La Voce di Trieste

Difendiamo assieme il nostro Porto Franco Internazionale

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Negli articoli precedenti abbiamo spiegato perché dobbiamo difendere e rilanciare seriamente il nostro porto franco internazionale, che è la nostra unica possibilità concreta e rapida di lavoro per tutti, dai lavoratori generici, a quelli specializzati, ai professionisti, alle imprese.

Continuiamo a farlo, proponendovi anche la conoscenza esatta delle sue fonti giuridiche, dal Settecento ad oggi (v. articoli: 1719: l’atto di nascita della Trieste moderna; Il regime di Porto Franco a Trieste; Porto Franco di Trieste: le norme per i diritti nostri ed internazionali).
Con quest’opera di informazione l’interesse d’opinione pubblica sta crescendo nel silenzio preoccupato dei politici e ruffiano di altra stampa. Temono che aprendo un dibattito generale i cittadini si raccolgano in forze sufficienti per contrastare l’imminente rapina del secolo ai danni di Trieste: la svendita alla speculazione edilizia dei 70 ettari del Porto Vecchio.
Che non sono una qualsiasi vecchia area portuale dismessa da riqualificare, come vogliono far credere loro, ma 70 ettari di zona franca portuale internazionale unica nel Mediterraneo e congelata soltanto per motivi di concorrenza con i porti del Settentrione italiano.
Abbiamo anche già spiegato che mutarne la destinazione ad altri usi, ed in particolare alla speculazione edilizia, vìolerebbe il diritto internazionale ed interno ed è un progetto che associa delinquenzialità ed inettitudine politiche perché priverebbe la città del pane possibile per tutti, a beneficio degli interessi speculativi e delle corruttele di pochi.
Ma i tempi stringono, perché le controparti tentano di accelerare al massimo la firma delle concessioni per renderle irrevocabili a pena di enormi risarcimenti alle imprese concessionarie, ed in particolare ai potenti colossi dell’edilizia nazionali Maltauro-Rizzani De Eccher, protagonisti notori di molte cronache anche discusse dell’edilizia e degli appalti italiani di questi decenni.
Non è così, perché grazie questa nostra campagna d’informazione pubblica e ad alcuni ricorsi già attivati anche al Consiglio di Stato dall’Associazione Porto Franco Internazionale di Trieste né l’Autorità portuale concedente, che ha anche i vincoli civili e penali dell’ente pubblico, né i concessionari privati potranno più affermare di non essere consapevoli che stipulerebbero un atto di concessione illegittimo, e del perché lo sia.
Non solo quindi non potrebbero pretendere danni, verrebbero chiamati loro a risarcirne di ancora maggiori.
Le condizioni ambientali che hanno consentito all’attuale congrega di dis-amministratori politici che parassita Trieste di portare indisturbati questa manovra sino alla vigilia della rapina sono tre: la disinformazione attiva e passiva della stampa che li ossequia, l’inerzia della massa dei  cittadini disinformati e la disorganizzazione rassegnata dei pochi che già sanno e capiscono quello che sta accadendo.
Ma ora la disinformazione la stiamo spezzando, e la massa dei cittadini incomincia a sapere: non resta che organizzare i consapevoli, pochi o tanti che siano, per compiere assieme alcuni semplici passi giuridici difensivi in sede locale, nazionale ed internazionale.
Interrompendo finalmente quella spirale psicologica di sfiducie, leggerezze e gelosie che da anni tiene isolate tra loro persone valide e validissime di questa città, facendole combattere da sole battaglie che non trovano esito né fine proprio per l’autoisolamento dei protagonisti.
È mai possibile che in qualsiasi città e paese normale dell’Italia e del mondo, dal Sud al Nord, la gente sappia coalizzarsi solidale, per difendere con rapidità ed energìa il proprio lavoro, ed a Trieste no?
Siamo i più stupidi, o i più paurosi?
Provate ad immaginare se sarebbe stato possibile che si fosse anche solo tentata in un porto come Genova una sola delle rapine che quello di Trieste subisce passivo da decenni, e le reazioni: la gente sarebbe rimasta a mugugnare in casa, o scesa in piazza combinando una mezza rivoluzione?
E noi qui non abbiamo da affrontare cariche di polizia a sassate, ma soltanto da fermare a pomodori e uova marce (simbolici) una misera armata Brancaleone di politicuzzi locali di destra, centro e sinistra malassortite.
O siamo ormai una città morta? Lo smentisce proprio in questi giorni l’energia indignata dei nostri giovani nelle scuole ed all’università.
Diamoci tutti assieme una rapida mossa, allora. Il nostro giornale è qui per fare il suo dovere d’informazione libera, ma anche per raccogliere e collegare le vostre adesioni ed idee.

Con fiducia in voi, per Trieste.

© 13 Novembre 2010

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