Inchiesta amministratori di sostegno: tre domande alla Procura di Trieste
di PGParovel
Ha fatto scandalo anche a livello nazionale ed all’estero il caso recentissimo dell’abbandono di alcuni cavalli da corsa nelle scuderie dell’ippodromo di Trieste in condizioni di degrado ed inedia tali che uno ne è morto.
La proprietaria avrebbe smesso di pagarne il mantenimento all’addetto (artiere ippico) che avrebbe perciò cessato di prendersene cura, e nessuno di coloro che da mesi vedevano o sapevano è intervenuto tempestivamente. É ora notizia pubblica che la Procura avrebbe iscritto proprietaria ed addetto nel registro degli indagati. E per noi il caso si chiuderebbe qui, a livello di cronaca, se non mostrasse implicazioni diverse e ben più ampie.
Tre domande alla Procura
É pure, infatti, notizia pubblica che i beni della proprietaria, cavalli inclusi, erano affidati ad un amministratore. Che come tale ne disponeva lui, rispondendone civilmente e penalmente.
E se non era nominato dalla proprietaria, ma imposto dal Tribunale come amministratore “di sostegno” aveva anche il ruolo e gli obblighi (in caso di reati le aggravanti) del pubblico ufficiale, ed il suo operato era assoggettato ai controlli di legge da parte degli stessi Tribunale e Procura, che vi hanno perciò delle corresponsabilità.
Le domande d’interesse pubblico che dobbiamo quindi porre come giornalisti non sono ormai sulla sorte dei poveri cavalli, ma se l’amministratore in questione sia ordinario o giudiziario, se la Procura abbia provveduto ad iscrivere tra gli indagati anche lui, ed in caso contrario perché no.
Non avendo però accesso diretto agli atti relativi siamo costretti a rivolgerle alla Procura stessa, rimettendoci alle risposte che riterrà o meno di poter dare.
Chi è l’amministratore
La legittimità di queste nostre domande è rafforzata dall’avvenuta pubblicazione del nome dell’amministratore, che risulta essere la commercialista Gabriella Magurano, figura chiave notoria dell’organizzazione degli amministratori di sostegno a Trieste e co-fondatrice, nonché dirigente (tesoriere) dell’apposita associazione AsSostegno (vedi atto costitutivo) assieme a Paolo Cendon, padre della legge specifica, alla giudice specializzata Gloria Carlesso e ad altri dodici operatori del settore.
E non si tratta di questione di poco conto, perché l’istituto dell’amministrazione di sostegno è nato proprio a Trieste, dove ne sono stati anche segnalati e denunciati abusi gravi proprio durante l’ora cessata gestione Carlesso.
Sui quali noi siamo stati sinora i soli ad avviare, col precedente settimanale a stampa, una delle nostre indagini giornalistiche scomode, tutte troncate improvvisamente dall’editore il 7 gennaio con la sospensione e l’azzeramento del giornale.
Gli abusi nelle amministrazioni di sostegno
Questo nuovo caso potrebbe dunque inserirsi nello schema specifico già individuato su basi documentali attraverso le nostre tranches d’indagine precedenti.
In sintesi, l’amministrazione di sostegno è nata per evitare la privazione radicale di diritti civili che si verifica nell’interdizione e nella curatela, assegnando invece alla persona in difficoltà non gravi un ‘consigliere’ che la assista nelle scelte amministrative.
Ma per far funzionare correttamente e sotto controllo un istituto di tale delicatezza occorrerebbe doratlo di una quantità di magistrati, funzionari ed amministratori con attitudini e formazione specialistica adeguate. Invece il tutto è stato scaricato, come al solito utopisticamente, su strutture giudiziarie sotto organico e già sovraccariche di lavoro, riducendo formazione e valutazione attitudinale a corsi palesemente insufficienti.
E così, nel concreto, a Trieste oltre ad una proliferazione esorbitante di amministrazioni di sostegno risulta essersene innescata una serie particolare: decise su richiesta di operatori sanitari senza controperizia, sottoponendo gli amministrati a privazioni dei diritti civili simili a quelle dell’interdizione ma senza le sue garanzie di legge, ed affidandoli abitualmente ad un gruppo particolare di giovani praticanti, neoavvocati e commercialisti, pagati con compensi non irrilevanti prelevati dalle risorse economiche dei loro stessi assistiti.
Una sorta di piccola industria della tutela, in crescita rapida che secondo dichiarazioni entusiastiche dei promotori dovrebbe raggiungere addirittura i 25.000 amministrati solo a Trieste.
Nei casi d’abuso documentati e già denunciati che abbiamo esaminato risulta inoltre che proteste ed opposizioni di parenti siano state neutralizzate imponendo anche a loro un amministratore di sostegno (persino lo stesso), e che i periti indipendenti e persino l’amministratore e la giudice responsabili ne abbiano dichiarata infine immotivata ab origine l’imposizione.
Su persone che nel frattempo si sono trovate espropriate d’imperio e per anni del diritto di disporre dei propri beni, e addirittura della corrispondenza, e ridotte a vivere con somme insufficienti anche per mangiare, mentre loro immobili venivano venduti contro la loro volontà, a trattativa privata e prezzi discutibili, senza stima né asta giudiziali.
Un incubo, insomma, ed una violenza concreta imposti sistematicamente a persone anziane o comunque in difficoltà a difendersi, spesso terrorizzate dal potere dell’amministratore e dal timore del Tribunale. Ed è anche un pericolo che rimane incombente su moltissime altre come loro, se non si chiedono pubblicamente e con energìa agli organi giudiziari revisioni e correzioni di criteri concrete e tempestive.
Delle quali non abbiamo purtroppo ancora notizia malgrado le nostre precedenti inchieste e denunce stampa dal giugno scorso. Stiamo perciò preparando la pubblicazione dell’inchiesta più completa e dettagliata che ci è stata impedita con la chiusura del giornale precedente.
Ed attendiamo le risposte istituzionali alle nostre tre domande su questo nuovo caso.
Paolo G. Parovel
© 10 Febbraio 2011