Pavat sugli antichi Cavalieri anche nelle nostre regioni
Templari, cripte e chiese dimenticate, rovine di castelli, misteri ed enigmi a non finire. Questi gli ingredienti dell’ultima fatica letteraria dello scrittore triestino Giancarlo Pavat, che vive e lavora a Roma pur tornando spessissimo in città.
“Nel segno di Valcento” (Edizioni Belvedere) è il titolo del suo corposo volume, quasi 550 pagine, con oltre 50 disegni e tavole illustrate ed altre 50 fotografie a colori, che segue a distanza di soli tre anni il fortunatissimo “Valcento. Gli Ordini monastico-cavallereschi nel Lazio meridionale”.
Il titolo riprende il nome “Valcento” usato dai Cavalieri italici per “Baussant“, il vessillo bianco-nero dell’Ordine del Tempio. Il bianco ed il nero, colori, o meglio non-colori, come sarebbe più corretto dire, opposti. Che rappresentano l’eterno conflitto tra la Luce e le Tenebre, lo Yin e Yang delle filosofie orientali, il Bene ed il Male. Ed in una ricerca come questa, di zone d’ombra da illuminare di nuova luce Pavat ne ha incontrate molte.
L’instancabile ricercatore triestino, forte della sua passione per la speleologia e l’alpinismo, ha percorso in lungo ed in largo i siti e di luoghi meno noti o del tutto sconosciuti legati sia ai celebri e misteriosi Cavalieri Templari che agli altri ordini monastico-cavallereschi, che dovennero in parte anche i loro successori, come i Giovanniti, gli Antoniani, i Cavalieri della Croce del Tau ed i Teutonici. Sono località sia laziali che di altre regioni, tra le quali non mancano, e non poteva essere altrimenti, Trieste, il Carso e l’Istria.
Se le tematiche legate al Mistero, ed in particolare queste relative ai Templari, riscuotono vasto interesse tra i mass media e tra il pubblico, è pure vero che spesso vengono affrontate con scarsa cura ed attenzione per le fonti, seguendo teorie o ipotesi improbabili alla ricerca spasmodica del sensazionalismo.
Non è questo il caso della fatica del nostro concittadino, che ci offre un lavoro prezioso perché articolato, accurato ed ispirato ai più solidi principi della ricerca storica.
Un lavoro, svolto non solo sul campo ma pure in estenuanti ricerche in archivi e biblioteche, utile e importante perché riesce a restituire oggettività storica alle vicende riportate, presentandole in un contesto rigoroso che va al di là del puro mito, liberandosi dalle possibili falsificazioni e dai facili preconcetti sull’argomento. Proprio per queste sue caratteristiche peculiari “Nel segno di Valcento” sta riscuotendo ovunque apprezzamenti di pubblico e di critica.
Come dimostrano le affollate presentazioni del volume finora svolte, tra l’altro in luoghi di assoluto prestigio. Tra questi il Museo Storico della Guardia di Finanza a Roma, alla presenza di alte cariche del Corpo e con relatori il presidente del museo Gen. Luciano Luciani, il direttore della rivista “Fenix” Adriano Forgione ed il docente universitario nonché archeologo medievista prof. Giuseppe Fort. All’Aquila è intervenuto anche il vescovo Mons D’Ercole.
Per le sue ricerche e scoperte, in particolare del misterioso affresco simbolico del “Cristo nel labirinto” in un cunicolo del chiostro di San Francesco ad Alatri, al quale è dedicato un capitolo del libro, Pavat è stato anche intervistato da organi d’ informazione nazionali e per trasmissioni televisive che si occupano di misteri.
Come il programma RaiDue “Voyager”, di Roberto Giacobbo, che si è ispirato proprio a “Nel segno di Valcento” per due puntate andate in onda gli scorsi 24 gennaio e 7 febbraio.
Un libro quindi, di grande interesse per queste ricerche, che con scrittura chiara ed accessibile raccoglie e riannoda i fili d’Arianna di percorsi lontani, conducendoci come antichi viandanti presso siti e luoghi che invita ad osservare con sguardo diverso dal banale, ponendo anche confronto monumenti ed episodi storici che altimenti non appiono collegati tra loro. Un esempio per tutti, le croci patenti rosse inscritte in una circonferenza rintracciate da Pavat in alcune chiese della Ciociaria appartenute ai Templari, che si presentano identiche in una chiesta istriana presso Pola.
L’apparato iconografico rende inoltre il libro direttamente utilizzabile come guida alla scoperta di territori, luoghi e monumenti.
Pavat conta ora di realizzare una nuova ricerca storica sugli antichi Ordini monastico-cavallereschi nelle nostre regioni. Per altre informazioni e contatti: giancarlo.pavat@gmail.com
© 21 Febbraio 2011