlia la possibilità di riscattarsi e la incoraggia, segue e controlla costantemente, spingendola alla grandezza professionale pur limitandola nella figura dell’eterna figlia, “la mia bambina” tra peluches e carillon.

La debolezza di Nina, data dall’ossessiva ricerca del rigore, nella danza e non, deve lasciare spazio alla disobbedienza e alla trasgressione, così da soddisfare l’esigenza del regista di ritrovare in un sol cigno la purezza del bianco e la corruzione del nero.

Un percorso in solitaria per Nina, ormai succube delle sue illusorie visioni, che rimangono tali fino all’ultimo atto, la conclusione già scritta della tragedia.

Paronoie, pressioni e antagonismi che fanno parte del mondo della danza sono stati trasformati dal regista Darren Aronofsky in eccessi così estremi tanto da far tendere, in certi punti, il drammatico thriller all’horror.

I cliché visti e stravisti della ballerina invagita del maestro o della madre ossessiva o della rivale nella compagnia teatrale (Mila Kunis in Lilly) rendono un pò noioso l’inizio del film che pian piano prende forma: primi piani, audio di suspance e numerose immagini di sangue non sono certo facili da digerire per un pubblico particolarmente sensibile e impressionabile. Nei 108 minuti di proiezione domina un senso di inquietudine, tensione e ansia ma al termine rimane solo un’enorme delusione per l’epilogo scontato e insoddisfacente che certo non vale la sofferta visione.

Commenti d’insoddisfazione e borbotti si levavano dalla sala ancora a luci basse mentre correvano i titoli di coda, eppure all’apertura della 67esima edizione del Festival del Cinema di Venezia il successo è stato ampio.

Se il vero intento del regista era l’esasperazione dell’angoscia che si può provare nel difficile percorso individuale della ricerca dell’io, del vero sé stesso, allora la candidatura all’Oscar come miglior film e regia è assolutamente meritata.

I pedinamenti a brevi distanze e durante il ballo, le inquadrature in soggettiva e la costante del riflesso nei vetri della metro, nell’acqua della vasca e negli specchi della sala da ballo trovano il loro motivo.

Le candidature sono andate anche alla fotografia (buona, fatta di un continuo alternarsi di chiaro scuri e di colori sempre tenui, ad aiutare il costante senso d’indefinito o meglio di indecisione tra la cosa vera e giusta e quella fantasticata, sbagliata) e alla protagonista, la cui prova non consente appunti, se non quello della solita fronte corrugata. L’anno di allenamenti e dieta ferrea ha permesso alla Portman di interpretare appieno il ruolo della donnina insicura in tutù meritandosi il Golden Globe ed il Bafta 2011 come migliore attrice; di lei possiamo dire che l’abbiamo proprio vista crescere grazie alla cinepresa, sin dal 1994 nei panni della coraggiosa, seppur giovanissima Mathilda, accanto a un formidabile Jean Reno in Léon.

Buona anche l’interpretazione di Vincent Cassel, uno dei pochi belli, dannati e bravi che delude solo per il doppiaggio.

Si direbbe allora un’ottimo film, ma seduti in sala si spera solo che termini presto.

 

Darren Aronofsky

Da sempre amante dell’arte, dopo il diploma si è iscritto alla  Harvard University per studiare cinematografia e mettere finalmente a frutto la passione per il cinema classico e le tecniche d’animazione. Così realizza il primo cortometragio Supermarket Sweep (1991) finalista alla National Student Academy Award e altri due lavori di breve durata, Fortune Cookie (1991) e Protozoa (1993).

È nel 1997 che inizia la fase “cinema delirante” con la scrittura della sceneggiatura di Pi – Il teorema del delirio, storia di un genio della matematica che con calcoli, algoritmi e computer trova un modo per spiegare le leggi della natura e del comportamento umano attraverso l’uso dei numeri. Il film vene presentato al Sundance Film Festival e accolto favorevolmente sia dal pubblico che dalla critica; è l’esordio vncente che fa da apristrada al lavoro successivo, Requiem for a Dream del 2000, tratto dal romanzo di Hubert Selby Jr., in cui le immagini di forte impatto e il ritmo incalzante cercano di rendere sul grande schermo le allucinazioni dovute all’uso di stupefacenti.

Un avvio di carriera così roseo doveva essere sciupato da un intoppo, l’intera realizzazione del fantasy metafisico L’albero della vita (2006), portato avanti nonostante numerosi problemi sul set, abbandoni improvvisi da parte del cast e riduzione del budget.

L’insuccesso suggerisce all’autore nuove strade da percorrere e dopo soli due anni presenta alla Mostra del Cinema di Venezia The Wrestler, che si aggiudica all’unanimità il Leone d’Oro e dopo altri due anni, sempre sulla stessa scia della competizione e della rivalsa, propone Il cigno nero, plurinominato agli Oscar.

 

Natalie Portman

Artista dalle intricate origini, figlia di un ginecologo israelita di origini polacche e di una casalinga dedita alla pittura di origini russo-austriache ma proveniente dall’Ohio, parla ben sei lingue: inglese, ebraico, spagnolo, francese, tedesco e giapponese.

La sua carriera inizia da bambina come modella, ma durante una serata tra amici in pizzeria, un agente cinematografico la nota e la propone subito a Luc Besson, che le fa interpretare il ruolo della maliziosa Mathilda in Léon.

Si diploma alla Syosset High School di Long Island, si iscrive alla Facoltà di Psicologia di Harvard e al contempo frequenta i corsi di recitazione dello Stagedoor Manor Performing Arts Camp. Intanto partecipa a diversi film: Heat – La Sfida al fianco di Al Pacino e Robert De Niro, Tutti Dicono I Love You diretto e interpretato da Woody Allene e Mars Attacks! come il precedente del 1996.  Tra il 1999/05 si cala nelle vesti della Principessa Padmé Amidala nei prequel di Star Wars, nel 2004 con Closer di Mike Nichols vince il Golden Globe come Migliore Attrice non Protagonista, e poi la si rivede accanto all’anarchico mascherato V per Vendetta.

Nel 2007 sotto la direzione di Zach Helm e insieme a Dustin Hoffamn la si ritrova in Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie,  e poi in Un bacio romantico di Wong Kar Wai, due anni dopo in Brothers, film bellico di Jim Sheridan e nel 2010 in Hesher – Bastardo Dentro di Spencer Susser e in Il cigno nero.

 

Vincent Cassel

Figlio d’arte, cresce nel quartiere parigino di Montmartre a stretto contatto con artisti di ogni genere  e forse anche prendendo spunto da questi decide, a diciassette anni, di iscriversi a una scuola circense dove diventa un ottimo acrobata. Poi però segue il destino segnato dalla fama del padre, Jean-Pierre Cassel e si iscrive al corso di recitazione dell’Actor Institute of New York. Nel 1986 consegue il diploma e comincia a lavorare in teatro, diretto dal regista Jean-Louis Barrault.

Esordisce al cinema nel 1989 con Les cigognes n’en font qu’à leur tête, seguito da Les clés du Paradis del 1991 e da Métisse dell’amico Mathieu Kassovitz del 1993.

E’ interpretando un giovane impegnato nella guerriglia urbana, protagonista di L’odio di Kassovitz (1995), che arriva il successo insieme a due premi César.

Nel 1996, in Italia per le riprese di L’appartamento di Gilles Mimouni, conosce Monica Bellucci, ai suoi esordi cinematografici. Con l’ex modella condivide un periodo di collaborazione fissa in diversi film, dalla commedia Come mi vuoi, all’isterico Dobermann (1997) , al drammatico Il piacere e i suoi piccoli inconvenienti (1998), dove appaiono anche Michele  Placido e l’amico Kassovitz, fino alla mega-produzione noir Il patto dei lupi (2001), Irréversible (2002) criticato per l’esagerata rappresentazione sessuale con dovizia di particolari, Agents Secrets (2004) e Sheitan (2006).

Bravura e fascino sono stati meglio apprezzati nel thriller I fiumi d porpora (2000), con un Cassel protagonista insieme a Jean Reno sempre sotto la direzione di Kassovitz. L’anno dopo lo si ritrova in Sulle mie labbra e in Birthday Girl (2001), poi al fianco di Clive Owen e Jennifer Aniston nel drammatico Derailed – Attrazione letale (2005) e nel 2007 nel film La promessa dell’assassino di David Cronenberg. Nel 2008 torna in Francia per vestire i panni dello spietato gangster realmente esistito, Jaques Mesrine, in Nemico Pubblico N.1 – L’istinto di morte e Nemico Pubblico N.1 – L’ ora della fuga.

Recentemente è stato protagonista del brasiliano A Deriva di Heitor Dhalia, presentato al Festival di Cannes 2009, nel 2010 ha interpretato il coreografo Thomas Leroy in Il cigno nero e prossimamente lo si ritroverà insieme a Keira Knightley in A Dangerous Method di D. Cronenberg.

 

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© 24 Febbraio 2011

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