La Voce di Trieste

Controllo occulto di Trieste: le “cosche” sono almeno due

di

Editoriale d’analisi

Sul quotidiano il Piccolo di questi giorni il bravo Paolo Rumiz fa un suo interessante riepilogo a puntate sugli ultimi vent’anni di sabotaggi politici nazionali e locali del Porto di Trieste.

Che in realtà sono iniziati nel 1954, col ritorno di Trieste all’amministrazione italiana, dove prevalgono gli interessi politici ed economici degli altri porti maggiori a paralizzare lo sviluppo di  quello di Trieste, e lo riconfermano le nostre inchieste recenti  sul riciclaggio immobiliare illegittimo del falso ‘riuso urbano’ del cosiddetto Porto Vecchio (leggibili qui).

Emerge dalla stessa narrazione di Rumiz che la paralisi del nostro porto viene indotta e mantenuta (da 57 anni!) con tre semplici direttive nazionali ufficiose, ma evidenti come scelte politiche e di spesa: strozzarne i collegamenti ferroviari, soffocare l’utilizzo del suo regime doganale privilegiato di porto franco internazionale, e mantenere in sella una classe dirigente locale complice.

Che attui cioè in forma attiva o passiva queste direttive di depressione economica sviandone l’attenzione della popolazione danneggiata per impedire che se ne renda conto e si ribelli. Con i risultati che ognuno può oggi constatare, incluso il fatto che a Trieste la gran parte della gente non sa più nemmeno dell’esistenza e delle potenzialità di lavoro del nostro porto franco.

Sui responsabili Rumiz si richiama a recenti dichiarazioni pubbliche del presidente uscente dell’Autorità Portuale di Trieste, Claudio Boniciolli, competente ma anche corresponsabile primario col sindaco uscente Roberto Dipiazza del falso ‘riuso’ del Porto Vecchio, e del sindaco stesso.

Ricorda infatti che Boniciolli, insediato dal centrosinistra, ha denunciato l’esistenza ostile di «una “cupola”, termine normalmente abbinato alle cosche» e Dipiazza l’ha poi identificata nella dominanza pluridecennale di un potere locale occulto totalizzante, dall’interno del centrodestra cui egli stesso appartiene, del senatore Giulio Camber.

Potere che sarebbe perciò da “azzerare” come provvedimento più urgente per la salvezza di Trieste, concentrando solo sul Camber tutte le attenzioni ed energie politiche della città (ed investigative delle istituzioni).

Ma la verità non è questa, o meglio non è tutta qui. Perché a Trieste le “cosche” ? nel senso usato da Rumiz, che è deplorativo politico di un potere sommerso, e non mafioso ? sono almeno due, come abbiamo già scritto (si veda l’articolo) quando Ettore Rosato, deputato triestino del centrosinistra, ha anticipato la stessa denuncia pubblica poi rilanciata dal Dipiazza.

A fronte della “cosca” di destra attribuita al Camber ne emerge infatti un’altra, trasversale. Che ha ovvio interesse ad accusare lui per sviare l’attenzione da sé ed operare meglio nello stesso settore di malaffari. Proprio come accade nel più noto ambito mafioso ? nel quale qui non siamo ? quando una cosca nuova, o scissionista, denuncia la concorrenza per farsela azzerare dalle istituzioni.

Una manovra che in questo nostro diverso caso è facilitata dal fatto che in realtà il potere occulto da destra attribuito al Camber è sempre rimasto sommerso, in un alone di percezioni e supposizioni diffuse senza prove. E nemmeno controprove di contradditorio pubblico, perché il senatore adotta la strategìa della non-esposizione ed ha avuto sinora un solo incidente giudiziario, personale e marginale. Ma più una teoria del complotto é vaga, più difficile diventa anche smentirla.

L’aggregazione di potere sua concorrente si presenta invece policentrica, politicamente trasversale e addirittura sovresposta nei garanti o referenti maggiori, ma occultata nei legami e protetta negli illeciti. Operante cioè da più direzioni e sotto gli occhi di tutti, ma senza essere identificabile perché le sue azioni non sembrano collegate e gode di impunità anomale. Per ‘vederla’ occorrono quindi analisi attente dei fatti concreti.

Nelle nostre inchieste giornalistiche ne trovate ? dal maggio scorso su carta e da questo gennaio  in rete ? alcune linee d’evidenza attuali e tutte perfettamente documentate.

Le più clamorose consistono nella copertura trasversale dichiarata o di fatto, dalla destra alla sinistra politiche ed a livelli istituzionali, di tre scandali particolari che perciò noi siamo stati e rimaniamo tuttora, come per altri, i soli ad indagare e denunciare.

Sono: lo scandalo ? senza precedenti a noi noti in Italia ? dell’acquisto illecito di un terreno pubblico comunale da parte del sindaco (Dipiazza), che lo ha poi rivenduto con altri a potenti costruttori locali ricavandone un ingente profitto privato; lo scandalo epocale dell’imbroglio speculativo immobiliare sul Porto Vecchio, gestito da Comune, Autorità portuale ed altri; lo scandalo degli abusi nelle amministrazioni di sostegno, in particolare su persone anziane, che coinvolge ambienti sanitari, assistenziali e giudiziari.

Tutti e tre questi scandali ? diversi, ma con livelli di connessione e sui quali ritorneremo con opportuni sviluppi d’inchiesta ? sono stati e vengono infatti tuttora coperti attivamente o passivamente da tutte le forze politiche e da tutte le istituzioni locali, nonostante documentate  denunce pubbliche e ad organi giudiziari.

Nel caso dell’acquisto illecito del sindaco non si ha a tutt’oggi nemmeno notizia d’esiti del primo esposto penale, presentato alla Procura nel novembre 2009 e completamente documentato da atti pubblici.

Questi silenzi complessivi anomali stanno inoltre consentendo, di fatto, ai corresponsabili politici di continuare a presentarsi e sostenersi pubblicamente a vicenda come paladini meritevoli, di maggioranza ed opposizione, del buon governo della città. Mentre noi unici testimoni del contrario ci siamo trovati col giornale a stampa improvvisamente soppresso dall’editore.

Chiunque può comprendere come siano infinitesime le probabilità ragionevoli che possa essere effetto del caso, e non di intese nascoste, un concorso così totale e costante, in operazioni simili e pure denunciate, di parti politiche ed istituzionali così diverse ed anche formalmente contrapposte.

Quantomeno sul piano logico siamo dunque di fronte ad evidenze che segnalano una rete associativa occulta a quei fini e sin dentro alcune istituzioni, perciò illecita oltre che pericolosa.

Non possamo inoltre non constatare che sono proprio esponenti di spicco delle sue operazioni o di organizzazioni connesse a denunciare invece ? da sinistra e da destra ? come unico potere occulto da abbattere la rete coperta attribuita a Giulio Camber.

Ed in assenza di contraddittorio buona parte dell’opinione pubblica già disorientata sulle sorti reali della città sta rischiando di cadere anche un quest’ennesima trappola diversiva.

Ebbene, noi come giornale d’inchiesta siamo il contraddittorio, specifico e di metodo. Perché non vi chiediamo, come fanno le controparti, di credere alle chiacchiere, ma di ragionare assieme sulle analisi accurate e sui documenti che vi proponiamo. Da cittadini, e non più da sudditi psicologici del politicume deteriore che ammorba Trieste e l’Italia intera.

Gli altri ruoli d’indagine, come le verifiche relative alla legge 17/1982 che vieta le attività organizzate di influenza occulta sugli organi costituzionali, incluse dunque le amministrazioni pubbliche locali, spettano agli organi appositi dello Stato. Nei quali, malgrado le difficoltà cui sono sottoposti anch’essi, rimane doveroso conservare fiducia e stima.


Paolo G. Parovel


© 19 Febbraio 2011

Galleria fotografica

La locandina

Sfoglia online l’edizione cartacea

Accedi | Designed by Picchio Productions
Copyright © 2012 La Voce di Trieste. Tutti i diritti riservati
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Trieste - n.1232, 18.1.2011
Pubblicato dall'Associazione Culturale ALI "Associazione Libera Informazione" TRIESTE C.F. 90130590327 - P.I. 01198220327
Direttore Responsabile: Paolo G. Parovel
34121 Trieste, Piazza della Borsa 7 c/o Trieste Libera
La riproduzione di ogni articolo è consentita solo riportando la dicitura "Tratto da La Voce di Trieste"