La Voce di Trieste

Romanzo “blasfemo”?

Egregio Direttore,

sono l’autore del romanzo “Dio Ingannatore” vincitore della II edizione del premio letterario “Alabarda D’Oro” (Città di Trieste) per la letteratura inedita. Le scrivo in merito alle polemiche che in questi mesi sono apparse su alcune testate giornalistiche, prima fra tutte, La Stampa di Novara. Il titolo del mio libro è stato considerato da alcuni una “bestemmia”, dando inizio ad una critica che, ora dopo ora continua a suscitare curiosità e discussione, assumendo man mano proporzioni nazionali. La polemica ha rischiato di mettere in cattiva luce il premio della vostra città che, in questi ultimi anni, è diventato tra i più prestigiosi nel campo della letteratura, del cinema e del teatro.

Sono rimasto profondamente colpito e sorpreso, dalle polemiche che il titolo del libro, “Dio ingannatore”, hanno inaspettatamente provocato, ma solo pochi giorni dopo, sono rimasto altrettanto sorpreso e colpito, dalla grande solidarietà che ho ricevuto.  Moltissime persone che non conoscevo, ma anche autori, organizzazioni e personalità dello sport e della cultura, mi hanno inviato la loro solidarietà e continuano a farlo aderendo e scrivendo sulle pagine del gruppo che è nato sul popolare social network Facebook dopo l’inizio delle polemiche. Non saprei veramente come ringraziare tutti.

Con il mio libro ho cercato di esprimere e raccontare delle emozioni, e non riuscivo a credere di aver potuto in qualche modo offendere con le mie parole la sensibilità di qualcuno. Poi però ho capito che chi ha veramente letto il libro, ha compreso perfettamente il significato di quelle parole che purtroppo, anche ai giorni nostri, sembrano ancora così pesanti.

Il mio desiderio ora è di far sapere a tutti che non c’è nulla di blasfemo nel mio romanzo, ma al contrario è una storia semplice, a tratti commovente, nella quale parlo di solidarietà, solitudine e disagio sociale, toccando ed esprimendo proprio quegli ideali che caratterizzano la nostra religione. A questo proposito ho chiesto un incontro con il Vescovo di Novara, per presentare personalmente il mio libro nella speranza di ricevere un ulteriore segno di solidarietà e chiarire la questione, ma a distanza di mesi, ho ricevuto solo una telefonata da parte di un incaricato che non ha prestato alcun interesse alla questione dichiarando che si tratta solo di una trovata per pubblicizzare il romanzo ( i libri sono come il cinema: se sono dei flop è pressochè inutile pubblicizzarli). Mentre il libro ha ricevuto tre riconoscimenti e le vendite sono state assolutamente positive grazie a questi premi.

Scrivo a Lei, come direttore responsabile, nella speranza di trovare il suo interesse e la sua disponibilità. Alle persone che si sono sentite in qualche modo offese, vorrei dire, anche attraverso le pagine della vostra testata, che sono disponibile ad un confronto.

Maurizio Asquini

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Non abbiamo letto il libro, sul quale non possiamo perciò esprimere opinioni. Ma da questo scritto dell’autore sembra evidente che i contenuti siano molto più complessi ed aperti di quanto possa far  ritenere il titolo drastico.

L’argomento, comunque il libro lo affronti, è inoltre essenziale nella concezione indivuduale e sociale del mondo e della vita, perché riguarda il rapporto spirituale asserito o negato, ritualizzato o spontaneo, dell’individuo con la Totalità, o con le diverse percezioni che se ne hanno.

E sotto questo aspetto merita sempre analisi e discussione: benvenuto dunque chi ne scrive, per qualsiasi motivo, purché appunto discussione ci sia.

Mentre sostituirla con la censura finisce per accreditare gli slogan sommari, come qui quello del titolo, impedendo la lettura e valutazione critica dei contenuti. La stessa cosa accade con gli slogan sull’Islàm e su innumerevoli altre realtà umane e spirituali diverse e complesse, alimentando radicalizzazioni assurde quanto pericolose. Si legga, dunque, e poi si discuta.

© 3 Febbraio 2011

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