“Hereafter” di Clint Eastwood
di IVicinanza
George Lonegan (Matt Damon), vive a San Francisco e convive con un dono, da lui definito una condanna. Il rapporto speciale con l’aldilà è un vincolo per lui, mai libero di vivere tutto e tutti con disinvoltura.
Marie Lelay (Cécile de France), giornalista francese, sopravvive a un’esperienza che ha sconvolto le sue certezze. Marcus (George McLaren e Frankie McLaren) un giovane bambino londinese ha perso la persona a lui più vicina e cerca disperatamente di ritrovarla, anche solo per un momento, l’ultimo saluto. Come intrecciare queste tre storie, così simili e pur così lontane?
L’esistenza di un confine che separa due parti contrapposte, quelle della vita e della morte, della presenza e dell’assenza, è una realtà che Clint Eastwood racconta immaginando dei destini colpiti e straziati dalla natura, dalle tensioni sociali o dal fato, che trovano, però, conforto nella condivisione del loro dolore.
Stesse paure, stessi animi tormentati diventano motivo di comune speranza, comune salvezza.
É questa la miglior formula per ribadire l’ormai consolidata natura dei soggetti di Eastwood: il personaggio isolato, espressione della sindrome americana dell’eroe, lascia il posto a più protagonisti; Hereafter non sentenzia e non inganna.
Lo spettatore si ritrova al centro di un triangolo d’esperienze in cui domina il dolore dell’essere, la consapevolezza di chi ha visto la morte, di chi può e di chi vuole vederla.
L’epilogo è forse scontato, la sintassi lenta, ma non noiosa e poi…squadra vincente non si cambia, è proprio il caso di dirlo.
A quasi un anno di distanza dalla proiezione nelle sale italiane di Invictus (ambientato in Sud Africa e basato sulla storia vera del giocatore di rugby Francois Piennar che supportò Nelson Mandela nell’unificazione del paese scosso dal movimento apartheid) la coppia Eastwood-Damon torna con un alternativo lungometraggio.
Dall’alto della sua esperienza Eastwood conferma la propensione alle sfumature, senza imporre letture ma solo interrogandosi, anche su questioni così difficili, a volte ostiche, come quelle spirituali. E pensare che Sergio Leone diceva: «Clint ha solo due espressioni, una con il sigaro in bocca e una senza»…
É con questo thriller dalle grandi firme (scritto da Peter Morgan, coproduttore insieme a Steven Spielberg, Tom Moor e Frank Marshall, diretto da Clint Eastwood e interpretato da Matt Damon) che si apre la nuova rubrica cinematografica de La Voce di Trieste.
Nessuna pretesa o ambizione keziciana, solo la voglia di dare, fare informazione, servire l’opinione pubblica e magari aiutarla a conoscere e a capire, non solo gli intrighi politici e le scomode verità locali, ma anche l’affascinante settima arte, legata storicamente alla nostra città.
Il Trailer ufficiale in italiano
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© 12 Gennaio 2011